In Italia, da ormai oltre quaranta anni, l’aborto volontario è stato legalizzato mediante la Legge 22 maggio 1978, n. 194, che ne ha anche disciplinato le modalità di accesso (GU n. 140 del 22 maggio 1978). Oltre quarant’anni dalla legalizzazione dell’aborto volontario durante i quali il tasso di abortività volontaria è diminuito nel corso del tempo tra tutte le donne, indipendentemente dall’età e dalle altre caratteristiche socio-demografiche (cittadinanza, livello di istruzione, eccetera). E’ quanto evidenzia l’ISTAT nel suo recente ebook “L’interruzione volontaria di gravidanza in un’ottica generazionale”, in cui illustra il ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza dalla sua legalizzazione a oggi.

Tra il 1980 e il 2022 il numero di IVG, si legge nell’ebookè diminuito del 68%, passando da 208 mila a poco più di 65 mila casi, con il valore massimo riferito all’anno 1983 (231 mila interventi). Nello stesso periodo anche il tasso di abortività volontaria (numero di IVG su mille donne residenti di età 15-49 anni) è diminuito del 64%. Tale diminuzione non è avvenuta in maniera lineare, ma si distinguono 4 fasi: 1. tra il 1980 e il 1984 si assiste a un periodo di “assestamento”, con un aumento del tasso dovuto a un progressivo miglioramento della rilevazione nelle varie regioni in tempi diversi, oltre a una graduale uscita dalla clandestinità. Il valore massimo (16,4 per mille) si trova in corrispondenza degli anni 1982 e 1983, pertanto il 1982 viene riportato come il primo anno nel quale la rilevazione è considerata esaustiva. 2. Dal 1985 al 1995 la progressione lineare mostra un continuo decremento del ricorso all’IVG (-36,7%), passando da 14,8 a 9,3 per mille. 3. Dopo il 1995 e fino al 2004 si assiste a una sostanziale stabilità che fa aumentare il tasso solo dell’1,0%, da 9,3 a 9,5. 4. Dal 2005 al 2021 riprende il trend decrescente e l’indicatore raggiunge il minimo storico, arrivando a 5,1 per mille nel 2020 e poco superiore nel 2021 (5,2 per mille). Nel 2022 il tasso aumenta, passando a 5,5 IVG per mille donne, dopo un lungo periodo di decrescita seppure irregolare. Non si può definire come una effettiva inversione di tendenza, ma è plausibile ritenere che gli anni della pandemia (2020 e 2021) abbiano fatto diminuire il ricorso all’IVG in maniera più consistente rispetto all’andamento storico e che nel 2022 i livelli siano tornati a essere quelli attesi.“ 

Il report dell’Istat considera anche il ricorso all’IVG delle donne straniere, che registra livelli superiori: nel 2022 la quota femminile di cittadine straniere è del 12,2%,  passando dal 7% circa dei primi anni Novanta al 27,4% del 2022, ma i valori più elevati e superiori al 33% si sono riscontrati tra il 2009 e il 2013. “Questa differenza, si sottolinea nel report, tra la presenza e il ricorso all’aborto lascia intendere che le donne straniere utilizzino in modo più frequente l’IVG rispetto alle donne italiane, sia per retaggio culturale sia per oggettive difficoltà economiche e sociali di vivere in un Paese straniero, tali da rendere meno sostenibile il proseguimento di una gravidanza indesiderata.”

Per quanto riguarda le differenze territoriali, nel corso dei quaranta anni la ripartizione del Centro ha avuto sempre i valori più elevati, con l’unica eccezione del biennio 1995-1996. Il Nord e il Mezzogiorno, invece, hanno invertito le loro posizioni nell’anno 2001, quando il primo ha superato il secondo andando, nel 2022, quasi a eguagliare i livelli del Centro. La diminuzione è stata considerevole in tutte e tre le aree: -63,6% al Nord, -66,1% al Centro e -64,4% al Mezzogiorno. 

Oltre il 60% dei quindicenni e dei diciasettenni ha utilizzato il preservativo in occasione dell’ultimo rapporto sessuale: è un dato – come si sottolinea nel report – senza dubbio positivo poiché, oltre a limitare i rischi di una gravidanza indesiderata, fornisce anche una copertura contro le malattie sessualmente trasmissibili. “Purtroppo, però, annota l’ISTAT, risultano elevate anche le quote di adolescenti che hanno usato metodi meno efficaci come il coito interrotto (56,3% dei quindicenni e il 57,0% dei diciasettenni) e il calcolo dei giorni fertili (27,8% e 21,2%, rispettivamente). Un numero non trascurabile (8,3% e 5,7%) si è affidato al caso, non usando alcun metodo contraccettivo. Gli adolescenti più prudenti che hanno fatto ricorso a un metodo più sicuro come la pillola rappresentano l’11,9% dei giovanissimi di 15 anni e il 15,9% dei diciasettenni.”

L’ebook evidenzia anche il ruolo determinante dei Consultori Familiari (CF), istituiti con la Legge 9 luglio 1975, n. 405 “Istituzione dei consultori familiari” (GU n. 227 del 27 agosto 1975), che ne definisce chiaramente il ruolo determinante in tutti gli ambiti che riguardano la salute della donna, tra cui contraccezione, gravidanza e IVG. Consultori familiari non sempre in questi anni adeguatamente considerati, organizzati e finanziati. Nel 2021 c’erano 1.871 consultori familiari pubblici, 1.078 in meno  (-57,6%) rispetto ai 2.949 necessari a garantire il livello standard di un consultorio ogni 20 mila abitanti (https://files.cgil.it/version/c:YmZkNjJhN2MtZmMzZi00:NmUxN2I1OTktOTk0YS00/Consultori%20Familiari%20in%20Italia.pdf).  

Qui l’ebook dell’ISTAT “L’interruzione volontaria di gravidanza in un’ottica generazionale”: https://www.istat.it/wp-content/uploads/2024/08/interruzione-volontaria-gravidanza-Ebook.pdf.