Nel centenario della nascita di uno dei grandi maestri della nonviolenza, esce per i tipi di Navarra Editore un prezioso libriccino di Maurizio Piscopo, maestro elementare per tutta una vita ma anche fisarmonicista e scrittore, dal titolo inquietante Ci hanno nascosto Danilo Dolci.
“Perché in Italia si parla così poco di Dolci? Perché l’Italia dei contemporanei di Dolci, intellettuali inclusi, negli anni Cinquanta si è così poco e malvolentieri occupata di lui?”, proprio mentre nel resto del mondo egli diveniva un esempio, ricevendo premi su premi e lauree honoris causa e costruendo relazioni e scambi con le migliori menti del Novecento… Da queste domande muove l’Autore per avviare una ricerca documentale e testimoniale densissima.
Ne scaturisce un lavoro che ha almeno due caratteristiche peculiari: la multimedialità e il resoconto di un intreccio di reti tra iniziative di progettazione e partecipazione dal basso condivise, nella Sicilia degli anni Sessanta-Novanta del secolo scorso.
Il volumetto, breve ma intensissimo, copre diversi registri comunicativi, come soleva Dolci, del resto. C’è una bella raccolta di foto, per gran parte dell’Archivio del Centro per lo Sviluppo Creativo “Danilo Dolci”; ci sono le illustrazioni di Tiziana Viola-Massa, i ricordi del figlio Amico Dolci, responsabile del CESIE (Centro Studi e Iniziative Europeo), la difesa di Piero Calamandrei al processo del 1956 per “lo sciopero alla rovescia”, la rassegna dei documentari editi. Ci sono ampi stralci degli scritti di Dolci e delle sue poesie.
Ma io consiglierei di cominciare dallo spartito della composizione per due fisarmoniche di Piscopo, intitolato “Spine Sante”, nome del miserevole quartiere di Trappeto dove il giovane Dolci approdò da Nomadelfia e dove iniziò il suo primo sciopero della fame: un QRcode vi rimanda all’ascolto.
Dunque, era scomodo Dolci: scomodo per i poteri costituiti e per quelli collusi (DC, mafia e Chiesa cattolica preconciliare), ma scomodo anche per il PCI all’opposizione, poiché i suoi percorsi di riscatto prevedevano non la lotta di classe ma la nonviolenza, non l’assoggettamento delle masse alla guida infallibile del glorioso partito ma la maieutica reciproca e la progettazione dal basso.
Citiamo dalla difesa di Calamandrei, riportata da Piscopo: “Il carattere singolare ed esemplare di Danilo Dolci è proprio qui. Di quest’uomo di cultura, che per manifestare la sua solidarietà ai poveri non si è accontentato della parola parlata o scritta, ma ha voluto vivere la loro vita, soffrire la loro fame, dividere il loro giaciglio, scendere nella loro forzata abiezione per aiutarli a ritrovare e a reclamare la loro dignità e la loro redenzione”.
E veniamo così alla seconda peculiarità del libro: attraverso svariate testimonianze, ci restituisce la tessitura di una rete di relazioni tra gruppi e iniziative che vanno oltre Trappeto, Partinico, la scuola di Mirto e il Borgo di Dio.
Dolci svolge la sua “autoanalisi popolare” in alcuni fra i quartieri più degradati del capoluogo siciliano: Danisinni e il Cortile Cascino (e ne nasce il libro Inchiesta a Palermo, che completa Banditi a Partinico); è in contatto con il Centro Sociale San Francesco Saverio all’Albergheria di don Cosimo Scordato, con la Chiesa Evangelica Luterana, con alcuni docenti e studenti della facoltà di Architettura di Palermo.
Ma soprattutto organizza – oltre ad iniziative come la trasmissione della “radio dei poveri cristi” e la “marcia per la pace e il lavoro” di cui più volte si è parlato anche qui – un partecipatissimo Convegno a Palma di Montechiaro fra il 27 e il 29 aprile del 1960, cui Piscopo dedica pagine molto documentate, citando una sequenza amplissima di nomi celebri presenti (da Giulio Einaudi a Giorgio Napolitano, da Bruno Zevi a Franco Ferrarotti insieme con molti altri) e denunciando come “gli atti, incomprensibilmente, per lunghi anni non vennero pubblicati”.
Solo nel 2013, ci rammenta Piscopo, grazie all’Associazione “Peppino Impastato” di Cinisi e all’immane lavoro di lettura, recupero e curatela di tutti i materiali svolto da Pino Dicevi (poeta e autore di Pressenza), è uscito il volume di 464 pagine Danilo Dolci: una vita contro miseria, spreco e mafia.
Al convegno di Palma, ci ricorda ancora Piscopo, intervenne il poeta Ignazio Buttitta che, col cantastorie Ciccio Busacca, recitò il Lamento per la morte di Turi Carnevale, sindacalista ucciso dalla mafia a Sciara nel 1955.
Buttitta in quell’occasione disse: “se la poesia è balsamo, se la poesia è fuoco, allora è necessaria […] il poeta è sempre più avanti nel cammino verso la verità, la giustizia e la bellezza”.
E Dolci fu anche immenso poeta…