Proprio nella Nazione che ha ispirato la data internazionale dei lavoratori, nata dalla repressione che utilizzò i fatti del 4 maggio 1886 a Chicago per portare alla forca 4 anarchici, tra gli organizzatori della campagna per le 8 ore giornaliere di lavoro, il Primo Maggio non è un giorno di festa. Il Labor Day si festeggia invece negli Stati Uniti il primo lunedì di settembre.
Nel fine settimana del recente Labor Day di quest’anno sono scesi in sciopero, di uno, due o tre giorni, più di 10.000 lavoratori alberghieri di 24 hotel in 8 città, da Boston alla California alle Hawaii, con un’inedita iniziativa di settore che potrebbe ulteriormente coinvolgere grandi alberghi di altre città.
Un pernottamento in uno di quegli hotel, ad esempio il Waldorf Astoria di Beverly Hills, costa di base 995 dollari a notte. Mentre Maribel Reyes, madre single di 41 anni che lavora come cameriera in quell’hotel, guadagnava, prima del rinnovo del contratto, 25 dollari l’ora, uno stipendio mensile di 2.400 dollari per nulla sufficiente in una grande città californiana per pagare le spese per l’affitto e per l’assistenza ai suoi figli. Le governanti di hotel a Baltimora invece stanno ancora lottando per portare i propri salari a 20 dollari all’ora dai loro attuali 16,20.
Aissata Seck, una cameriera che ha lavorato all’Hilton Park Plaza di Boston per 18 anni, ha detto alla CNN che il suo affitto è aumentato da 1.900 a 2.900 dollari mensili negli ultimi cinque anni, tanto che la sua paga non era sufficiente a pagarlo. Si è licenziata per andare a fare l’autista di UBER per cercare, con turni molto più lunghi e sfiancanti, di guadagnare di più. Altre fanno il doppio lavoro.
Organizzati dal sindacato UNITE HERE local (sezione) 11, ad inizio luglio del 2023, centinaia di lavoratrici e lavoratori dei grandi hotel di una dozzina di catene alberghiere di Los Angeles e dintorni erano entrati via via in sciopero. Il co-presidente del Sindacato aveva dichiarato: “Quando metà dei nostri membri è stata costretta a trasferirsi o dovrà trasferirsi lontano da Los Angeles, dove lavora, e magari dorme durante la settimana in auto, mentre l’industria del turismo vanta profitti record, c’è qualcosa che non va nel sistema. Siamo pronti a fare tutto il necessario per ottenere salari dei lavoratori che possano garantire alloggi locali”. Governanti delle camere, addetti alle reception, fattorini, camerieri, cuochi, lavapiatti, chiedevano il rinnovo dei loro contratti per ottenere miglioramenti della paga e delle loro condizioni di lavoro. Decine di scioperi articolati per hotel, manifestazioni, boicottaggi, iniziative verso le Istituzioni, e anche aggressioni ai lavoratori da parte di guardie aziendali, hanno portato in 72 hotel ad accordi con significativi aumenti salariali (la paga oraria diventerà in alcuni di essi di 35 dollari all’ora entro luglio 2027), maggiori contributi dei datori di lavoro alle pensioni e garanzie di un carico di lavoro equo.
Nel novembre 2022, meglio era andata da subito ai 40.000 lavoratori alberghieri di Las Vegas (la città del gioco d’azzardo legalizzato, che vive soprattutto di turismo californiano) i quali, col loro sindacato Culinary and Bartenders, affiliato a UNITE HERE, avevano firmato, dopo sette mesi di negoziati, il rinnovo del contratto di lavoro, con aumenti di stipendio del 32% in cinque anni, riduzioni dei carichi ed una maggiore tutela dalle aggressioni sul posto di lavoro.
Per molti lavoratori alberghieri, questi sono primi contratti di lavoro negoziati dopo la fase acuta del covid. Ma, mentre da allora le proprietà delle grandi catene alberghiere hanno ripreso a produrre notevoli profitti, le retribuzioni degli addetti sono rimaste ferme e i carichi di lavoro di molto aumentati a causa delle riduzioni di personale (dove c’erano quattro addetti, oggi ce ne sono in genere tre). Tanto che una delle richieste delle lavoratrici è il ripristino della pulizia giornaliera delle camere nelle principali catene alberghiere, poiché molti hotel hanno tagliato i servizi e non li hanno mai ripristinati.
Per questo, il fine settimana del Labor Day del 31 agosto – 2 settembre ha visto un inedito sciopero del settore in varie città del Paese. Le catene alberghiere restie finora a raggiungere accordi soddisfacenti per i lavoratori sono rimaste Hilton, Hyatt e Marriott, che hanno un totale di 23.000 camere nelle città di Boston, San Diego, San Francisco, San Josè, Seattle, così come a Honolulu e Kauai nelle Hawaii. In queste ultime città, erano in sciopero 5.000 lavoratori, la metà del totale di chi ha manifestato negli USA di fronte agli hotel.
Come noto, negli USA il tipico contratto collettivo di lavoro, ove esiste, è quasi sempre a livello di singola sede aziendale. I negoziati sono dunque diversificati. E così pure gli scioperi, quando il contratto è scaduto. UNITE HERE ha affermato che un totale di 15.000 lavoratori ha votato per autorizzare gli scioperi, che potrebbero presto estendersi ad altri 5.000 lavoratori di 65 hotel in altre 12 città. E ha esortato i viaggiatori a cancellare i loro soggiorni in hotel se i lavoratori sono senza contratto e in sciopero e a richiedere rimborsi senza penalità.
Fonte principale:
N.Mateer, 10,000 hotel workers are on strike across the country, HotelDive, 2.9