(Riflessione di Pasquale Pugliese su ‘Comune.info’)
Oggi c’è chi sui media e tra i politici istituzionali parla di diritto del governo di Israele all’auto-difesa per giustificare l’uccisione di oltre 40 mila palestinesi e il ferimento di 100 mila persone, in gran parte bambini e bambine.
Facendo un ulteriore salto, la neolingua bellicista, con il quotidiano la Repubblica in prima fila, utilizza “negoziato” come sinonimo di “resa”, buttando a mare tutta la teoria e la pratica internazionale di mediazione dei conflitti.
Non contenti inventano la teoria giuridica con la quale il ripudio della guerra previsto dall’articolo 11 della Costituzione vale a giorni alterni…
Come insegna l’antropologo Francesco Remotti a proposito della parola “identità”, ci sono parole il cui abuso rende inutilizzabili, “avvelenate”, perché talmente strattonate e semanticamente dilatate che non significano più nulla ma servono a giustificare tutto e vengono usate come clave contro le ragioni dell’avversario.
Un’altra di queste è la parola “difesa” che ha subìto un analogo processo revisionistico, volto a coprire perfino l’opposto del suo significato che è affine a protezione, tutela, salvaguardia e simili.
Per esempio c’è chi sui media e tra i politici continua a parlare di diritto del governo di Israele all’auto-difesa, volendo significare il presunto diritto ad uccidere oltre quarantamila palestinesi e ferirne centomila, in gran parte bambini, con l’occupazione militare di Gaza – senza calcolare i morti per fame e per malattie – come ritorsione all’attacco terroristico del 7 ottobre scorso da parte di Hamas.
Un governo incapace di proteggere i propri cittadini da un atto terroristico, ossia propriamente di difenderli, ma capace di compiere il genocidio di un popolo – definendolo appunto “autodifesa” – sganciando decine di migliaia di tonnellate di esplosivo su un fazzoletto di terra in dieci mesi di bombardamenti continuativi.
Con la complicità sostanziale dei governi occidentali, nonostante i pronunciamenti della Corte di giustizia internazionale e della Corte penale internazionale.
Uno spostamento lessicale ed argomentativo, ossia logico.