I luoghi urbani abbandonati, in rovina, possono anche esercitare una certa seduzione dovuta al tempo che passa. Nelle case diroccate c’è anche un certo fascino, seppure a volta inquietante, ma non v’è dubbio che quasi sempre l’abbandono di luoghi o fabbricati possa determinare insicurezza e degrado, rispetto ai quali le amministrazioni locali fanno sempre più fatica ad intervenire, soprattutto per mancanza di risorse.
Nonostante la possibilità dettata dalla legge, secondo cui tutte le case e gli edifici abbandonati che non vengono utilizzati da oltre 5 anni e per almeno il 90% della struttura possono essere sottratti al proprietario che non provvede a eseguire i lavori e le ristrutturazioni e dati al Comune in cui l’immobile è ubicato, sono sempre di più i ruderi abbandonati in giro per il Paese.
Negli ultimi 12 anni, come certifica Confedilizia, i ruderi, le unità collabenti, ovvero i fabbricati della categoria catastale F/2, che versano in condizione di rovina e degrado, non agibili e spesso non più integri, in Italia sono cresciuti del 123%. Frosinone, Cosenza e Messina non sono le solite aree del Paese che compaiono ai primi posti quando si parla di statistiche immobiliari, che si tratti di compravendite, di prezzi o di valore degli immobili. Sono invece nelle prime tre posizioni nella classifica delle province con più unità collabenti. Ovvero i fabbricati che, secondo il catasto, hanno perduto la loro capacità reddituale, in quanto diroccati o fatiscenti, o addirittura ruderi. Possono essere anche immobili con il tetto crollato o parzialmente demoliti o caratterizzati da un notevole stato di degrado.
“Non stupisce – sottolinea Confedilizia – che siano diffusi soprattutto nelle aree rurali del Paese, lontano dai grandi centri urbani che magari soffrono da decenni la crisi demografica diffusa, con l’esodo di grandi porzioni della popolazione.”
Nella provincia di Frosinone, infatti, sono 31.902 (dati 2023), quasi sei volte in più che nella vicina Città metropolitana di Roma Capitale, dove sono solo 5.709. Nel cosentino e nel messinese se ne contano rispettivamente 22.974 e 18.537, mentre nel milanese, provincia molto più popolosa, solamente 1.764. “Inutile sottolineare – precisa Confedilizia – che se invece analizzassimo i dati sulle abitazioni civili più diffuse, quelle di categoria A/2, troveremmo posizioni invertite. In provincia di Roma ce ne sono 1 milione e 129mila, quasi dieci volte in più che nel frusinate, 128.948.”
Nel complesso in Italia le unità collabenti sono 620.003; la loro presenza, come si è visto, è totalmente slegata dalla numerosità della popolazione e la loro distribuzione rappresenta piuttosto una mappa del disagio economico, sociale e demografico. Del resto, oltre alle province di Frosinone, Cosenza e Messina, ai primi posti vi sono anche quelle di Torino, Cuneo, Foggia, Reggio Calabria, Lecce e Benevento, dove ruderi e immobili fatiscenti sono, in ognuna di esse, tra i 14mila e i 16mila. Si tratta quindi di zone del Mezzogiorno e di aree della regione del Nord in cui la montagna ha sofferto il maggiore declino economico e demografico.
I numeri snocciolati da Confedilizia mostrano chiaramente che, nonostante ruderi e case diroccate siano più diffuse in provincia e nelle aree rurali, di recente hanno cominciato a essere più comuni di prima anche nelle metropoli. Nella città di Napoli, infatti, sono passati dai 225 del 2011 ai 707 del 2023 e nello stesso periodo nel Comune di Roma da 459 a 1.820. Sono ancora meno di quelli presenti in un grande capoluogo con una tradizione di situazioni di degrado come Palermo, 3.810, ma stanno crescendo. A vedere un incremento relativamente basso è solo Milano, dove in 12 anni le unità collabenti sono salite da 280 a 366.
La grandissima maggioranza dei ruderi, l’88,7%, appartiene a persone fisiche; si tratta quasi solo di case, magari appartenute a genitori o nonni e che poi sono passate a eredi ormai trasferitisi altrove. Questa situazione caratterizza un numero crescente di altre abitazioni che sono a rischio di totale abbandono, spesso già inagibili e inabitabili, ma ancora non categorizzate come unità collabenti al catasto, e su cui, quindi, si paga l’Imu a differenza di quelle collabenti che, ricordiamo, sono esentati dal pagamento dell’imposta.
Qui per approfondire: https://www.confedilizia.it/i-ruderi-sono-cresciuti-del-123-in-12-anni/.