Tra gli Eventi Speciali all’interno del Festival dell’Alta Felicità da poco concluso a Venaus, ce ne sono stati due particolarmente ‘speciali’ per il fatto di vedere tra i relatori la detenuta Nicoletta Dosio, che una volta tanto… non ha avuto bisogno di evadere dai domiciliari per essere dove voleva lei. Dietro richiesta dei suoi Avvocati, il Tribunale di Torino le ha infatti riconosciuto un ‘permesso’ lungo abbastanza per poter partecipare sia al confronto con le Mamme Ribelli (per la presentazione dell’omonimo libro di Linda Maggiori, Ed. Terra Nuova), che all’incontro con Giorgio Cremaschi, con il suo ultimo libro “Liberal Fascismo, Come i liberali distruggono la democrazia e ci riportano in guerra” (Ed. Mimesis).
Ed ecco la recensione a firma della stessa Nicoletta Dosio
Il saggio di Giorgio Cremaschi è stato presentato lo scorso 29 luglio all’interno del Festival Alta Felicità. Nonostante l’ora mattutina, ad attendere l’evento sotto il grande tendone dello Spazio Dibattiti c’era un folto pubblico e non per caso: l’argomento è più che mai attuale, libro brillante nella forma e intenso nel contenuto, Giorgio coinvolgente per la chiarezza e nella forza delle argomentazioni.
Fin dal titolo, con un potente paradosso, si denuncia la simbiosi transgenica in cui due realtà apparentemente contraddittorie si sono saldate ai fini della devastazione sociale, ambientale, culturale del mondo.
“Un ossimoro come i tanti che, sul versante capitalistico-guerrafondaio di quest’ultimo ventennio, il pensiero unico ha coniato per narrare una realtà mistificata: la cosiddetta ‘austerità espansiva’ in economia, la ‘guerra umanitaria’ nelle relazioni internazionali, lo ‘sviluppo sostenibile’ nel finto impegno dei governi per salvare l’ambiente”.
Davanti a una platea che vede presenti tanti giovani e giovanissimi si dipana la storia nazionale e internazionale degli ultimi sessant’anni, a partire dal protagonismo operaio e studentesco nelle lotte degli anni settanta: tempi in cui sembrò possibile, in Italia e nel resto del mondo, un cambiamento radicale dei rapporti di forza, un internazionalismo dei popoli e degli oppressi capace di contrastare il dominio del capitalismo sul mondo e l’imperativo categorico, socialmente e ambientalmente devastante, del “produci, consuma, crepa”.
Furono anni di conquiste sociali e civili che sembravano acquisite per sempre, ma che oggi vengono rimesse pesantemente in discussione. Poi tornarono i tempi bui con l’infrangersi di quell’impeto di liberazione contro i muri di una reazione brutale, attraverso gli strumenti di sempre: il colonialismo e l’imperialismo, la guerra economica e militare, il fascismo dei colpi di stato. Caduto il muro di Berlino, archiviata la deterrenza della cosiddetta “guerra fredda”, tramontato il patto di Varsavia, si rafforzò il Patto Atlantico, e riparti la “guerra calda” di USA, UE, NATO, col corollario di Israele come gendarme in Medio Oriente, per il dominio globale dell’Occidente sui paesi del mondo economicamente emergenti.
Oggi che i venti di guerra spirano più potenti che mai è fondamentale indagare la realtà con occhi sgombri per non cadere nella trappola dell’imperante ideologia bellicista fondata su una “conclamata superiorità della civiltà occidentale sul resto del mondo”. Una guerra nazionalistica nelle motivazioni e globale nello scenario. Lo dice bene Cremaschi nel suo libro:
“Oggi viene rispolverato il linguaggio dannunziano che fu alla base della prima guerra mondiale: nell’Unione Europea che va alla guerra sotto l’egida della NATO, l’europeismo si è trasformato in violento occidentalismo; le sacre frontiere da difendere ed espandere con la guerra non sono più quelle tra Francia e Germania, tra Italia ed Austria, ma sono quelle della UE verso la Russia, la Cina, il Sud del mondo”.
A farne le spese le vittime di sempre, gli ultimi, “quelli che non vogliono guerra, caso mai rivoluzione”, i figli del popolo usati come “carne da cannone”, la gente comune a cui tocca solo fame e morte.
Guerre e genocidi: il pensiero va al popolo palestinese, alla disperata dignità delle tendopoli inermi e affamate, assediate dalla furia del sionismo israeliano, alle morti bambine, alla mattanza quotidiana che, col beneplacito dell’Occidente, sta risolvendo nel sangue la cosiddetta “questione palestinese”. È questa la realtà che sta alla base della “terza guerra mondiale a pezzi”, che vede coinvolto militarmente anche il nostro Paese fin dai primi anni Novanta, a partire dalla prima guerra del Golfo, in aperta violazione della Costituzione nata dalla Resistenza, e in particolare dell’articolo 11:
“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
E il costo della guerra è pagato, in politica interna, con il taglio dei servizi pubblici, la precarizzazione occupazionale, lo sfruttamento schiavistico dei poveri, il razzismo, la devastazione sociale e ambientale, la frattura sempre più abissale tra i pochi che hanno tutto e i molti che non hanno niente, la degenerazione di una democrazia che si e fatta “democratura” e procede a ranghi forzati verso la dittatura e “l’uomo solo al comando”.
Anche nel nostro paese la destra al governo sta portando a termine la fascistizzazione delle istituzioni, il trionfo del privato, il taglio dei diritti sociali e civili e a spianarle la strada sono state negli anni le politiche di un centro-sinistra democratico di nome, ma di fatto prono ai diktat del capitale: “il cuore a sinistra, il portafoglio a destra”. Con l’attuale governo trova così completa attuazione il “Piano di Rinascita democratica”, programma che porta la firma del piduista e stragista Licio Gelli, voluto nei primi anni Settanta in chiave anticomunista e antidemocratica. Davanti a tali scenari, a livello nazionale e internazionale non è certo tempo di abbandonarsi al senso d’impotenza né di trincerarsi nell’indifferenza, ma di capire dove sta il nemico e prendere posizione attiva.
Le manifestazioni che ormai da mesi, in tutto il mondo, vedono folle di giovani mobilitarsi con tenacia e radicalità dalla parte del popolo palestinese ci riportano indietro nel tempo, alle manifestazioni della metà anni ‘60 contro la guerra del Vietnam. Anche allora, dalla solidarietà internazionale per un popolo oppresso, si alzò il vento di contestazione al sistema imperial-capitalista che vedeva negli USA il suo punto di forza. Ne nacquero le lotte di liberazione in America Latina e, nell’Occidente Europeo, i fermenti di rivoluzione sociale e culturale del ‘68. Conoscemmo e vivemmo quel mondo che credeva nella possibilità di cambiare le cose, quel tempo in cui lottare contro l’ingiustizia era un fatto naturale, un bisogno quasi spontaneo, individuale e collettivo.
“…quel mondo è stato smontato per decenni pezzo dopo pezzo e oggi siamo nella realtà opposta. Eppure, quell’altro mondo, quello della partecipazione, della lotta, dell’interesse per il pubblico, per il collettivo, per la solidarietà c’è stato e allora perché in forme diverse e adeguate ai tempi non potrebbe tornare? … Bisogna trovare la via della ribellione e il primo passo per farlo è riconoscere il presente, chiamarlo col suo nome, non farsi imbrogliare dalle narrazioni del potere”.
L’assemblea si conclude con un partecipatissimo dibattito. Si respira entusiasmo e voglia di lottare. Alta Felicità significa anche questo: la gioiosa consapevolezza che, contro l’ingiustizia e i fascismi vecchi e nuovi, c’eravamo, ci siamo, ci saremo sempre!