In questi anni in Europa anche i cosiddetti governi di centro-sinistra si sono ampiamente distinti per le politiche restrittive e vessatorie nei confronti dei flussi migratori. Valga per tutti l’esempio italiano con Minniti che quando ricoprì l’incarico di ministro dell’Interno ricevette gli elogi dalla Lega di Salvini per l’accanimento nei confronti degli immigrati, arrivando a stipulare il famigerato “Memorandum” del 2017 con la Libia, governo Gentiloni,  le cui conseguenze abbiamo visto successivamente.

Ma è evidente che la scelta della Germania del presunto socialdemocratico Scholz di chiudere da lunedì i confini per sei mesi fa compiere un salto di qualità alle politiche della “Fortezza Europa” in materia di immigrazione. 

La svolta viene da un Paese che nella sua storia recente si era mostrato uno dei più tolleranti di fronte al dramma di chi è costretto a lasciare la propria terra e rischiare la vita per migliorare le sue condizioni o ricongiungersi con chi lo ha preceduto. Solo nove anni fa la Merkel accoglieva un milione di profughi siriani e gli stadi si riempivano di striscioni con scritte di “welcome”. 

Una immagine oggi sbiadita a fronte di chi per rincorrere l’ascesa dell’estrema destra razzista e xenofoba è disposto a tutto, con l’illusione di recuperare consensi (tossici) dell’elettorato, dimenticandosi la vecchia lezione che alla fine viene sempre preferito l’originale come del resto conferma l’andata al governo in molti Paesi della destra fascistoide, Italia in prima fila. 

In un contesto internazionale contrassegnato dalla macelleria bellica che da tempo ci ha spinti sull’orlo dell’olocausto nucleare, con una corsa al riarmo parossistica, le strette repressive sono inevitabili: dalla costruzione di muri antimigranti, ai provvedimenti securitari che chiudono sempre più l’agibilità politica, vedi le imminenti scelte in materia di ordine pubblico che si accinge a varare il governo italiano.

La vecchia democrazia liberale, tutt’altro che irreprensibile sul piano dell’affidabilità costituzionale come ha ampiamente dimostrato la storia del Novecento, è da tempo andata in pensione per lasciare campo a regimi autoritari e reazionari nei confronti dei quali servirà una opposizione sociale intransigente e all’altezza dei tempi che ci attendono. Anche perché sul fronte politico più tradizionale, come dimostrano le vicende francesi, dopo quelle ormai lontane della Grecia, la possibilità di incidere sul piano elettorale sono sempre più remote, soprattutto se si tratta di nazioni cardine rispetto all’assetto economico e politico internazionale.