Controffensiva ucraina 2023

Esattamente un anno fa, faceva gran parlare di sé la controffensiva ucraina per liberare il Donbass e la Crimea, un’operazione che oggi possiamo definire come una delle più folli concepite dalla NATO. Nel 2023 l’Alleanza Atlantica aveva deciso di addestrare le truppe ucraine secondo le tecniche di combattimento occidentali, convinta che queste avrebbero garantito il successo sul campo di battaglia. L’idea di fondo era che, con un addestramento mirato, svolto con istruttori occidentali in Europa e con l’uso delle tattiche militari della NATO, gli ucraini avrebbero potuto conseguire una vittoria decisiva contro le forze russe.

Armati fino ai denti

Non solo le tecniche di combattimento erano occidentali, ma anche l’equipaggiamento: gli ucraini erano stati dotati di armi e carri armati forniti dalla NATO, una potenza di fuoco che li rendeva apparentemente invincibili. Erano armati fino ai denti e pronti a lanciarsi in quella che sembrava una campagna vincente. Tuttavia, questa strategia ambiziosa si scontrò presto con una dura realtà.

Il problema principale risiedeva nella difficoltà di superare le formidabili difese russe: la prima, la seconda e la terza linea di trincee, precedute da densi campi minati che rendevano l’avanzata estremamente pericolosa.

Gli ostacoli insormontabili 

Gli ucraini, nonostante il loro slancio, si trovarono a combattere contro ostacoli insormontabili. Migliaia di soldati persero la vita in quella sanguinosa campagna, sacrificati per un piano che si rivelò essere un fallimento. Fonti informali della Nato scaricarono la responsabilità del fallimento sui fanti di Kiev insinuando il dubbio che i soldati ucraini fossero troppo avversi al sacrificio estremo e che ciò avrebbe pregiudicato il successo militare.

Il segreto di Stato sui caduti

Il numero esatto delle vittime di quella dura controffensiva, che è durata mesi prima di arenarsi, è rimasto un segreto di Stato, e questo è un’ulteriore testimonianza della gravità di quella sconfitta. La controffensiva di un anno fa, che avrebbe dovuto segnare la svolta, si è trasformata in una tragedia che ha dimostrato i limiti delle strategie imposte dall’esterno, e l’inefficacia di un approccio che non ha tenuto conto delle difficoltà sul campo.

Una lezione amara

Questa vicenda rappresenta una lezione amara per coloro che avevano riposto le loro speranze in un rapido successo militare. Nonostante l’imponente supporto della NATO, le forze ucraine hanno incontrato una resistenza superiore alle aspettative, evidenziando come i calcoli fatti a tavolino possano spesso fallire di fronte alla realtà brutale della guerra.

Le illusioni di vittoria 

Oggi, guardando indietro a quel tragico periodo di morte, emerge con chiarezza che le previsioni di una rapida vittoria erano illusorie, e che la sconfitra e la successiva disgregazione della Russia, per quanto desiderata da alcuni, rimane un obiettivo lontano e anche pericoloso. Infatti, come tragico epilogo, una avanzata ucraina in territorio considerato russo da Mosca avrebbe comportato l’entrata in scena dell’ipotesi estrema: la bomba nucleare.

Oggi sembra ripetersi quella controffensiva, ma su territorio russo, nel Kursk. Ovviamente è una cosa diversa, e non sono chiari neppure gli obiettivi. Ma è una cosa diversa anche nel significato profondo.

L’Europa irriconoscibile di oggi

Infatti l’Unione Europea dichiara un appoggio esplicito all’attacco terrestre ucraino alla Russia.

Da tempo il significato di questa guerra ha perso ogni connotato difensivo per diventare una resa dei conti militare.

L’Europa, un tempo politicamente e militarmente più moderata degli Stati Uniti, diventa oggi la punta di diamante di una sfida militare per cui si riarma e si mobilità ideologicamente.

Il silenzio dei progressisti

È preoccupante che il ministro Crosetto si dissoci dall’attacco terrestre dell’Ucraina alla Russia e non lo facciano, con ancor più forza, le forze progressiste.