Non capita tanto spesso di venire invitati alla Lectio Magistralis tenuta da una docente in stato di detenzione domiciliare. E’ successo qualche giorno al Polo del ‘900 di Torino, per iniziativa della Federazione provinciale di Torino dell’Associazione Nazionale Perseguitati Politici Anti-Fascisti (ANPPIA) nell’ambito di una serie di incontri sulla follia delle guerre.

E invitata a parlare di Potere, guerra, animali e natura nell’opera di Lucrezio, ecco la docente di lettere antiche Nicoletta Dosio, insegnante tuttora ricordata con gratitudine da molti suoi ex allievi – e non in collegamento zoom come ci saremmo aspettati considerata la detenzione in cui si ritrova dai primi di giugno, ma in carne ed ossa, per ‘speciale autorizzazione’ del Tribunale di Torino.

Nel presentarla Boris Bellone (neo-presidente di ANPPIA Torino dopo la scomparsa di Bruno Segre) non ha potuto fare a meno di riandare alla sua stessa esperienza di insegnante in Val Susa: “Con Nicoletta siamo stati colleghi fin da prima che il comune di Bussoleno avesse il suo Liceo, e quanto si è battuta perché ciò avvenisse… Ma già da prima abbiamo condiviso vari ‘percorsi didattici’, come quella volta che abbiamo accompagnato gli alunni a cercare tracce di uranio nei depositi di detriti nei dintorni di Salbertrand, e quanto si son divertiti nel vedere i geiger che cominciavano a suonare… o quell’altra volta per la radiografia su un frammento di uranio in località Venaus, ben nota in Val Susa anche per altre ragioni…” E poi rivolgendosi alla Dosio: “Non sai quanto sono contento che sia proprio tu a concludere questo ciclo di conferenze sulla follia delle guerre che ANPPIA ha promosso in collaborazione con il CD Italia Cuba, l’Ass. Nazionale Libero Pensiero Giordano Bruno, e con il Centro Studi Sereno Regis di Torino, da sempre impegnato nella guerra alle guerre.”

“Conferenza è una parolona” ha esordito la Dosio nel prendere il microfono. “Ma poiché non sono molto abituata ultimamente a mettere il naso fuori casa, questa è per me l’occasione di ritrovare uno spazio che mi è negato e volentieri di Lucrezio vi racconterò ciò che me l’ha fatto amare, in cui mi ritrovo particolarmente, perché un autore può considerarsi superato oppure no per ciò che riesce a comunicare nel mondo di oggi e Lucrezio è uno di questi, in grado di proiettare il rifiuto di genuflettersi al potere al di là del proprio tempo.”

Incerte le notizie circa il luogo di nascita: forse Pompei, o Ercolano, sicuramente in quella Campania già da tempo culla dell’epicureismo. E ancor più strano il destino di un’opera così spesso ripresa dai suoi contemporanei, ma senza alcun riconoscimento, con l’unica eccezione di Ovidio: eccoci a constatare innanzitutto l’anomalia di un simile silenzio circa un’opera di così indubbio valore civile oltre che letterario come il De Rerum Natura, da far pensare quasi a una censura in un periodo di guerre civili in cui l’Imperium si impone come dominio militare ed economico incentrato sul concetto di religio come strumento di potere, che tiene le persone soggiogate dal sovrano, cui si deve massima obbedienza.“

Lucrezio ribalta questa visione, per lui l’essere umano è alla pari con tutti gli esseri viventi,  ”non a caso il primo libro si apre con quel bellissimo Inno a Venere, inno alla vita che sorge, ma nel corteo che accompagna la dea sono descritti vari tipi di piante, erbe, fiori, animali, cielo libero… e l’essere umano compare alla fine e solo per ricordare che c’è la guerra, che deve finire perché la vita possa esistere. L’uomo compare quindi come vittima e al tempo stesso responsabile della distruzione, continua minaccia per gli altri esseri viventi: sebbene lui stesso creato dalla natura, con le sue scelte di violenza, prepotenza, bramosia di potere l’uomo si è alienato dalla natura al punto di trasformare tutto in sofferenza e morte.”

Un Lucrezio quindi in radicale opposizione al bellicismo dell’epoca in cui vive, caratterizzata dalle guerra di conquista e da una Res Publica imperiale sorretta da un’economia di tipo schiavistico, sempre più pervasiva man mano che la conquista produce masse crescenti di prigionieri. Che talvolta si ribellano (come nel caso della rivolta di Spartaco), ma nella maggioranza dei casi vengono ancor più condannati all’atroce punizione del lavoro in miniera, cui Lucrezio dedica un intero brano di incredibile attualità “perché bisogna essere in grado di leggere negli autori antichi il messaggio che a distanza di secoli arriva fino noi, a questo dovrebbe servire l’insegnamento e lo studio delle lettere antiche, a mettere in risalto quegli aspetti che parlano al nostro tempo, che è sempre il mondo degli ultimi, degli oppressi, di coloro che si ribellano, e di un potere che non esita a schiacciare chi cerca di ribellarsi.”

Come nel caso appunto di Spartaco, la cui rivolta parte da Capua, guadagna inizialmente la Sicilia dove la situazione schiavistica era all’ennesima potenza, e cerca poi di risalire la penisola per riparare in Puglia, dove spera in una via di fuga grazie ai pirati, ma la cosa non succede. I ribelli vengono infine fermati dalle legioni di Crasso e crocifissi lungo la via che dalla Puglia arrivava a Roma “crocefissi come monito di cosa succede a chi osa ribellarsi.”

Un Lucrezio quindi testimone dei soprusi del suo tempo, degli effetti devastanti della guerra, degli estremi di sopraffazione e crudeltà cui l’uomo può arrivare. “Lui cerca di capire cos’è che spinge l’uomo a simili livelli di violenza e conclude che è la paura della morte, che la religione utilizza per tenere sottoposto l’uomo, e per renderlo a sua volta strumento di morte. Contro il mito di un’inesistente al di là, in ben tre libri del suo De Rerum Natura la poesia di Lucrezio attinge al pensiero di Epicuro con la sua teoria atomistica, che non solo nega qualsiasi sopravvivenza dopo la morte, ma afferma che tutto ciò che esiste è formato degli stessi atomi e materia che hanno creato l’uomo all’interno del ‘vivente’, rispetto al quale non dovrebbe esserci supremazia.”

Lucrezio parla di Epicuro come di un liberatore dell’umanità, come di colui che stabilisce un limite allo strapotere dell’uomo: “Anche questo è un aspetto di grande attualità: la sua avversione per la religione si fonda sulla sicurezza che deriva dall’aver chiaro fin dove si può e non si può arrivare, per evitare di pagare poi quello che non si è saputo prevedere. E rivolgendosi a Memmio, l’uomo politico cui Lucrezio dedica il 1mo, il 2ndo e il 4to libro del De Rerum Natura, dice chiaramente: ‘ti diranno che sono empio, che la dottrina che io ti racconto è empia, perché va contro la religio. Ma la realtà è che è proprio la religio a generare fatti empi e scellerati…’.”

Ed è a questo punto che veniamo introdotti al sacrificio di Ifigenia, descritto come esempio di suprema empietà, che non esita ad oltrepassare ogni limite, persino quello dei legami di sangue, arrivando al sacrificio di una figlia (“mesta vittima immolata dal padre”) pur di conservare la posizione di rex e così procedere per la conquista di Troia. Un ordine delle cose così diverso dal naturale attaccamento che regola il mondo animale, con l’esempio di una mucca che errando per i verdi pascoli alla ricerca del vitellino che è stato immolato sull’altare del tempio ”cerca a terra le impronte, scrutando con gli occhi ogni luogo semmai riesca a scorgere il figlio perduto, e immobile riempie di lamenti il bosco frondoso e torna di continuo a vedere la stalla, trafitta dal rimpianto …”

Un Lucrezio quindi radicalmente contro-corrente rispetto al fragore delle armi del suo tempo, che anche oggi continuerebbe a porsi non meno contro-corrente: in difesa di chi si ribella alla logica del profitto, di chi si attiva per la difesa dei beni comuni, contro il saccheggio del pianeta, contro la guerra in tutte le sua manifestazioni – ecco il Lucrezio, ecologista e pacifista ante-litteram che Nicoletta Dosio ci ha fatto riscoprire nel corso di questa sua lezione al Polo del ‘900 di Torino di cui abbiamo qui riferito per sommi capi.

La serata si è conclusa con il conferimento alla Dosio della tessera onoraria di ANPPIA (onore in precedenza conferito solo a Licia Pinelli, Noam Chomsky e Julian Assange) con le seguenti motivazioni:

L’ANPPIA di Torino riconosce nella persona di Nicoletta Dosio un perseguitato politico antifascista in quanto incarcerata per presunti reati di ordine pubblico che a parere dell’ANPPIA di Torino risultano pretestuosi. Nicoletta Dosio è infatti persona da sempre impegnata nella difesa del territorio in tutti i suoi valori culturali e naturali e nel diritto costituzionale di manifestare le proprie idee. Nicoletta Dosio, come docente, si è distinta per l’insegnamento della storia e della filosofia aprendo nuovi mondi e opportunità di riflessione e critica agli allievi, anche con l’esempio nella vita sociale. Le recenti leggi sull’ordine pubblico, se approvate in Parlamento, renderanno ancora più restrittive le libertà di manifestare che invece sono e devono essere garantite dalla Costituzione italiana, redatta anche dai fondatori dell’ANPPIA, Umberto Terracini e Sandro Pertini. L’ANPPIA di Torino ritiene fondamentale per la libertà di ogni cittadino che si mantenga il diritto di manifestare le proprie idee nel rispetto della Costituzione antifascista.