Ieri centinaia di persone si sono riversate in strada ad Ancona per far sentire il loro dissenso nei confronti della decisione – che in non pochi reputano irresponsabile – di costruire una enorme banchina per le grandi navi a ridosso dell’Arco Clementino, situato nell’area del porto antico, al centro della città. Per intendersi: si parla di una piattaforma di 2400mq per consentire l’attracco e la partenza alle grandi navi da crociera, navi con un’altezza di 300m e una lunghezza di 60m. 

A lanciare l’iniziativa – un corteo partito da Piazza Pertini che passando per il porto è giunto fino all’arco di Traiano – è stata la neo piattaforma «Ancona, porto ambiente salute lavoro» dove sono confluite varie realtà, tra cui Potere al popolo, Movimento 5 stelle, la lista civica Altra idea di città, la Rete NoG7 e il Comitato porto-città. È proprio quest’ultimo che negli ultimi anni si è fatto promotore di numerose iniziative finalizzate a sensibilizzare la cittadinanza sull’argomento nonché a costruire un movimento dal basso ed eterogeneo.  

Il banchinamento del Molo Clementino è un progetto nato sei anni fa e approvato in consiglio comunale nel 2019, con l’allora giunta a guida Pd; una votazione che vide solo il voto contrario del consigliere Rubini Filogna di Aic. E a dispetto delle effimere dichiarazioni da parte del nuovo sindaco del capoluogo marchigiano, nulla è cambiato con la nuova giunta di opposto colore politico. 

Tale progetto si snoda all’interno del Piano regolatore portuale, accolto nel Documento di Programmazione Strategica del Sistema portuale (DPSS), che recentemente è stato approvato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e che detta le linee per la pianificazione attuativa del porto di Ancona. Un progetto oneroso sia in termini economici che di sostenibilità ambientale e strutturale che non solo priverebbe difatti i cittadini della fruizione del porto antico, che sarebbe demandata a pochi attori come Msc crociere, Anek e Fincantieri; ma aggraverebbe l’impatto ambientale sulla città. Un impatto ambientale insostenibile per chi ha a cuore la salute dei cittadini e delle persone, in una zona già segnata dalla presenza di un impianto petrolchimico, la raffineria Api situata a Falconara Marittima (An). Il piano regolatore sembrerebbe inoltre rivelare un’incostituzionalità di fondo dal momento che ricomprende all’interno dell’ambito portuale aree pubbliche e private esterne all’area demaniale di sua competenza, le quali accolgono anche zone paesaggistiche e monumentali di interesse storicoculturale. Progetti approvati e accordi che si snodano lasciando fuori non solo le opinioni e gli interessi della cittadinanza, ma anche la valutazione che il Ministero dell’Ambiente dovrebbe fornire sull’impatto ambientale, al momento non ancora pervenuta. 

Infine, ma non in ultimo, si rivela fuori tempo la scelta di un turismo, quello crocieristico, che non restituisce nulla in termini economici alla città; una scelta che negli ultimi anni ha visto altre grandi città portuali italiane ed europee come Venezia, Barcellona, Maiorca, Dubrovnik andare dalla parte diametralmente opposta. Ancona e gli anconetani meritano di meglio.