C’è un filo rosso che ha simbolicamente unito i due cortei che si sono intrecciati ieri pomeriggio, sabato 6 luglio 2024 a Roma, in una simbolica staffetta di protagonismo solidale.
Nel primo pomeriggio, con il consueto ritardo di un’ora, caratteristico delle mobilitazioni romane, ha preso forma e dignitosa consistenza il corteo promosso dall’Udap, l’Unione Democratico Arabo Palestinese, associazione culturale e politica che mira a promuovere il pensiero laico, democratico e progressista, come scrivono essi stessi.
Basta guardare le ragazze e i ragazzi palestinesi delle prime file per essere certi che davvero non sono disposti a cedere nulla a certo tradizionalismo patriarcale e sessista, che in questi ultimi decenni ha conquistato spazio e visibilità in molti Paesi arabi.
Oltre alla consueta denuncia delle complicità italiane nel genocidio del popolo palestinese, il corteo si è connotato per il rifiuto di considerare alla stregua del terrorismo la resistenza palestinese all’occupazione israeliana. A dare una mano ai giovani palestinesi è lo stesso diritto internazionale, che considera legittima la resistenza anche armata a un’occupazione, fermo restando ovviamente la condanna di ogni crimine di guerra contro civili inermi.
Partendo da queste premesse i giovani dell’Udap si stanno mobilitando a sostegno di tre palestinesi attualmente detenuti in tre diversi carceri italiane con la medesima accusa: associazione con finalità di terrorismo internazionale per presunti atti di resistenza nei territori occupati e sostegno finanziario a una organizzazione della resistenza palestinese, la Brigata Tulkarem.
Sulla questione torneremo perché giovedì 11 luglio 2024 è prevista a Roma un’udienza della Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul ricorso presentato dall’avvocato dei tre palestinesi, che potrebbe portare alla scarcerazione di Anan Yaeesh, rifugiatosi in Italia e finora tutelato dalla protezione umanitaria in quanto militante della seconda intifada, prigioniero in Israele e ferito dopo la liberazione in un agguato dei servizi di sicurezza israeliani in quella che poteva essere una vera e propria. esecuzione extragiudiziale. Con lui sono accusati i suoi due coinquilini Alì Irar e Monsur Doghmosh; tutti e tre sono in carcere da marzo e rischiano l’estradizione in Israele.
Insieme ai giovani palestinesi hanno sfilato alcune centinaia di giovani di Osa e di Cambiare Rotta, militanti di Potere al Popolo, dei sindacati di base S. Cobas, Sgb, Asia USB, Che fare e Fronte Comunista. Significativa la partecipazione delle donne e degli uomini del fronte di Liberazione del popolo (Yvp) dello Sri Lanka e di alcuni gruppi ed associazioni di solidarietà con il popolo palestinese.
Il corteo di solidarietà si è sciolto dopo diversi interventi in piazza dell’Esquilino, non lontano da via del Viminale, sede del Ministero degli Interni.
Senza soluzione di continuità, ma con un parziale cambio dei protagonisti, da piazza dell’Esquilino è quindi partito un secondo corteo di opposizione sociale e ambientale alle politiche della Giunta Gualtieri: le solite mega opere inutili come il nuovo stadio o dannose come l’inceneritore di Santa Palomba e la mancanza viceversa di politiche abitative.
Il corteo era composto da oltre un migliaio di persone, in cui la parte del leone rappresentata dai cittadini (di Santa Palomba e non solo) che si oppongono alla costruzione di un inceneritore e dalle centinaia di occupanti, soprattutto famiglie di immigrati, con numerosi bambini, provenienti da ogni angolo del mondo, che la lotta per la casa ha saldamente unito tra loro, ma anche ai militanti italiani solidali.
In coda al corteo hanno sfilato lungo via dei Fori Imperiali e fino a Piazza Santi Apostoli, in una Roma blindata da un imponente spiegamento di forze dell’ordine, polizia, carabinieri e guardia di finanza, le sigle politiche e sindacali che già avevano partecipato al corteo per la Palestina.
Per molti studenti liceali e degli istituti superiori presenti si è trattato di un sabato di vera e propria full immersion nella solidarietà internazionalista e popolare.