Gli attacchi terroristici pilotati da remoto da parte di Israele in Libano, nei quali sono morte decine di persone tra cui civili inermi, e i recenti raid missilistici che hanno colpito 800 obiettivi, causando 270 vittime inclusi 21 bambini, manifestano al mondo le reali intenzioni dello Stato di Israele, ovvero quelle di allargare il conflitto al Libano e trasformare Beirut nella nuova Gaza City.

Non regge più il diritto di Israele a difendersi, che dal 7 ottobre 2023 è stato sbandierato dai media italiani e occidentali come se il conflitto fosse iniziato in quella sanguinosa giornata e non 75 anni prima con la Nakba del ’48 che costrinse 700.000 palestinesi a lasciare le proprie case, e l’occupazione illegale di Gerusalemme Est del 1967, dichiarata tale anche dalle Nazioni Unite.

Come abbiamo visto anche con la guerra in Ucraina, la narrazione occidentale parte da un punto convenzionale della storia, obliando volutamente le cause che hanno portato al verificarsi di quelli eventi. Così facendo, è stato agevole per l’informazione mainstream riportare una versione dei fatti favorevole al mantenimento dello status quo e alla difesa degli interessi dell’Unione Europea e sopratutto degli Stati Uniti, padre-padrone del Vecchio Continente.

Netanyahu forte del supporto granitico degli USA, che non verrà minimamente intaccato dal risultato delle elezioni americane, difatti il supporto militare ed economico allo Stato di Israele è già stato ribadito sia da Kamala Harris che Donald Trump, continua a bombardare i territori palestinesi e il vicino Libano, facendosi beffe delle numerose condanne da parte dell’ONU, attore che pare sempre meno autorevole nello scenario geopolitico mondiale.

La tattica di Israele è sempre la stessa: l’individuazione di un caprio espiatorio per giustificare invasioni che violano bellamente il Diritto Internazionale e la sovranità di quei Paesi. Se prima il nemico da distruggere era Hamas ora è Hezbollah, e poco importa se decine di migliaia di civili rimangono coinvolti nella mattanza, l’obiettivo è eliminare le figure apicali di queste organizzazioni terroristiche, anche ricorrendo a modalità analoghe come il bombardamento dell’ambasciata iraniana a Damasco del 1° aprile 2024.

Insomma a Israele tutto è concesso, e se qualche giornalista o attivista, denuncia pubblicamente ciò che sta commettendo da oramai quasi un anno dall’esacerbazione del conflitto, le oltre 40.000 vittime
(la metà donne e bambini), i raid sulle cosiddette “Safe Zone”, le incarcerazioni e le torture subite dai civili palestinesi compresi bambini sotto i 14 anni, viene tacciato di antisemitismo.

Critichi Israele ? allora sei un antisemita, ma d’altronde conosciamo bene questa subdola tecnica di manipolazione dell’opinione pubblica; infatti chi avanzava delle critiche alle sanzioni imposte dall’UE alla Federazione russa e l’invio di armi a Kiev, veniva inserito in una pericolosa lista di proscrizione e bollato come filoputiniano, aggettivo entrato a far parte della Treccani.
Qualcuno regali un dizionario al Primo ministro israeliano in modo che impari la distinzione tra difesa e genocidio.