Le Aree interne comprendono oltre 4mila Comuni, il 48,5% del totale. Si tratta di territori fragili nei quali i fenomeni demografici, come l’invecchiamento della popolazione e l’abbandono dei territori a causa delle migrazioni, sono esacerbati rispetto al resto del Paese. Secondo i dati ISTAT, al 1° gennaio 2024 nelle Aree interne risiedono circa 13 milioni e 300mila individui, circa un quarto della popolazione residente in Italia (nei Centri, invece, la popolazione è pari a 45 milioni e 700mila individui. In particolare, risiedono nei Comuni Intermedi 8 milioni di persone (pari al 13,6% del totale dei residenti in Italia), nei Comuni Periferici 4,6 milioni (7,8%) e, infine, nei Comuni Ultraperiferici, i più svantaggiati in termini di accessibilità ai servizi, 700mila individui (1,2%).
La diminuzione della popolazione assume contorni anche più intensi esaminando i Comuni Periferici e Ultraperiferici. Se, tra il 2002 e il 2014, la popolazione dei Comuni Periferici evidenziava ancora una crescita dello 0,6%, quella dei Comuni Ultraperiferici aveva già intrapreso un percorso di evidente riduzione, pari al -3,1%. Tra il 2014 e il 2024, poi, il declino demografico risulta generalizzato ad ampia parte del territorio nazionale ma con più evidente forza nelle aree periferiche (-6,3%) e ultraperiferiche (-7,7%). Inoltre, negli ultimi 20 anni i Comuni delle Aree interne, che hanno una popolazione più anziana di quella dei Centri, hanno sempre registrato tassi di mortalità più elevati dei Centri. Nel 2023 nelle Aree interne si registra un tasso del 12,1 per mille, contro uno del 10,9 per mille nei Centri.
Un altro importante elemento di fragilità demografica delle Aree interne è costituito dai significativi deflussi di popolazione che dai Comuni Intermedi, Periferici e Ultra-periferici si dirigono verso i Centri o verso l’estero. “Il flusso migratorio che origina dalle Aree interne e si dirige verso i Centri è stato rilevante negli ultimi 20 anni”, si legge nel Report dell’ISTAT. “Dal 2002 al 2023 si contano poco meno di 3 milioni e mezzo di movimenti che hanno interessato questa traiettoria e circa 3 milioni e 300mila che invece hanno coinvolto movimenti sulla traiettoria inversa, con una perdita complessiva dovuta allo scambio tra aree pari a poco meno di 190mila residenti delle Aree interne, equivalenti alla scomparsa di una città come Taranto.”
Quasi la metà delle partenze (46,2%) origina da Aree interne del Mezzogiorno, il 34,1% da quelle del Nord e il 19,7% da Aree interne del Centro. Specularmente, sono i Centri del Nord che accolgono la prevalenza di queste partenze (50,8%), seguiti dai Centri del Mezzogiorno (25,9%) e del Centro Italia (23,3%). Complessivamente, tre movimenti su cinque riguardano movimenti da Aree interne a Centri all’interno della stessa ripartizione geografica di residenza, ma è significativa la quota di flussi che dalle Aree interne del Mezzogiorno si dirigono verso i Centri del Nord Italia (16,9%), a conferma del fatto che la tradizionale traiettoria dal Mezzogiorno verso il Nord continua a essere una delle principali direttrici della mobilità interna che interessa il Paese.
Un altro fattore che incide sullo spopolamento delle Aree interne è costituito dai consistenti flussi di espatri dei cittadini italiani verso l’estero. A differenza dei Centri, le Aree interne, soprattutto nell’ultimo decennio, non sono attraenti per gli immigrati stranieri che scelgono di insediarsi più frequentemente nei grandi centri urbani dotati di servizi e molto spesso laddove risiedono altri concittadini appartenenti alle stesse comunità. Il ridotto apporto della presenza straniera non permette di compensare adeguatamente i flussi di espatrio e, in combinazione con la bassa natalità, causa il diffuso declino demografico delle Aree interne.
Un ulteriore elemento di fragilità delle Aree interne è rappresentato poi dalla “fuga” dei giovani laureati: tra il 2002 e il 2022 si sono complessivamente spostati dalle Aree interne verso i Centri poco meno di 330mila giovani laureati di 25-39 anni, mentre appena 45mila verso l’estero. Nello stesso periodo, sono rientrati verso le Aree interne 198mila giovani laureati dai Centri e 17mila dall’estero. Ne consegue che la perdita di capitale umano delle Aree interne è pari a 132mila giovani risorse qualificate a favore dei Centri e di 28mila a favore dei Paesi esteri. Complessivamente lo svantaggio per le Aree interne è pari a 160mila giovani laureati.
Rispetto al futuro delle Aree interne l’ISTAT evidenzia uno scenario alquanto pessimistico, soprattutto in riferimento al Sud. “Sulla base delle ipotesi formulate dalle recenti previsioni demografiche, si legge nel Report dell’ISTAT, tra 10 anni quasi il 90% dei Comuni delle Aree interne del Mezzogiorno subirà un calo demografico, con quote che raggiungeranno il 92,6% nei Comuni Ultraperiferici. Le previsioni del medio periodo, inoltre, danno un quadro ancora in peggioramento, con quote di Comuni in declino che, tra 20 anni, raggiungeranno il 93%. La situazione appare nettamente migliore per le Aree interne del Centro-nord, confermando disparità esistenti tra Aree che presentano le medesime condizioni di fragilità in termini di accessibilità ma che si trovano in aree geografiche diverse.”
Intanto, rispetto al Piano strategico nazionale delle aree interne messo a punto dal governo è in corso una consultazione fino al prossimo 6 settembre: https://partecipa.gov.it/processes/piano-strategico-nazionale-aree-interne.
Qui il focus dell’Istat: https://www.istat.it/wp-content/uploads/2024/07/STATISTICA-FOCUS-DEMOGRAFIA-DELLE-AREE-INTERNE_26_07.pdf.