La Giunta della regione Abruzzo ha dichiarato guerra al cervo, animale iconico della natura abruzzese, approvando l’8 agosto scorso un piano che, dalla metà del mese di ottobre, consentirà ai cacciatori in due aree dell’aquilano di uccidere 469 cervi. Cacciatori che per l’occasione sono stati ribattezzati “selecontrollori”: https://www.regione.abruzzo.it/content/deliberazioni-della-giunta-regionale.
Si tratta di una scelta scellerata contro la quale si è immediatamente attivato il WWF, avviando anche una petizione on-line che in pochissimi giorni ha già superato le 55.000 firme unendosi a un’altra petizione lanciata dalla travel blogger abruzzese Martina Mammarella. Un risultato decisamente significativo che fa emergere chiaramente quanta attenzione ci sia verso la fauna e in particolare nei confronti di un animale come il cervo, che si vorrebbe continuare a vedere libero sulle nostre montagne, simbolo di un Abruzzo capace di essere un modello positivo di convivenza apprezzato ovunque e con un importante risvolto positivo per il turismo.
E negli ultimi giorni il fronte delle associazioni che sono scese in campo per salvare i cervi in Abruzzo si è allargato con Rifiuti Zero Abruzzo, ProNatura L’Aquila, Appennino Ecosistema, CAI Abruzzo, Italia Nostra Abruzzo, Salviamo l’Orso, LIPU Abruzzo, Dalla parte dell’Orso, Guide del Borsacchio e LAV Pescara. L’obiettivo degli animalisti ( e non solo) è il ritiro della delibera regionale.
I motivi dell’abbattimento sarebbero sostanzialmente due: i danni all’agricoltura provocati dai cervi e gli incidenti stradali. Da anni però il WWF (e non solo) sostiene che le problematiche legate ai danni in agricoltura vanno affrontate con serietà e con studi e professionalità competenti, va capito dove sono concentrati i danni, su quali tipologie di coltivazioni, in quale contesto ambientale. Chi garantisce che sparando ai 469 cervi le situazioni di criticità saranno risolte? C’è la possibilità di utilizzare recinzioni idonee, repellenti olfattivi e sonori che allontanino i cervi dalle coltivazioni riducendo le probabilità che questi entrino nei campi coltivati. Questo è il supporto che il mondo agricolo meriterebbe e dovrebbe richiedere a chi amministra l’Abruzzo. Stesso discorso per gli impatti con gli autoveicoli, esistono sistemi che in alcune strade del territorio abruzzese, soprattutto all’interno delle aree protette, sono stati istallati (recinzioni, catarifrangenti, dissuasori sonori, potenziamento di sottopassi) e, se anche il rischio zero non esiste, questi sistemi sono utili per ridurre la possibilità di incidenti: vanno maggiormente implementati e diffusi. Gli investimenti sono sicuramente importanti, ma la regione può accedere a diverse tipologie di finanziamenti e la destinazione degli stessi è una scelta di programmazione e priorità.
Per risolvere i problemi esistono quindi efficaci soluzioni alternative all’abbattimento. Di qui, l’appello alla Giunta regionale affinché ritiri la delibera e apra un confronto serio con le associazione ambientaliste e quelle delle categorie agricole, coinvolgendo esperti che possano proporre soluzioni alternative e indipendenti dall’uccisione degli animali, una pratica fallimentare del resto già sperimentata, per anni, con altre specie, come il cinghiale, che non ha risolto il problema, ma anzi lo ha aggravato.
“La Giunta regionale non resti sorda a questi appelli, non si può far finta di non capire che la decisione presa non accoglie il favore dei cittadini abruzzesi, ma solo di un piccolo gruppo di cacciatori. È inutile, inoltre, esasperare la contrapposizione tra il mondo ambientalista e quello agricolo che non serve a risolvere un problema che è complesso e come tale va trattato e non ricorrendo alla scorciatoia dei fucili”, ha dichiarato Filomena Ricci, delegata WWF Abruzzo. E la travel blogger abruzzese Martina Mammarella ha aggiunto: “Ci saranno gravi ripercussioni sulla flora e sulla fauna del territorio, oltre che naturalmente per il turismo.“
Qui per firmare la petizione: https://www.change.org/p/fermiamo-la-strage-dei-cervi-in-abruzzo.