Con l’apertura a Porto Empedocle di un “centro di trattenimento per i rimpatri” si avvia forse una nuova versione dei CPR aggiornata al cd. “approccio Hotspot “?
1. Dopo il tentativo di nascondere il fallimento del Protocollo Italia-Albania e la ripresa degli arrivi dalla Libia e dalla Tunisia, quasi mille persone a Lampedusa nelle ultime 24 ore, il governo riprova a dare attuazione alla detenzione amministrativa di tutti i richiedenti asilo provenienti da paesi di origine sicuri, prevista dal Decreto Cutro dello scorso anno (legge n.50/2023), senza attendere il pronunciamento definitivo della Corte di Giustizia del’Unione europea, e l’archiviazione di tutti i ricorsi ancora pendenti davanti alla Corte di Cassazione, sulle pronunce dei giudici di Catania che, a ottobre dello scorso anno, avevano ritenuto illegittimi i decreti di trattenimento adottati dal questore di Ragusa, Si apprende infatti – dal corrispondente per il Mediterraneo Sergio Scandura di Radio Radicale – che il Ministero della giustizia, in vista dell’apertura a Porto Empedocle di un “centro di trattenimento per i rimpatri”, forse una nuova versione dei CPR, aggiornata al cd. approccio Hotspot, avrebbe invitato il Presidente della sezione immigrazione del Tribunale di Palermo, e il Presidente dello stesso tribunale ad organizzare nell’attuale periodo feriale una maggiore presenza di giudici, trattandosi di materie inerenti la libertà personale di richiedenti asilo che, in base alla giurisprudenza della Corte di Cassazione, (Cass. n.3141/2024), non possono essere decise dai giudici di pace. Ma che vanno valutate da magistrati togati al fine di garantire tempestivamente, nei termini brevissimi imposti all’articolo 7 bis dal Decreto Cutro, la convalida dei decreti questori li di trattenimento. Come se la modifica adottata con un decreto del ministro dell’interno a maggio, con una nuova normativa che prevede una modulazione “caso per caso” della cauzione, prevista come “alternativa” alla detenzione amministrativa, avesse spazzato il campo da tutti i dubbi di legittimità, anche costituzionale, che le “procedure accelerate in frontiera” previste dalla legge 50/2023 (già Decreto Cutro) per richiedenti asilo provenienti da “paesi di origine sicuri”, continuano a presentare, soprattutto quando queste si collegano alla fase successiva del rimpatrio con accompagnamento forzato. Di certo si tratta di procedure che restano oggetto di esame sotto diversi profili da parte della Corte di Cassazione a Sezioni unite, che non potrà che decidere, sui ricorsi presentati dall’Avvocatura contro le decisioni dei giudici catanesi, tenendo conto del quadro normativo vigente all’epoca dei fatti oggetto di ricorsi.
La predetta Corte, su richiesta degli avvocati dei controricorrenti già trattenuti nel centro hotspot di Pozzallo-Modica lo scorso anno, è stata intanto costretta a fissare una udienza, per il prossimo 17 settembre, dando termine alle parti per il deposito di memorie, al fine di decidere sulla definitiva archiviazione dei ricorsi contro le decisioni dei giudici Apostolico e Cupri, ai quali l’Avvocatura dello Stato, per conto del ministero dell’Interno, ha rinunciato in data 12 luglio 2024. Dopo che per mesi Giorgia Meloni ed i principali rappresentanti del governo avevano attaccato i giudici catanesi con espressioni che avrebbero dovuto essere sanzionate, mentre, adesso che il governo fa marcia indietro, sembrano dimenticate da tutti. Non si comprende davvero, al di là delle esigenze propagandistiche da soddisfare in vista della consueta conferenza di Ferragosto del ministro dell’interno, come si possa pensare di avviare in un periodo feriale, a Porto Empedocle, procedure accelerate in frontiera e operazioni di rimpatrio forzato che, dopo le mancate convalide dei giudici catanesi riguardo ai casi verificati lo scorso anno nell’hotspot di Pozzallo-Modica, NON hanno più avuto alcuna applicazione e che rimangono al centro di procedimenti ancora aperti, anche a livello internazionale.
Le nuove misure sullo screening in frontiera e sulle procedure accelerate per richiedenti asilo, previste dal nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo, non sono ancora entrate in vigore e già suscitano le preoccupazioni dei costituzionalisti. Nessun supporto o base legale dunque dai più recenti documenti europei, per le prassi di detenzione amministrativa e per le procedure semplificate di rimpatrio che il governo italiano vorrebbe applicare a tutti i richiedenti asilo provenienti da “paesi di origine sicuri”.
Comunque si orientino le decisioni giurisprudenziali incombenti sulle “procedure accelerate in frontiera”, su cui sta vigilando anche il Consiglio d’Europa, dopo le numerose condanne subite dall’Italia da parte della Corte europea dei diritti dell’Uomo per i trattenimenti arbitrari nei centri hotspot, in particolare proprio in quello di Lampedusa, la vigente disciplina sul trattenimento amministrativo dei richiedenti asilo introdotta dall’articolo 7 bis del Decreto Cutro, nonostante le recenti modifiche sulla quantificazione “caso per caso” della cauzione che si dovrebbe prestare (adesso anche da parte di parenti), per evitare il trattenimento amministrativo, rimane in contrasto con il diritto dell’Unione europea e con la normativa nazionale ed internazionale in materia di trattenimento ed allontanamento forzato di richiedenti asilo denegati.
2. I giudici del Tribunale di Catania non si erano limitati infatti a censurare l’entità fissa della cauzione, stabilita nella prima versione del Decreto Cutro, ma avevano affermato che gli articoli 8 e 9 della direttiva 2013/33/UE “devono essere interpretati nel senso che ostano, in primo luogo, a che un richiedente protezione internazionale sia trattenuto per il solo fatto che non può sovvenire alle proprie necessità, in secondo luogo, a che tale trattenimento abbia luogo senza la previa adozione di una decisione motivata che disponga il trattenimento e senza che siano state esaminate la necessità e la proporzionalità di una siffatta misura” (CGUE (Grande Sezione), 14 maggio 2020, cause riunite C-924/19 PPU e C-925/19 PPU)”.
Nei casi di mancata convalida dei trattenimenti nel centro Hotspot di Pozzallo, il giudice Cupri metteva in evidenza la questione nodale: “preme sottolineare che il trattenimento deve considerarsi misura eccezionale e limitativa della libertà personale” e che “la misura del trattenimento deve essere regolata e adottata sempre nei limiti e secondo le previsioni del diritto comunitario”. Si richiamava poi l’indirizzo della Corte Costituzionale secondo cui “la normativa interna incompatibile con quella dell’Unione va disapplicata dal giudice nazionale”. Infine, questo giudice condivideva le “precedenti decisioni” del tribunale di Catania (della dott.ssa Apostolico) osservando a sua volta che la “garanzia finanziaria non si configura, in realtà, come misura alternativa al trattenimento bensì come requisito amministrativo imposto al richiedente prima di riconoscere i diritti conferiti dalla direttiva 2013/33/Ue per il solo fatto che chiede protezione internazionale”. La motivazione con cui il Tribunale di Catania aveva negato la convalida dei trattenimenti si fondava quindi sul contrasto delle norme previste al riguardo nel c.d. Decreto Cutro con la Direttiva europea n 33 del 2013, in quanto, nello specifico, il trattenimento del richiedente asilo in frontiera avrebbe dovuto essere adottato solo come extrema ratio e con un provvedimento dotato di una adeguata motivazione individuale sul punto. Il Tribunale di Catania, anche in base alla direttiva procedure 32/2013/UE, aveva dunque correttamente osservato che la normativa europea “non autorizza quindi, salve le ipotesi di cui al comma 3 dell’art. 43, l’applicazione della procedura alla frontiera, presupposto, nella specie, della misura del trattenimento, in zona, diversa da quella di ingresso, ove il richiedente sia stato coattivamente condotto in assenza di precedenti provvedimenti coercitivi”.
Se il nuovo “centro di trattenimento per i rimpatri” di Porto Empedocle avrà le caratteristiche di una struttura destinata ad Hotspot, ma dovesse funzionare di fatto come un CPR (Centro per i rimpatri), dovrebbe richiamarsi per intero la disciplina dettata per questi centri dall’art.14 del Testo Unico sull’immigrazione, e quindi tenere conto di quanto prevede in materia di rimpatrio con accompagnamento forzato la Direttiva 2008/115/CE. Per i richiedenti asilo “denegati”, anche se provenienti da un “paese di origine sicuro”, il rimpatrio con accompagnamento forzto non potrebbe essere disposto prima dell’esaurimento di tutti i mezzi di ricorso previsti nel nostro ordinamento e garantiti anche dalla legislazione dell’Unione europea. E si dovrebbe verificare pure, in sede di controllo giurisdizionale, il rispetto dei divieti di respingimento imposti dall’art.33 della Convenzione di Ginevra sui rifugiati e dall’art.3 della Convenzione europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo.
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