La manifestazione che si è svolta venerdì 30 agosto a Cagliari, indetta dal Coordinamento dei comitati sardi contro la speculazione energetica, ha visto la massiccia partecipazione di migliaia di persone, provenienti da diverse zone dell’isola. Il corteo si è concluso davanti al Consiglio regionale, per l’occasione assediato dalle urla, dai fischietti e dai tamburi di chi ha voluto mostrare la propria rabbia e indignazione davanti a quanto sta succedendo da mesi in Sardegna.
Lo scopo della mobilitazione popolare era quello di mettere alle strette il governo regionale, perché apra un contenzioso con Roma sul ruolo della Sardegna nella transizione ecologica. L’assalto del capitalismo selvaggio e delle mafie è già partito da tempo, con progetti a pioggia, per prendere incentivi PNRR e poi magari dichiarare fallimento. Il pericolo della speculazione è evidente e reale. Dall’altra parte, si sente il bisogno di partecipazione, di un ruolo importante che, in democrazia, appartiene al popolo, non solo attraverso le elezioni, ma soprattutto attraverso l’impegno in prima persona, sulle decisioni che possono cambiare il proprio territorio.
La Sardegna, che dal punto di vista energetico dipende ancora per circa il 70% dalle energie fossili, deve si affrancarsi dall’inquinamento che tali fonti producono e dalle conseguenze sulla salute umana implicite, ma farlo in maniera razionale e a partire dai propri reali fabbisogni, in modo compatibile con l’ambiente ed il paesaggio.
Quel che si è creato in questi caldi mesi estivi è tutto merito dei comitati territoriali, che in tantissime diverse zone della Sardegna si sono attivati spontaneamente: siamo davanti ad un largo movimento di popolo, con tutte le sue contraddizioni, ma che va lasciato crescere e sostenuto, sgrondandolo magari dagli opportunismi di chi vuole cavalcarlo per propri scopi.
Non è certo la prima volta che il territorio sardo viene confiscato e depredato: lo abbiamo visto con lo sfruttamento minerario, che ha lasciato montagne di detriti e di veleni, senza le necessarie bonifiche; lo abbiamo visto con le industrie petrolchimiche, con i poligoni e le esercitazioni militari, che hanno distrutto forse irrimediabilmente luoghi che un tempo erano incantevoli; lo abbiamo visto ancora con la fabbrica di armi RWM, che mette a rischio globale il territorio del Sulcis-Iglesiente. Così oggi non si può chiedere alla popolazione sarda di sopportare un’ennesima invasione, neppure se sotto l’egida di una presunta transizione ecologica, che si presenta nella forma di una nuova colonizzazione.
Quello che la società civile sarda chiede a gran voce è una progettazione dal basso, che tenga conto dei territori e non venga subita dalla Sardegna come l’ennesima imposizione coloniale. Una vera transizione ecologica deve fare a meno del profitto immediato e basarsi su un’accurata programmazione e sulla creazione di comunità energetiche locali: un processo che parta dal basso, attraverso forme di democrazia diretta e di cittadinanza attiva.
Questo tipo di visione entra inevitabilmente in conflitto con gli interessi speculativi del mercato e del liberismo predatorio, interessato a trasformare anche le fonti energetiche rinnovabili in guadagno sonante per le proprie tasche. Ma la grande manifestazione del 30 agosto a Cagliari ha fatto capire a tutti che i sardi sono stufi di essere le vittime sacrificali di un sistema economico violento e insostenibile, che consuma la natura con un ritmo fragoroso e forsennato, portandoci nell’era dei cambiamenti climatici e delle grandi catastrofi.
Se ci sarà un’autentica transizione ecologica sarà dal basso, o non sarà.
Ma affido la conclusione ai versi di Maria Erminia Satta, amica della nonviolenza di Tempio Pausania.
PRATOBELLO 2024
Ma quanto ci deve trapassare il cuore
La spada del dolore del mondo
Perché c’è chi ama disumanizzarci
E uccidere ogni cura per la vita
Con le guerre e ogni altra violenza
Anche quella contro l’ambiente
Perché le nostre rocce
Le ho viste sbriciolate
In un enorme mucchio
Solo ieri bellissime pietre
Disarmate e fiere
Possenti nel profumato pianoro
Muschiose guardiane delle alture di Balascia
Selvagge e tacite compagne
Del Coghinas e del Monte Limbara
Modellate nei millenni
Da artisti liberissimi e creativi
Come la pioggia e il sole
E lo smeriglio della terra col vento.
Perché adesso in ogni dove
solo lande
metalliche rumorose e infuocate
ci promettono
in nome di un’energia pulita
che pure molto amiamo
spaventosi speculatori
nuovi colonizzatori già operanti
armati di decreti e di ferro
di esplosivi di escavatori e di cemento
guastatori che lasciamo liberi
di farla da padroni
se non interverremo in tempo
Usurpatori in nome di un falso bene comune
delle nostre vite e della nostra storia
della terra del mare del sole e del vento
di cui faranno scempio a loro piacimento
avidi solo di denaro
seminatori di morte e di sgomento