Alcuni dei maggiori esportatori di armi al mondo stanno implicitamente violando le regole del Trattato sul commercio mondiale delle armi (ATT). I trasferimenti illegali di armi e munizioni causano oggigiorno migliaia di morti e feriti in zone di conflitto come la Striscia di Gaza, il Sudan e il Myanmar. Questa è la valutazione di Amnesty International a dieci anni dall’adozione del trattato.
Ad oggi, sono 115 gli Stati che hanno ratificato il Trattato sul commercio delle armi (ATT), e 27 i firmatari, tra cui sono presenti i dieci maggiori esportatori di armi al mondo, ad eccezione della Russia. Oltre il 90% del commercio mondiale di armi è gestito da paesi che hanno ratificato o firmato il Trattato. In questi giorni si sta svolgendo a Ginevra la 10a conferenza degli stati aderenti all’ATT avviata il 19 e che terminerà il 23 agosto.
«Per la prima volta, l’ATT ha stabilito a livello internazionale standard vincolanti per la regolamentazione e il controllo del commercio internazionale di armi e munizioni convenzionali. Da allora, la legalità del trasferimento di armi è stata espressamente vincolata agli standard internazionali dei diritti umani e al diritto internazionale umanitario», ha dichiarato Patrick Wilcken, esperto di sicurezza di Amnesty International.
Nonostante i progressi compiuti, molti governi continuano a ignorare spudoratamente le regole del trattato, causando così migliaia di morti e feriti nelle aree di crisi. Sarebbe ora che gli stati adempissero ai loro obblighi legali e rispettassero il Trattato sul commercio delle armi, vietando la fornitura di armi ai paesi che notoriamente le utilizzano per commettere genocidi, crimini contro l’umanità o crimini di guerra.
«Nonostante i progressi compiuti, molti governi continuano a ignorare spudoratamente le regole del Trattato, causando così migliaia di morti e feriti nelle aree di crisi», dice Patrick Wilcken, esperto di sicurezza di Amnesty International.
«Se c’è il rischio che le armi vengano utilizzate per perpetrare o promuovere gravi violazioni dei diritti umani o del diritto umanitario internazionale, non devono essere fornite. Gli stati firmatari dell’ATT non devono più sottrarsi ai loro obblighi e devono finalmente attuare le norme», ha dichiarato Patrick Wilcken.
«Gli Stati Uniti – il principale fornitore di armi di Israele – hanno firmato l’ATT. Ciononostante, il governo statunitense continua ad autorizzare ulteriori esportazioni di armi verso il paese, a dispetto delle prove schiaccianti dei crimini di guerra commessi dalle forze armate israeliane».
In Sudan sono state le forniture illegali di armi ad alimentare i disordini, dove i combattimenti tra le Forze armate sudanesi (SAF), le Forze paramilitari di supporto rapido (RSF) e i loro alleati hanno causato la morte di oltre 16.650 persone e sfollato milioni di civili. Questo fa del Sudan il paese con il più alto numero di sfollati interni al mondo. Nonostante questa crisi e l’embargo sulle armi imposto dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite alla regione del Darfur, Amnesty International continua a documentare ingenti spedizioni di armi verso la zona del conflitto.
Secondo il corrispondente speciale sulla situazione dei diritti umani in Myanmar, dal colpo di Stato militare del febbraio 2021, l’esercito ha importato dalla Cina e da altri paesi armi, beni a doppio uso, attrezzature e materiali per la fabbricazione di armi per un valore di almeno un miliardo di dollari. L’esercito del Myanmar ha usato queste armi per attaccare ripetutamente civili e obiettivi civili, distruggendo o danneggiando scuole, edifici religiosi e altre importanti infrastrutture.
Dall’inizio degli anni ’90, Amnesty International, insieme ad altre organizzazioni non governative, si batte per un controllo rigoroso del commercio internazionale di armi.
Traduzione dal tedesco di Maria Sartori. Revisione di Barbara Segato.