Monache e ragazze di periferia; prostitute e madri; modelle e dottoresse: la violenza di genere colpisce tutte, senza esclusione né differenza sociale o culturale. “Quelle brave ragazze” (2024, Gemma Edizioni), è un viaggio nell’oscurità di un fenomeno profondamente radicato, troppo spesso mortale e derubricato a raptus; non considerato come fredda progettazione, come punizione per quelle che non vogliono abbassare la testa. Le donne che parlano in questo libro sono vive seppur ferite; hanno voluto raccontare la loro storia decidendo di varcare la soglia del centro “Marie Anne Erize” di Tor Bella Monaca a Roma, oggi non più attivo. Ma anche gli uomini sono protagonisti dell’opera e non solo quelli maltrattanti: essi si raccontano intimamente, accendendo una luce nel buio omertoso del patriarcato.
Le protagoniste del libro si raccontano senza indulgere nei particolari, ma dando voce all’intimità della loro sofferenza. E’ da segnalare la parte dedicata agli uomini, nella quale è stata raccolta la testimonianza di un gruppo attivo su Roma contro la violenza di genere, che si racconta circa la pressione sociale che crea, spesso in sinergia con alcuni social network, un modello maschile disfunzionale tutto muscoli e testosterone.
Non basta la certezza della pena a fermare un fenomeno sempre più dilagante, così come non sembra non bastino i cortei, i centri antiviolenza, le giornate di sensibilizzazione. Eradicare la violenza di genere è davvero una missione impossibile?
L’autrice Stefania Catallo, è una giornalista che si occupa del femminile e ha già pubblicato libri e articoli sul tema; in questa opera è stata affiancata da Anna Segre, psicoterapeuta e poetessa romana, che ha scritto l’introduzione del libro.
Da notare la bella copertina, opera dell’artista romana Tina Loiodice, anche lei molto sensibile ai temi proposti nell’opera.