Per ora la proposta di cittadinanza agli immigrati dopo un ciclo di studi, che è circolata nelle ultime settimane, resta una “cotta estiva”, come ha maliziosamente detto qualcuno. Per chi è temporaneamente al governo del Paese “non è una priorità, non è un argomento che fino ad oggi è stato posto all’ordine del giorno, è un tema estivo”. Si ha l’impressione però che su questo tema anche chi è temporaneamente all’opposizione pensi più a far emergere le contraddizioni della maggioranza che a lavorare concretamente per cambiare la legge sulla cittadinanza, restando in definitiva tutti avvinghiati in un dibattito puramente ideologico e fumoso.

Una proposta concreta è invece l’iniziativa referendaria lanciata per modificare le norme sulle cittadinanza in Italia. Grazie a questo referendum, che punta a modificare l’articolo 9 della legge n. 91/1992, verranno ridotti da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia richiesti per poter avanzare la domanda di cittadinanza italiana che, una volta ottenuta, sarebbe automaticamente trasmessa ai propri figli e alle proprie figlie minorenni. Questa semplice modifica rappresenterebbe una conquista decisiva per la vita di molti cittadini di origine straniera (secondo le stime si tratterebbe di circa 2.500.000 persone) che, in questo Paese, non solo nascono e crescono, ma da anni vi abitano, lavorano e contribuiscono alla sua crescita. Partecipare agevolmente a percorsi di studio all’estero, rappresentare l’Italia nelle competizioni sportive senza restrizioni, poter votare, poter partecipare a concorsi pubblici come tutti gli altri cittadini italiani. Diritti oggi negati.

Il referendum cittadinanza allineerebbe l’Italia alle altre normative europee. In nessun paese dell’Unione è previsto infatti un termine di legale soggiorno di 10 anni come è oggi in Italia. La Germania, per esempio, all’inizio del 2024 ha approvato una legge che coincide con le richieste di questo referendum e che ha stabilito il termine di 5 anni di residenza per l’ottenimento della cittadinanza. Lo hanno fatto semplicemente per riconoscere il contributo che molti cittadini stranieri danno alla crescita del Paese.

Lo ius soli riguarda, come si sa, solo chi nasce in Italia (circa 500mila persone all’anno), lo ius scholae solo chi completa un ciclo di studi di 5 anni (circa 135mila persone all’anno), questa proposta riguarda invece le persone che risiedono legalmente in Italia da almeno 5 anni e i rispettivi figli minori (circa 2,5 milioni di persone). Questo è il quesito referendario: Volete voi abrogare l’articolo 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno 10 anni nel territorio della Repubblica. ”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza?

Il comitato promotore del referendum cittadinanza è aperto alle adesioni di qualsiasi organizzazione voglia aiutare la campagna di raccolta firme. Finora hanno aderito le associazioni: Italiani senza cittadinanza, CoNNGI, Idem Network, Libera, Gruppo Abele, la Società della Ragione, A Buon Diritto, ARCI, ActionAid, Cittadinanza Attiva, Recosol, InOltre Alternativa progressista, InMenteItaca. E hanno aderito i partiti: +Europa, Possibile, Partito socialista italiano, Radicali italiani e Rifondazione comunista. L’obiettivo è raccogliere 500.000 firme entro il 30 settembre. Si firma online con spid o carta di identità elettronica sulla piattaforma del governo.

Qui per maggiori informazioni.

Nei giorni scorsi, intanto, anche la SVIMEZ ha presentato un proprio studio sullo ius scholae, secondo il quale nel 2024 sono circa 48.000 i bambini della scuola elementare che potrebbero acquisire il diritto alla cittadinanza italiana: oltre 1 su 4 risiede in Lombardia, il 12,8% in Emilia-Romagna, l’11,6% in Veneto e solo il 12,5% in tutto il Sud (dove è presente il 35,3% degli alunni della primaria).

Qui lo studio completo della SVIMEZ

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