Ultimamente, per contrastare l’accusa di antisemitismo lanciata strumentalmente da coloro che vorrebbero difendere a ogni costo anche le azioni più riprovevoli degli apparati governativi israeliani, si è diffusa un’idea pericolosa perché frutto d’ignoranza.

Per esempio si dice che il termine “antisemita” deriva da anti e semita. Secondo questo ragionamento, poiché i semiti sono popoli mediorientali che discendono da Sem[1], e semiti sono sia gli ebrei sia i palestinesi, allora il termine antisemita non può riguardare solo chi odia gli ebrei. E poiché i due popoli sono originari della stessa terra gli ebrei vogliono definirsi in esclusiva oggetto di quest’odio perché appropriarsi di quel termine significa appropriarsi di quella terra.

Sembrerebbe che il ragionamento non faccia una piega, ma a volte i sillogismi ingannano. Cominciamo dall’inizio

  1. La giudeofobia, ovvero l’ostilità antiebraica, è già presente fra i popoli pagani. Infatti non comprendevano il Dio unico e invisibile degli ebrei né le loro pratiche religiose quotidiane, il separatismo e la solidarietà che si mostravano l’un l’altro, e contraccambiavano il disprezzo degli ebrei verso gli dei e i costumi idolatrici con accuse immaginarie. Li sospettavano di adorare teste d’asino o di porco – la zoofilia veniva spesso usata per ridicolizzare l’avversario – di essere molto potenti e presenti dappertutto, di essere atei.

Sin dall’inizio, quindi, sembrerebbe che il rigoroso vuoto d’immagini religiose, tipico del monoteismo ebraico, suscitasse un tale scandalo fra i popoli che li autorizzasse a proiettarvi le proprie rappresentazioni mentali più riprovevoli.

  1. L’antigiudaismo è l’ostilità contro gli ebrei costruita teologicamente dalla Chiesa cristiana. Il nucleo centrale di tale ideologia è costituito dalla famosa accusa di deicidio che perseguiterà gli ebrei fino alla Shoà e che dà origine alla leggenda del popolo maledetto, dell’“ebreo errante” condannato a vagare, sempre perseguitato per via della sua colpa originaria. Inoltre la cristianità, imbevuta di elementi mistici propri della cultura ellenistica, aveva elaborato una concezione ascetica del mondo assolutamente estranea all’ebraismo, che esalta invece la ricchezza in quanto dono di Dio all’uomo giusto. Da qui le accuse di bestialità rivolte agli ebrei, sferrate in particolare nei sermoni di Giovanni Crisostomo. Questo nucleo ideologico iniziale ha giustificato, nel corso dei secoli, i sospetti più infamanti – di cospirare per la distruzione della cristianità, di avvelenare i pozzi, di profanare le ostie, di rapire i fanciulli cristiani durante la settimana pasquale per ricavarne il sangue con cui impastare il pane azzimo (un motivo che verrà ripreso spessissimo fino quasi ai giorni nostri) – e i massacri che ne seguivano.

Inoltre secondo la teologia e l’immaginario cristiano, gli ebrei erano sì deicidi, ma anche i depositari delle verità dell’Antico Testamento; a questo doppio titolo, dovevano espiare e nello stesso tempo essere protetti dai principi. Naturalmente i potenti cercarono di trarre il massimo vantaggio dalla posizione degli ebrei, che erano totalmente alla loro mercé: gli davano la possibilità di prestare denaro a interesse ai sudditi cristiani e poi, attraverso una serie di meccanismi perversi, se ne impadronivano. Per esempio in Inghilterra, nel XIII sec., gli ebrei prestavano il denaro ricevendone un riconoscimento di debito. Di tanto in tanto il re imponeva loro gravi imposte in modo da costringerli a pagarlo con i riconoscimenti di debito in proprio possesso. In tal modo, li privava degli unici mezzi di guadagno e s’impadroniva dei beni dei sudditi insolventi.  È uno dei motivi storici che ha nutrito la vena dell’ostilità antiebraica populista e di “sinistra”.

Una svolta fondamentale a questa terribile situazione si ebbe con la Rivoluzione francese, quando agli ebrei venne riconosciuto il diritto di cittadinanza. Iniziò allora il processo di emancipazione che si estese, nel secolo successivo, a tutta l’Europa in concomitanza con le lotte di liberazione nazionale dei popoli europei e la nascita delle prime monarchie costituzionali.

Poiché gli ebrei erano i principali beneficiari della modernità e della società secolarizzata, il mondo cristiano cominciò a vedere in loro i veri fautori, e ispiratori, della Rivoluzione francese con le conseguenze che aveva avuto sul piano delle libertà individuali. Così l’ostilità antiebraica tradizionale si spostò sul terreno politico-sociale, dove la cristianità doveva ricostruire le istituzioni che erano state spazzate via dai venti rivoluzionari. I partiti di ispirazione cristiana fecero propria la lotta contro i liberali, i massoni, i liberi pensatori, i socialisti che tutti – secondo loro – erano ispirati, spinti, guidati dagli ebrei emancipati. Su questa rinnovata vena antigiudaica si innesta l’ideologia razzista.

L’ideologia dell’antisemitismo razzista, su pretese basi etnografiche e antropologiche, nasce infatti nella seconda metà del XIX secolo, favorita dallo sviluppo delle scienze e della filosofia positivista. Nel 1853 J. A. Gobineau scrisse un Saggio sulla ineguaglianza delle razze umane – dove faceva della nozione di “razza” il grande motore della storia – che divenne popolare grazie anche all’ondata montante dei nazionalismi europei. Sono così gettate le basi per la contrapposizione fra “ariano” e “semita”[2].

Altro elemento fondamentale del terribile ingranaggio che avrebbe schiacciato gli ebrei quarant’anni dopo, fra il 1900 e il 1901 vede la luce in Russia un libello che avrà un peso determinante nell’affermazione dell’antisemitismo, in Europa fra le due guerre: i famigerati Protocolli dei savi di Sion. È una costruzione della polizia segreta zarista, copia dell’opera di un certo Maurice Joly che vi rappresenta il tentativo di Napoleone III di dominare il mondo. Con la diffusione dei Protocolli, in cui sono gli ebrei che complottano per impadronirsi del mondo, il cerchio dell’immaginario antigiudaico giunge al suo compimento: è la prova di ciò che da sempre, di loro, si era sospettato.

Ma per riprendere il filo del ragionamento da cui è nato questo scritto, il termine stesso – “antisemitismo” – per indicare l’avversione verso gli ebrei fu coniato da un tedesco, Ludwig Marr, nel 1879 e da allora adottato in tutta Europa.

Come si può ben evincere, niente a che vedere con presunti popoli “semiti”, per altro così designati dalla Bibbia. Basti pensare a come sarebbe ridicolo se oggi chiamassimo “camiti” gli africani perché discendenti di Cam, o “jafetiti” gli occidentali perché discendenti di Jafet, sempre secondo la Bibbia.

Il modo migliore per difendersi dalle false accuse di antisemitismo è sapere che cosa sia storicamente e ribaltarle, qualora se ne intravedano le caratteristiche, su chi le pronuncia.

Infine, in questi momenti tragici eviterei qualsiasi polemica intorno a un termine così abusato e che ha portato tanta sofferenza, devastazione e morte nel XX secolo[3].

[1] Figlio di Noè, insieme a Cam e Jafet.

[2] A questo proposito, si veda  come viene raffigurato l’”ebreo” nel Manifesto della razza di mussoliniana memoria: https://deportati.it/archivio-storico/manifesto_razza/, in particolare il punto 9; e anche https://www.treccani.it/enciclopedia/manifesto-della-razza (Dizionario-di-Storia)/

[3] I miei riferimenti per la stesura di questo articolo sono L. Poliakov, Storia dell’antisemitismo, La nuova Italia, ormai fuori commercio; Maurice Sartre, in L’Histoire, ottobre 2002 e P. C. Bori, Il vitello d’oro, Bollati Boringhieri, 2022.