Nel 1979 gli Stati Uniti d’America decisero il dispiegamento nei Paesi della Nato dei nuovi missili a testata nucleare Pershing 2 e Cruise, che dovevano contrapporsi ai missili sovietici SS20, installati nei Paesi del Patto di Varsavia.

Gli euromissili, più che mirare a un impossibile equilibrio del terrore tra i due blocchi, servivano ad affermare la propria supremazia militare.

In Europa, nei Paesi della Nato, nacque un movimento di massa contro la guerra che culminò con azioni dirette nonviolente tese a bloccare o perlomeno a rallentare i lavori di costruzione delle nuove basi.

Questa è la seconda puntata del mio diario di allora, quando avevo 18 anni. La prima puntata si trova a questo link.

Comiso, 9 agosto 1983

Ore 8.10

Le menzogne continuano per radio e vengono a guastarmi il risveglio. Mi sono svegliato con il sole! Ieri notte avanzavamo in gruppi, per i campi, verso l’ex aeroporto, illuminati dai bengala.

Ore 23

Purtroppo l’enormità delle cose successe mi impedisce di descrivere quella rete di rapporti umani che ho allacciato in questi giorni.

Ieri ad esempio ho conosciuto un compagno radicale di Firenze, pare sia l’unico del suo partito e una compagna evangelica di Scicli; i giovani delle comunità valdesi e metodiste italiane sono una realtà significativa qui al Campo dell’International Meeting Against Cruise, con le loro canzoni pacifiste… ma ho incontrato tante altre persone che già conoscevo o ho conosciuto in questi giorni.

Tante cose, come mangiare l’uva in piazza, leggere insieme i giornali, fare la strada da Comiso al Campo IMAC a piedi, non sembrano interessanti da annotare, ma seppure semplici, sono molto importanti: bisogna recuperare il gusto di vivere il quotidiano con uno spirito più attento e partecipe.

Questa mattina in una ventina siamo partiti per Ragusa. In pullman c’era una gran voglia di parlare di quanto si era vissuto ieri; era un bisogno molto forte, sono cose che non si possono tener dentro… e più si parla fra di noi di tutto questo, più cresce la determinazione a resistere.

A Ragusa abbiamo manifestato in una cinquantina fuori dal carcere (molti erano rimasti al Campo a Comiso, altri sono già ripartiti) per chiedere la liberazione dei compagni arrestati e per fare giungere loro la nostra solidarietà: “Pace sì, ma quella vera: i pacifisti fuori dalla galera!” forse ci hanno risposto…

La cosa più bella di oggi è stata l’incontro con un ragazzo che fa il servizio di leva nei Carabinieri, ci ha incontrato a Ragusa e voleva parlarci.

Quando c’è stata la carica –  e questo mi è stato poi confermato da un compagno dell’Autonomia – ha gettato il manganello e ha aiutato qualcuno a scappare. “E’ assurdo! Non me lo sarei mai immaginato, è stata una cosa da bestie…” ci ha ripetuto molte volte

Ci ha dato molti particolari: il sergente che caricava con il frustino e incitava i suoi uomini a spaccarci i denti. A lui non risulta nessun poliziotto ferito per gli inesistenti scontri con i pacifisti e i pochissimi contusi si sono fatti male nella foga di pestarci!

La stampa di regime dice altro. “La Sicilia” e il “Corriere della Sera” sono arrivati a parlare di 22 oppure di 34 (un po’ come i numeri del lotto) poliziotti feriti! “Il Giornale” ha parlato di guerriglia urbana!  Così si chiama ora la caccia all’uomo tra i vigneti…

Nel descrivere la motivazione della carica la stampa di regime ha sbizzarrito la propria fantasia imputando ai pacifisti e agli autonomi la responsabilità di provocazioni o di vere e proprie aggressioni!

Il giovane carabiniere ci ha confermato che la carica era già stata decisa e (cosa terribile anche per lui) era attesa con impazienza da molti carabinieri che hanno sfogato con brutalità bestiale un’aggressività costruita e fatta crescere dai loro superiori.

I compagni fermati sono stati massacrati di botte facendoli passare fra due file di agenti che li colpivano con i manganelli prima di farli salire sul cellulare.

Il dramma di questo compagno, di questo giovane carabiniere, è stato grande: i suoi… “camerati” hanno continuato a vantarsi di quello che avevano fatto tranne pochi che tacevano.

Non è riuscito a mangiare, e ieri sera è venuto al Campo IMAC in borghese per vedere le condizioni dei feriti. Tra l’altro un infermiere del nostro servizio sanitario mi aveva consigliato di andare al Pronto Soccorso per via dei segni delle manganellate sui reni, ma mentre ci stavamo organizzando ci è arrivata la notizia che le forze dell’ordine denunciavano tutti quelli che si presentavano in ospedale e abbiamo desistito.

Insomma, questo giovane carabiniere, dopo aver letto le bugie dei giornali, si è deciso a parlare. Rischia molto, ma vuole fare sapere la verità, scriverà ai giornali e, anonimamente, si farà intervistare da Radio Popolare. Non può tacere, ha paura, ma non può tacere!

Hanno paura che si sappia la verità: questo sistema è come un mostro con tante teste o forse senza testa, ma è terribilmente debole, il suo potere si regge sull’ipocrisia e sulla menzogna.

Ho speranza, ho speranza: la verità porta le persone a ribellarsi contro una situazione disumana e disumanizzante! Non possiamo cedere.

*Un’intervista al giovane carabiniere venne pubblicata dalla rivista mensile “Pace e guerra”, diretta da Luciana Castellina, Claudio Napoleoni e Stefano Rodotà.