L’arresto di Pavel Durov, creatore di Telegram, solleva complesse questioni etiche, giuridiche e tecniche riguardanti la responsabilità di chi fornisce strumenti di comunicazione sicura.
In particolare, si aprirebbe il dibattito sulla responsabilità legale di chi garantisce la riservatezza tramite la crittografia.

Complicità e responsabilità

La questione centrale è se chi offre servizi di crittografia possa essere considerato complice di reati commessi dagli utenti.
La crittografia end-to-end, come quella implementata su Telegram e altri servizi come Signal, garantisce che solo mittente e destinatario possano leggere i messaggi, impedendo anche ai fornitori del servizio di accedere ai contenuti.

Tuttavia, considerare complici i fornitori di servizi di crittografia sarebbe problematica per diversi motivi.

Libertà di espressione e privacy

La crittografia è essenziale per proteggere la libertà di espressione e la privacy, soprattutto in contesti autoritari o repressivi. Criminalizzare chi offre questi servizi potrebbe minare gravemente i diritti fondamentali.

Neutralità della tecnologia: la crittografia è uno strumento neutrale che può essere utilizzato per scopi leciti e illeciti. Ritenerne responsabili i fornitori per l’uso improprio da parte degli utenti è come accusare i produttori di coltelli per i crimini commessi con questi strumenti.

Precedenti legali: finora la giurisprudenza ha spesso considerato che i fornitori di strumenti tecnologici non possano essere ritenuti responsabili per l’uso che ne fanno gli utenti, a meno che non vi sia prova di complicità diretta o intenzionale.

Estensione delle accuse

Se le accuse contro Durov avessero prosecuzione, potrebbero estendersi a tutti i fornitori di servizi di crittografia. Questo creerebbe un precedente pericoloso, con potenziali ripercussioni globali.

Effetto raggelante: i fornitori di servizi potrebbero sentirsi costretti a indebolire la crittografia o a implementare backdoor, minando così la sicurezza globale.

Ritirata delle tecnologie di sicurezza: aziende tecnologiche potrebbero cessare di fornire strumenti sicuri, aumentando la vulnerabilità degli utenti, soprattutto attivisti, giornalisti e dissidenti.

In sintesi, criminalizzare chi offre crittografia avanzata significherebbe ignorare l’importanza della privacy e della sicurezza in un mondo digitale sempre più vulnerabile.
Se venisse considerato complice chi garantisce la riservatezza, non solo Durov ma l’intero settore tecnologico ne sarebbe colpito, con gravi conseguenze per la libertà di espressione e la sicurezza globale.

Il nodo da sciogliere

L’avvocato Andrea Monti, esperto di diritto delle telecomunicazioni e delle tecnologie dell’informazione, ha così commentato oggi su Repubblica: “Fuori da ogni ipocrisia, dunque, il dilemma è chiaro: se è consentito mettere in circolazione ciò che ostacola il controllo da parte dello Stato, allora bisogna accettare l’esistenza di servizi di anonimizzazione totale, di sistemi progettati per essere impenetrabili ai tentativi di accesso non autorizzato a prescindere da chi (delinquenti o forze di polizia) li voglia commettere, e il diritto di non cooperare con l’autorità giudiziaria.

Oppure tutto questo è vietato, e dunque punito, e di conseguenza bisogna accettare cose come backdoor hardware e software, crittografia indebolita, VPN gestite in modo da consentire l’acquisizione del traffico in chiaro, abolizione di password e altri sistemi di autenticazione, obbligo di cooperazione generalizzato e via discorrendo. Nel primo caso, dunque, nessuno dovrebbe essere sanzionato, ma nel secondo tutti (tutti, nessuno escluso) dovrebbero essere puniti”.

Snowden condanna l’arresto di Durov

L’arresto di Pavel Durov richiama alla mente il caso Edward Snowden, il tecnico informatico ricercato per aver rivelato come diverse multinazionali del digitale avessero collaborato con l’Agenzia per la Sicurezza Nazionale (NSA) degli Stati Uniti, consentendo l’accesso ai dati privati degli utenti.

Snowden è intervenuto su Twitter con una dura condanna dell’arresto di Durov.
Snowden ha scritto: “L’arresto di Durov è un attacco ai diritti umani fondamentali di libertà di parola e associazione. Sono sorpreso e profondamente rattristato dal fatto che Macron sia sceso al livello di prendere ostaggi come mezzo per ottenere accesso alle comunicazioni private. Questo abbassa non solo la Francia, ma il mondo intero”.

Doppio standard

Ancora una volta assistiamo al doppio standard.
Immaginate se fosse stato effettuato l’arresto in Russia: quale diluvio di articoli avremmo letto oggi? Doppio standard, appunto.