La cultura ha finalmente agganciato la ripresa e il settore, dopo gli anni bui della crisi post-Covid, vede crescere pubblico, fruizione culturale, consumi, occupazione. Il recupero in tutti gli ambiti, già registrato nel 2022, si consolida e avanza non solo rispetto all’anno precedente, ma ritorna quasi completamente ai livelli del 2019, in alcuni casi superandoli. E’ questa la fotografia scattata di recente da Federculture, la Federazione nazionale delle Imprese della Cultura, Regioni, enti locali, e soggetti pubblici e privati che gestiscono i servizi legati alla cultura, al turismo e al tempo libero.
Per il 2023 il quadro della cultura nel nostro Paese è largamente positivo. Il primo dei segnali di ripresa è che torna a crescere la domanda di cultura da parte dei cittadini: la spesa in cultura, ricreazione e sport delle famiglie – in base alle stime preliminari dell’Istat – è stata pari a 101,27 euro mensili contro i 91,94 del 2022, con un balzo avanti del 10%; crescita che rimane alta, +4%, anche se si considera l’aumento dei prezzi che ha inciso per il 5,9% anche sulla spesa familiare mensile complessiva. La voglia di cultura è tornata anche in termini di partecipazione: rispetto al 2022, la fruizione di tutte le attività culturali fuori casa aumenta mediamente di circa una volta e mezzo e, in alcuni ambiti, come nel caso dei concerti (dall’11,2% al 21,7%) quasi raddoppia.
Gli incrementi maggiori si registrano oltre che nei concerti, nel teatro (+63%), nei concerti classici (+50%) nelle visite a musei e mostre (+44%), e ai siti archeologici e monumenti (+43%). La crescita della domanda corrisponde ad una ripresa anche dell’offerta, visibile nei dati sull’occupazione culturale: sono 825mila gli occupati culturali nel 2023, pari a quanti erano nel 2019 prima della crisi e del crollo occupazionale verificatosi nel 2020 (-8%). L’aumento nell’anno dell’1,2% è trainato dalla componente degli occupati nelle professioni culturali in settori non culturali, in salita del 5,5% nel 2023 e del +7,7% rispetto al 2019.
“Seppure in uno scenario decisamente positivo e in crescita, sottolinea Federculture, non si può non segnalare che come spesso accade quando si analizzano i fenomeni che riguardano lo stivale, se si osservano i dati per regione si scopre che non è lo stesso vivere al Nord o al Sud d’Italia. Quello cui si assiste, pure nel “ritorno” degli italiani alla partecipazione alle attività culturali, è una consolidata e “strutturale” differenziazione tra il Nord, o Centro-Nord del Paese e le regioni del Mezzogiorno. In tutti gli ambiti, con rare eccezioni, i livelli di fruizione culturale nelle Regioni del Sud sono circa la metà, se non un terzo, di quelle dei residenti nel Nord.”
Bastano pochi esempi per evidenziare il divario Nord-Sud: in Trentino Alto Adige i residenti che frequentano teatro, musei o concerti sono circa il 30-40% della popolazione, spostandosi in Calabria, Sicilia o Basilicata questi stessi valori oscillano tra il 15 e il 20%. Stessa situazione si rileva nel caso della spesa familiare in cultura: mentre tra il Centro e il Nord i valori sono molto vicini – 122,8 euro al Nord e 117,8 al Centro –, nelle Regioni del Mezzogiorno la spesa delle famiglie in cultura, 58,7 euro, è circa la metà di quella delle famiglie del Centro-Nord, sia in valori assoluti che in termini di incidenza sulla spesa familiare complessiva, e cresce tre-cinque volte meno che al Centro e al Nord. Una minore partecipazione che si riflette anche in quella economica da parte cittadini, enti e imprese al sostegno della cultura: i dati Art bonus, ad esempio, descrivono chiaramente un ampio divario Nord-Sud nelle erogazioni culturali, con una concentrazione del 78% nelle regioni settentrionali e il Sudche riesce ad attrarre meno del 3% delle risorse.
Qui la sintesi dei dati.