Seconda parte dell’intervista con la storica Claudia Cernigoi, ricercatrice dei gruppi Diecifebbraio e Resistenza Storica, giornalista pubblicista dal 1981, dal 1990 dirige il periodico triestino “La Nuova Alabarda” (qui la prima parte). Il suo ambito di ricerca verte sulla Seconda Guerra Mondiale, il neofascismo, la strategia della tensione e la storia del confine orientale.

Dopo che per decenni i media mainstream hanno dato versioni molto blande, oggi si sta arrivando a dichiarare che dietro alle stragi di Stato di stampo fascista vi era un ruolo attivo della NATO, dei servizi segreti deviati, di alcuni apparati di Stato, della massoneria e della mafia armonizzati da Gladio e dalla Rete Stay Behind. Oggi sappiamo che i depistaggi, che hanno voluto coprire i movimenti neofascisti per incolpare anarchici e comunisti, sono una verità storica innegabile che per anni è rimasta denunciata solo dalla narrazione “alternativa”. Credi che si arriverà ad una verità storica incontrovertibile o rimarranno ancora molti meandri occulti? 

Mah, la verità storica è stata in qualche modo raggiunta, soprattutto grazie alle indagini di Guido Salvini e dei giudici di Bologna e di Brescia. Il problema è che a livello di massa queste certezze non sono note, l’informazione è stata molto carente e nel frattempo si sono inseriti divulgatori di vario tipo che hanno minimizzato talune circostanze o dato letture parziali che hanno sminuito la portata delle manovre operate nel periodo della strategia della tensione, tacciando di “complottismo” ricercatori ed investigatori che hanno smascherato le connivenze tra neofascisti, servizi (italiani e statunitensi), massoneria e anche mafia (nell’organizzazione del golpe Borghese, ad esempio, troviamo tutte queste entità), preferendo a volte riproporre la formula semplificatrice delle “primule nere” che operavano da isolati.

Così non mi è piaciuto concetto espresso da Paolo Morando (che è peraltro un bravo ricercatore e divulgatore) nel corso di un recente convegno sul cinquantennale della strage di Brescia; nel suo intervento Morando sosteneva che non sarebbe giusto, secondo lui, parlare di strategia della tensione come di un fenomeno unitario, perché ogni atto (piazza Fontana, piazza della Loggia, Italicus, Questura di Milano… fino a Bologna) ha una propria peculiarità, che differisce dalle altre: ma questa interpretazione va a vanificare il senso del termine stesso “strategia della tensione”. Dovrebbe essere ormai assodato che gli attentati che insanguinarono l’Italia tra il 1969 ed il 1974 erano prodromici alla realizzazione di un colpo di stato. Se consideriamo ogni evento come atto a se stante, perdiamo di vista il disegno complessivo che ha visto unite quelle entità che potrebbero sembrare molto diverse tra loro (neofascisti, servizi segreti italiani e statunitensi, ma anche mafia e massoneria) ma che avevano lo scopo comune di impedire al Partito comunista di andare al governo, e nel contempo di neutralizzare le lotte operaie e sociali che si erano sviluppate dalla fine degli anni ’60.

Emblematico in questo contesto quanto appare da una testimonianza raccolta nell’ultima istruttoria sulla strage di Brescia (le udienze processuali riprenderanno a settembre): la strage sarebbe stata organizzata in alcune riunioni che si tenevano nella Stazione dei Carabinieri di Parona Valpolicella (VR), con la presenza di ufficiali dei Carabinieri e del SID, esponenti dei Servizi Nato e neofascisti bresciani e veneti. Ricordiamo che tra gli organizzatori del golpe Borghese c’era un numero impressionante di aderenti alla P2 e che risulta sempre dalle inchieste del GI Salvini che esponenti della mafia si erano dichiarati disponibili a supportare i golpisti di Borghese.

Nel 2019, Roberto Fiore e Gabriele Adinolfi, leader di Forza Nuova, tennero una conferenza in cui definirono la Strage di Bologna come una “strage neotrotskista, coperta dal PCI e dai poteri forti che hanno depistato la verità per incolpare i fascisti”. Quale fondamento può avere una affermazione del genere? 

Ovviamente nessun fondamento (già la definizione “neotrotskista” dovrebbe dimostrare l’inesistenza del minimo senso di analisi politica), salvo un patetico tentativo di autoassolvere se stessi ed i propri affini; ho già detto del “romanzo” scritto da Adinolfi, che volendo attribuire la responsabilità della strage di Brescia ad una delle vittime della bomba, non può essere definito altrimenti che “infame”. Va detto che nel romanzo viene esposta la teoria secondo cui negli anni Settanta la Commissione Trilaterale, i comunisti, la borghesia, gli industriali, la Nato, Israele, il vecchio CLN bianco e la Gladio (un’ammucchiata davvero curiosa!) si sarebbero messi d’accordo per dare il potere alle sinistre e pertanto avrebbero cercato di incastrare i neofascisti attribuendo loro le stragi del periodo. Qualcosa di assurdo.

D’altra parte i fascisti e i neofascisti hanno sempre dimostrato una certa schizofrenia nel parlare delle azioni che li vedevano coinvolti, da un lato la rivendicazione orgogliosa delle loro azioni squadristiche, dall’altra il capovolgimento dei fatti con l’asserzione di essere stati loro gli aggrediti, e di essersi limitati a difendersi dalla violenza altrui. Penso qui all’incendio del Narodni dom di Trieste nel 1920, quando le neocostituite squadre fasciste assaltarono l’edificio dandolo alle fiamme: al tempo vi fu la rivendicazione di questo atto criminale, visto come l’inizio della “rivoluzione fascista” a Trieste ed esaltato dalla propaganda di regime, per passare, nel dopoguerra antifascista, ad accusare le associazioni slovene che avevano sede nel’edificio, di essere stati loro stessi a causare l’incendio mentre “attaccavano” i “manifestanti” che sfilavano di sotto.

Ma rileviamo questa doppia lettura dei fatti anche in episodi minori, di squadrismo spicciolo avvenuto in anni più recenti : facciamo mente locale a come i militanti di CasaPound denunciati per atti violenti cerchino sempre di far credere di essere loro gli aggrediti (citiamo una per tutte quanto avvenuto a Bari nel settembre 2018 alla fine di una manifestazione antifascista, quando un gruppo di persone (tra cui la parlamentare comunista Eleonora Forenza ed una mamma con un bimbo nel passeggino), furono aggredite da una ventina di “fascisti del nuovo millennio” che poi affermarono di essere stati aggrediti da un “corteo”.

Ricordo che, secondo un’inchiesta di Report, lo stesso Roberto Fiore viene definito come un’agente dei servizi segreti inglesi che arriva a Londra con un mandato di cattura internazionale per il suo coinvolgimento – risultato infondato – nella Strage di Bologna. Non è un caso che la Digos entrerà nella sede di Report per requisire le inchieste che fanno luce sulla pista neofascista. Ci sono attuali militanti di partiti neofascisti che hanno avuto un ruolo nella strategia della tensione? 

Il caso di Fiore è particolare. Negli anni ’90 apparve un’inchiesta della rivista inglese Searchlight che lo indicava come membro dell’MI6. Fiore smentì e vinse diverse querele contro persone che avevano ripreso l’articolo dando per certe le affermazioni contenute (i servizi britannici non confermarono mai che fosse stato un loro agente). Fu condannato in contumacia per associazione sovversiva, non scontò la pena perché rifugiato all’estero fino allo scattare della prescrizione. Militanti di Terza Posizione e poi dei NAR fecero la gavetta nel MSI e nel Fronte della Gioventù, ma tornando ai primi anni ’70, prima della nascita dello “spontaneismo armato” che ha una storia a sé, va detto che molti militanti dell’allora MSI facevano contemporaneamente parte anche dei movimenti (poi dichiarati illegali) più estremisti come Avanguardia nazionale ed Ordine Nuovo: pensiamo a Pino Rauti, che entrava ed usciva dal MSI a seconda del momento politico. Ricordiamo che i responsabili della strage di Peteano (tre carabinieri vittime di un’auto bomba il 31/5/72) erano sì ordinovisti, ma anche dirigenti del MSI friulano (e fu il segretario missino Almirante a finanziare un’eventuale operazione alle corde vocali del “telefonista” della strage, Carlo Cicuttini, per impedire la perizia fonica che lo inchiodasse alle sue responsabilità). L’attuale presidente del Senato Ignazio Larussa guidava il corteo non autorizzato del 12/4/73, mentre altri militanti del MSI inscenavano scontri con la polizia lanciando le bombe che uccisero l’agente di PS Antonio Marino, e partecipò, in una selva di saluti fascisti, ai funerali del bombarolo Nico Azzi nel 2007.

Infine non può non dar da pensare la vicenda della nomina alla Commissione antimafia di Chiara Colosimo, che fa riferimento, per la sua attività nelle carceri, al Gruppo Idee, fondato dall’ex NAR Luigi Ciavardini (condannato per la strage di Bologna) con la moglie Germana De Angelis, sorella del militante dei NAR Nanni (morto suicida in carcere) e di Marcello, già Terza posizione (condannato per associazione sovversiva), che fu parlamentare di Alleanza nazionale dal 2008 al 2013: ha fatto un certo effetto la foto in cui la futura presidente dell’Antimafia si trovava praticamente abbracciata a Ciavardini. Voglio inoltre ricordare la campagna promossa nel 2020 (quarantennale della strage di Bologna) da alcuni esponenti di Fratelli d’Italia tra cui l’oggi parlamentare Massimo Ruspandini, con lo slogan “nessuno di noi era a Bologna”, per reclamare l’estraneità alla strage dei condannati dei NAR (non solo Mambro e Fioravanti, ma anche Gilberto Cavallini e il già citato Ciavardini).

Se consideriamo la frase nel suo senso letterale, può sembrare che coloro che lo hanno condiviso rivendichino una propria comunanza (non solo) ideologica con i NAR, dato che per la strage furono riconosciuti colpevoli solo membri dei NAR. Nessuna responsabilità fu addebitata agli allora missini, cioè coloro in cui dovrebbero riconoscersi, per eredità politica e spirituale, gli odierni Fratelli d’Italia.

In conclusione vorrei aggiungere che, a fronte delle immagini e delle registrazioni presenti nell’inchiesta “clandestina” di Fanpage, la Procura dovrebbe aprire, nei confronti del movimento giovanile di Fratelli d’Italia, un procedimento ai sensi della legge Scelba (ricostituzione del disciolto partito fascista con esaltazione di principi, metodi e fatti del fascismo), dato che nelle riunioni documentate dalla giornalista “infiltrata” si sprecano saluti fascisti, invocazioni al “duce” e tutto il resto della coreografia tipica del fascismo. Tutto questo è particolarmente grave, se consideriamo che rappresentano la sezione giovanile del partito guidato dal Presidente del consiglio in carica, Giorgia Meloni, che non sembra peraltro avere avuto granché da dire in merito, salvo ribadire che loro non sono antisemiti, come se questo fosse sufficiente.