Da quando si è insediata nel gennaio 2022, la presidente honduregna Xiomara Castro ha dovuto affrontare una violenta e sistematica campagna di pressione mediatica e politica, sia contro il suo governo e la sua persona, sia contro il partito – Libertà e  Rifondazione – che l’ha portata alla presidenza.

L’obiettivo è abbastanza ovvio: impedire a tutti i costi che questa forza politica, emersa dalla gente nelle strade nel pieno della lotta di resistenza contro il colpo di Stato civile-militare (2009) che ha rovesciato l’allora presidente Manuel Zelaya, continui a governare e a portare avanti l’imponente compito di “rifondare l’Honduras”.

Rifondare l’Honduras è stato il principale slogan del governo Castro. In breve, ciò significa attaccare e smantellare il corrotto apparato criminale di controllo politico, economico e sociale installato dalla narco-dittatura dei governi precedenti e radicato nei poteri statali.

Significa anche ridurre in modo sostanziale la disuguaglianza sociale che prevale nel Paese, il divario tra i più ricchi – una piccola manciata di famiglie e gruppi economici – e i più poveri – la stragrande maggioranza della popolazione – migliorando al contempo l’accesso delle persone ai servizi e ai diritti.

Un altro dei progetti promossi dall’attuale governo è quello di trasformare il modello economico e fiscale, attaccando la corruzione strutturale delle esenzioni legalizzate durante i 12 anni di narco-dittatura, che sono costate al popolo honduregno più di 21 milioni di dollari.

Un compito titanico che richiederebbe più mandati e una solida maggioranza parlamentare. Non stupisce quindi che il presidente parli del suo come di un “governo di transizione”, né che il possibile candidato di Libre per le elezioni del prossimo anno sia ancora una volta una donna capace e legata al popolo.

Campagna diffamatoria e attacco mediatico

La campagna diffamatoria e gli attacchi sistematici che si sono intensificati nelle ultime settimane, portando la presidente Castro ad allertare il mondo su un possibile “colpo di Stato in atto”, hanno, ovviamente, attori molteplici e diversificati.

I partiti tradizionali che hanno perso il potere, i piccoli partiti parassitari, la cosiddetta società civile e la dissidenza interna a Libre, entrambi in vendita al miglior offerente, nonché i gruppi di potere familiare che vedono a rischio gli affari, gli enormi profitti e la gestione del potere reale nel Paese.

Ma anche i mezzi di comunicazione corporativo e di massa, che sono diventati i cani da guardia di questi stessi gruppi e famiglie, così come i cosiddetti media “indipendenti” e vari intellettuali che, consapevolmente o inconsapevolmente, per ingenuità o opportunismo, finiscono per allinearsi ai poteri forti (con la benedizione delle fondazioni, delle agenzie, dei fondi privati e delle ONG che li finanziano).

Non possiamo nemmeno dimenticare il ruolo svolto dagli Stati Uniti dopo aver dovuto fare buon viso a cattivo gioco al trionfo elettorale di Xiomara Castro.

La nomina di Laura Dogu a nuovo ambasciatore e la sua nota predilezione per l’ingerenza negli affari politici del Paese, con tentativi palesemente destabilizzanti – Nicaragua docet – è stato il segno più evidente di quali sarebbero state le reali intenzioni di Washington.

Si intensifica la crisi

A sei mesi dalle elezioni primarie (9 marzo 2025) che definiranno i candidati delle principali forze politiche per le elezioni generali del prossimo anno, gli attacchi si sono intensificati.

Laura Dogu ha esordito con l’ennesima dichiarazione interventista, questa volta rimproverando il capo di Stato Maggiore delle Forze Armate honduregne e il ministro della Difesa per aver incontrato il suo omologo venezuelano[1] durante un evento sportivo militare.

In risposta a questo nuovo atto di ingerenza, la presidente Castro ha ordinato la risoluzione del trattato di estradizione con gli Stati Uniti.

La decisione è stata fortemente criticata dai principali media nazionali e dalle agenzie internazionali, che hanno accusato il governo di voler indebolire la lotta al narcotraffico e alla criminalità organizzata.

La crisi si è intensificata quando è trapelata l’esistenza di un primo video che mostra il deputato Carlos Zelaya, fratello dell’ex presidente Zelaya e cognato di Castro, mentre negozia con i narcotrafficanti per ottenere un sostegno finanziario per le elezioni del 2013.

Zelaya, che è anche segretario del Congresso nazionale, ha ammesso di aver partecipato all’incontro, pur negando di aver ricevuto denaro. Si è presentato spontaneamente in Procura per rilasciare una dichiarazione e ha annunciato le sue dimissioni dal parlamento per poter essere eventualmente indagato. Suo figlio, José Manuel Zelaya, ha fatto lo stesso, dimettendosi da ministro della Difesa.

La divulgazione di un secondo video, registrato con una telecamera nascosta nell’orologio di uno dei leader del cartello Los Cachiro – consegnato poi alla DEA ed estradato poi negli USA – in cui si parla di somme di denaro e di presunti piani di spartizione che comprenderebbero anche l’ex presidente Zelaya, ha ulteriormente aggravato la crisi.

Nessuno dei video mostra la consegna di denaro, né che l’ex presidente Zelaya fosse a conoscenza degli accordi presumibilmente raggiunti durante l’incontro.

L’escalation mediatica, accompagnata tra l’altro da comunicati e dichiarazioni di partiti dell’opposizione, dissidenti e gruppi della società civile che chiedevano addirittura le dimissioni di Castro, è stata bollata dalla presidente come parte di un nuovo tentativo di colpo di Stato.

Sia lei che l’ex presidente Zelaya hanno preso le distanze da qualsiasi trattativa “tra narcotrafficanti e politici”, così come dalla “condotta abominevole di un’altra persona, persino se è un familiare”.

Alla televisione nazionale, Xiomara Castro e il candidato alla presidenza e attuale ministro della Difesa Rixi Moncada hanno elencato 33 casi legati al traffico di droga, che coinvolgono altrettanti politici dei due partiti tradizionali – partito nazionale e partito liberale – già indagati o in corso di indagine negli Stati Uniti.

Altri sono i criminali

Negli ultimi giorni, settori dell’opposizione di ultradestra hanno indetto mobilitazioni e proteste contro il governo e il partito Libre, spesso utilizzando slogan e simboli (le fiaccole) tipici della resistenza contro il golpe del 2009 e della lotta alla narco-dittatura.

Appropriarsi di simboli e slogan, snaturarne il significato e creare false narrazioni fa parte della guerra di quinta generazione, che mira a manipolare la coscienza della popolazione e a porre fine a un progetto politico e sociale.

Sergio Rivera, professore universitario, storico attivista e militante del movimento sociale honduregno e attuale delegato del Poder Popular, ha approfondito la sua analisi della difficile situazione in Honduras.

“È un colpo di Stato in atto, intensificato dall’ala mediatica corporativa. In Honduras, il 94% dei media è di proprietà privata, vale a dire che la matrice mediatica è di proprietà delle imprese private”, ha affermato.

Rivera ha spiegato che il tentativo di golpe è entrato nella fase in cui si cerca di demoralizzare, delegittimare e screditare il governo di Xiomara Castro e il partito Libertà e Rifondazione.

“L’obiettivo è quello di arrivare a chiedere in parlamento l’impeachment della presidente. Allo stesso tempo, gli stessi settori che erano attivi prima del golpe del 2009 si sono già mobilitati di nuovo”, ha avvertito.

Si tratta di attori politici, ex ufficiali militari, giornalisti, intellettuali e opinionisti, membri della cosiddetta società civile, che sono determinati a creare nella popolazione l’immaginario di un partito di governo simile a tutti gli altri partiti.

“Il messaggio è che tutti i partiti sono uguali, che Libre non è quello che dice di essere, che la presidente ha interrotto le estradizioni per salvare i suoi parenti e che, per questo motivo, dovrebbe dimettersi. L’obiettivo è che non si continui con la trasformazione dell’Honduras e che si ritorni al passato”, ha detto Rivera.

Per il delegato del Poder Popular, organismo iscritto alla Segreteria di pianificazione strategica (SPE), gli Stati Uniti stanno giocando un ruolo strategico in questa crisi.

“Gli Stati Uniti e Laura Dogu come ambasciatrice stanno giocando lo stesso ruolo che hanno giocato in Nicaragua nel 2018, appoggiando settori dell’opposizione per dare un colpo mortale al processo di cambiamento.

L’ipocrisia degli Stati Uniti non ha limiti: criticano le relazioni del nostro governo con il Venezuela, si risentono del fatto che chiediamo la fine dell’embargo a Cuba, che nell’Osa sosteniamo il principio di non ingerenza negli affari interni di altri Paesi, che siamo solidali con il popolo palestinese e condanniamo il genocidio di Israele.

Tuttavia, qui hanno sostenuto una narco-dittatura, pur conoscendo i legami di Juan Orlando Hernández con il narcotraffico. Sono stati complici dei brogli elettorali e di tutto ciò che è accaduto negli ultimi 12 anni. Vogliono governi sottomessi che garantiscano i loro interessi egemonici”, ha detto Rivera.

Ha inoltre ricordato che per gli Stati Uniti, l’Honduras continua ad essere il Paese di maggiore importanza geostrategica della regione, dove si trova la base militare di Soto Cano (Palmerola), la più grande dell’America Centrale, e dove opera la Joint Task Force Bravo, parte del Comando Sud.

La vittoria di Xiomara Castro è stata senza dubbio un boccone amaro da ingoiare per l’amministrazione statunitense che, nonostante le dichiarazioni ufficiali di amicizia e cooperazione, non ha smesso un attimo di cospirare per riportare il Paese allo status quo precedente, possibilmente con un volto più presentabile agli occhi del mondo.

Finora né i partiti tradizionali né i partiti satellite sono stati in grado di presentare un candidato credibile.

“Dobbiamo riconoscere che la campagna mediatica è molto forte e sta cercando di posizionare Libre nella mente degli honduregni come un fallimento, un narco-partito, ma i settori che provengono dalla lotta di resistenza non si sono  demoralizzati.

Ci troviamo in una fase di riconfigurazione della lotta contro la matrice mediatica golpista. Non è facile, ma è il momento di andare avanti, di difendere questo progetto, di continuare a rifondare l’Honduras, mostrando al popolo tutte le cose buone che si stanno facendo. I golpisti non governeranno di nuovo”, ha concluso.

[1] “È stato sorprendente per me vedere il ministro della Difesa e il capo dello Stato Maggiore seduti accanto a un trafficante di droga” Laura Dogu.
Fonte: LINyM
Foto: Cesario Padilla