La guerra, le cattive azioni e la violenza che a vario titolo pervadono il mondo e le nostre vite conducono ad una domanda ricorrente: “Perché il male sembra predominare sul bene?”.

Da questa si giunge a riflettere, per chi crede, su che ruolo abbia Dio, il bene supremo ed eterno, in questa dinamica distruttiva e difficilmente accettabile. Il filosofo Leibniz ideò il termine Teodicea (lett. Giustizia di Dio) dove nella sua opera omonima egli inserì la libertà nel disegno divino. Ancor prima la religione cattolica ci insegna che l’uomo possedendo il libero arbitrio può quindi scegliere se fare il male o il bene, del resto ce lo dice la Genesi dove Adamo ed Eva potevano scegliere se commettere o no il peccato originale… sappiamo come è andata a finire. Sappiamo anche, sempre dall’Antico Testamento, che i figli di Adamo, Caino e Abele, rappresentavano gli opposti: Caino uccise Abele decretando la vittoria del male sul bene. Egli fece una scelta, il libero arbitrio glielo permise.

Questo pensiero mi fa tornare alla mente la posizione di Socrate, quella del filosofo ateniese per cui l’uomo, naturalmente incline alla felicità, l’avrebbe potuta raggiungere  attraverso il bene, e il bene, poteva realizzarsi solo attraverso la conoscenza e la ragione. Il male, di conseguenza, era qualcosa di involontario e agito per ignoranza. Una posizione apparentemente buonista e giustificazionista, in realtà sottintende una deduzione logica per cui è necessaria una paideia, una educazione al bene per rendersi conto del suo enorme valore nella nostra vita. L’educazione al bene è per sua natura di carattere nonviolento.

Il male ci appartiene, siamo noi a scegliere se riconoscerlo ed evitarlo oppure commetterlo, se ascoltiamo il bene che c’è in noi non ci lasciamo sopraffare dalla forza distruttiva; se lasciamo che violenza e crudeltà agiscano indisturbate, allora avranno vinto la guerra, la sopraffazione, le armi e chi desidera la vittoria del male. Il male si può curare, basta volerlo veramente. Il male ci appartiene ma possiamo dominarlo solo a patto di conoscere quanto sia più conveniente il bene, più consono ad una vita felice. E non mi dite che è una utopia, non è sufficiente osservare che il male ci sta distruggendo? Ancora una volta la nonviolenza diventa l’unica via, l’unico approccio educativo per contrastare fin dalla più tenera età l’impulso distruttivo e violento che ci appartiene e per promuovere la pace.

In questi ultimi tempi da più parti si invoca la pace ed è naturale in un momento così drammatico per noi impotenti osservatori, uomini e donne delle diverse nazioni, delle guerre in Ucraina e in Palestina. La pace è una condizione di armonia e contemporanea assenza di conflitti, una circostanza che da quando esiste l’essere umano sulla Terra si alterna alla guerra: è sufficiente aprire i libri di storia per rendersi conto dei conflitti armati che hanno costantemente insanguinato la vita dei popoli. Allora la pace è un’utopia? Come dice la parola stessa un non luogo, l’angolo dell’inesistente? No, la pace si può perseguire a partire dal voler sanare un litigio tra due vicini di casa a causa magari di rumori molesti di uno delle due parti, fino a giungere a farsi garanti della pace tra stati in preda alle loro reciproche o unilaterali mire espansionistiche.