Dichiarazione congiunta di alcuni Rappresentati del governo USA che si sono dimessi per la politica americana nei confronti di Gaza, Palestina ed Israele
Siamo ex funzionari governativi statunitensi che abbiamo rassegnato le dimissioni dai nostri incarichi negli ultimi nove mesi a causa delle gravi preoccupazioni per l’attuale politica statunitense nei confronti della crisi di Gaza e, più in generale, per le politiche e le pratiche statunitensi nei confronti di Israele e Palestina. Siamo esperti in materie che pertengono alle varie agenzie di governo. Siamo una comunità multiconfessionale e multietnica di professionisti e patrioti dediti a servire gli Stati Uniti d’America, il loro popolo e i loro valori. Che si tratti del servizio civile o estero, delle forze armate o di incarichi politici, ognuno di noi ha giurato di proteggere e difendere la Costituzione degli Stati Uniti e, nel momento in cui la nostra nazione celebra il Giorno dell’Indipendenza [il 4 luglio, ndr], ciascuno di noi ha ben chiaro che ci siamo dimessi dal governo non per porre fine a quel giuramento, ma per continuare a rispettarlo; non per porre fine al nostro impegno al servizio pubblico, ma per estenderlo.
Ciascuno di noi, individualmente, ha preso la triste e difficile decisione di dimettersi in base alle specifiche circostanze che si è trovato ad affrontare in momenti diversi durante gli ultimi nove mesi nell’ambito del proprio lavoro. Ma oggi siamo uniti nella comune convinzione che la nostra responsabilità collettiva sia alzare la voce.
La politica dell’Amministrazione Biden a Gaza è un fallimento oltre che una minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. La copertura diplomatica dell’America e il continuo flusso di armi verso Israele hanno assicurato la nostra innegabile complicità nelle uccisioni e nella fame forzata della popolazione palestinese assediata a Gaza. Questo non solo è moralmente riprovevole e in chiara violazione del diritto umanitario internazionale e delle leggi statunitensi, ma ha reso un bersaglio anche la stessa America. Questa politica intransigente mette a rischio la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e le vite dei nostri stessi militari, oltre che dei nostri diplomatici, come è già stato evidente con l’uccisione di tre militari americani in Giordania a gennaio e con le evacuazioni delle strutture diplomatiche in Medio Oriente; inoltre, rappresenta un rischio per la sicurezza dei cittadini americani sia in patria che all’estero. Nonostante ciò, le scelte dell’Amministrazione hanno continuato a minacciare gli interessi degli Stati Uniti in tutta la regione. Anche gli interessi politici ed economici della nostra nazione nella regione sono stati significativamente danneggiati, mentre la credibilità degli Stati Uniti è stata profondamente compromessa a livello mondiale proprio nel momento in cui ne abbiamo più bisogno, ora che il mondo si trova in una nuova era di competizione strategica.
Più nello specifico, questa politica fallimentare non ha raggiunto nessuno degli obiettivi preposti: non ha reso più sicuri gli israeliani, ha incoraggiato gli estremismi ed è risultata devastante per il popolo palestinese, assicurando un circolo vizioso di povertà e disperazione, con tutte le implicazioni del caso per le generazioni a venire. Come gruppo di americani impegnati a servire il nostro Paese, insistiamo sul fatto che esiste un altro modo. In questa dichiarazione descriviamo la crisi attuale, spieghiamo ciò che abbiamo visto e ci rivolgiamo all’Amministrazione Biden con proposte politiche che, sulla base della nostra vasta esperienza di governo, riteniamo debbano essere adottate, anche per garantire che un fallimento politico catastrofico come questo non possa mai più ripetersi. Infine, ma con la più profonda devozione, ci rivolgiamo alle migliaia di brave persone rispettabili che sono ancora al governo e che quotidianamente si trovano a confrontarsi con scelte difficili sul piano morale e personale.
La crisi attuale
Le scelte politiche degli Stati Uniti hanno generato un disastro. Il primo e più importante è la catastrofica e rapida escalation della crisi umanitaria che il governo israeliano ha creato per il popolo palestinese, per cui gli errori provocati dalla burocrazia americana sono stati pagati con il sangue di uomini, donne e bambini innocenti. Ad oggi, oltre 37.000 palestinesi sono stati uccisi, la maggior parte delle infrastrutture civili e umanitarie è stata distrutta, migliaia di persone innocenti sono ancora disperse sotto le macerie e milioni di persone continuano ad affrontare una carestia creata di proposito, con le restrizioni arbitrarie imposte da Israele su cibo, acqua, medicine e altri beni umanitari essenziali. Eppure, invece di ritenere il governo di Israele responsabile per l’impedimento arbitrario dell’assistenza umanitaria, gli Stati Uniti hanno tagliato i fondi al principale fornitore di assistenza umanitaria a Gaza: l’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite per i palestinesi.
In secondo luogo, notiamo con ulteriore preoccupazione e tristezza che la politica degli Stati Uniti per molti anni, ma in particolare dal mese di ottobre 2023, non solo ha contribuito all’immenso danno sul fronte umanitario, ma ha fallito in relazione all’intento dichiarato: contribuire alla pace e alla sicurezza di tutti in Medio Oriente, e in particolare di Israele. Invece di usare la nostra immensa influenza per creare dei binari in grado di guidare Israele verso una pace giusta e duratura, abbiamo assecondato le sue azioni autodistruttive che hanno aggravato il pantano politico in cui si trova e contribuito al suo duraturo isolamento globale; non c’è un accordo regionale, né un accordo con regimi autocratici, né alcuna iniziativa diplomatica a parte la risoluzione del diritto palestinese all’autodeterminazione, che possano fornire a Israele una reale sicurezza.
In terzo luogo, le politiche statunitensi su questo punto sono state profondamente dannose non solo per le relazioni degli Stati Uniti nella regione, ma anche per la nostra credibilità a livello globale, la credibilità dei valori statunitensi e la credibilità dell’Occidente – una situazione particolarmente pericolosa nel contesto di competizione strategica di questo momento storico. Non solo abbiamo inflitto danni profondi e duraturi alle nostre relazioni nella regione, e destabilizzato il Medio Oriente, ma le nostre politiche nei confronti di Gaza ci hanno portato a raddoppiare il nostro sostegno alle fragili autocrazie regionali come copertura contro l’opinione pubblica. Al tempo stesso, sulla scena mondiale, chi potrà non considerarci ipocriti quando gli Stati Uniti condannano i crimini di guerra russi mentre armano e scusano incondizionatamente quelli di Israele? Chi potrà esimersi dal deridere il Segretario Blinken, quando descrive «l’ordine internazionale basato sulle regole» e contemporaneamente lo indebolisce a favore di Israele? Una vera tragedia, dopo l’impegno pluridecennale degli americani per costruire quell’ordine.
Che cosa non ha funzionato?
Ognuno di noi ha avuto esperienza diretta della quantità di fallimenti a livello di procedure, di leadership e nei processi decisionali che hanno caratterizzato la risposta intransigente alla continua calamità di questa Amministrazione. Presi tutti insieme, questi elementi dipingono il quadro di una serie di problemi sovrapposti e sistemici nell’approccio politico di questa Amministrazione e una serie di avvertimenti che sono rimasti inascoltati.
Nella nostra collettiva esperienza, abbiamo assistito per anni all’insabbiamento delle preoccupazioni circa la situazione dei diritti umani da parte di Israele e sul fallimento degli accordi di Oslo e della politica statunitense più in generale. Abbiamo visto spegnersi il dibattito all’interno del governo; i fatti distorti; le leggi aggirate e deliberatamente ignorate, persino violate, e gli avvocati fare gli straordinari per evitare di attuare fedelmente la legge. Come dentro un mondo al contrario, abbiamo visto l’America correre ad armare Israele pur sapendo che i civili vengono massacrati con le armi statunitensi, e che gli sforzi per condividere l’intelligence con Israele hanno contribuito a questa catastrofe. Abbiamo assistito a proteste pacifiche contrastate con rancide accuse di antisemitismo e con la violenza, mentre un’Amministrazione che in precedenza si era battuta per la libertà di espressione nei campus universitari è rimasta a guardare mentre veniva soppressa. Abbiamo visto come il sostegno incondizionato degli Stati Uniti alle operazioni militari israeliane a Gaza ha minato la difesa dei diritti umani in Medio Oriente, e alienato il sostegno dei nostri sostenitori regionali ai nostri diplomatici. Abbiamo visto un governo statunitense che disumanizza sia i palestinesi che gli ebrei, rendendo i primi vittime delle sue armi e i secondi capri espiatori della sua macchina da guerra. Abbiamo visto un’Amministrazione disposta a mentire al Congresso e un Congresso che punisce la verità.
Le nostre esperienze individuali e comuni dimostrano che l’Amministrazione ha dato priorità alle opinioni politiche rispetto a legiferare in modo giusto ed equo; al profitto invece che alla sicurezza nazionale; alle falsità invece che ai fatti; alle direttive invece che al dibattito; all’ideologia invece che all’esperienza; e agli interessi particolari invece che all’equa applicazione della legge. L’impatto di queste ingiustizie ha causato la morte di decine di migliaia di palestinesi innocenti, il che mostra chiaramente al mondo quali sono le vite che contano, e quali invece no, per i decisori della politica degli Stati Uniti. Come membri del governo degli Stati Uniti, ognuno di noi è stato testimone di questa abrogazione dei valori americani, che ci ha portato a rassegnare le dimissioni.
Cosa si può fare?
- Un principio fondamentale, e il primo passo per correggere la politica statunitense, è che il governo degli Stati Uniti rispetti fedelmente la legge. È evidente che l’Amministrazione sta volontariamente violando diverse leggi e sta tentando di negare o distorcere i fatti, utilizzando scappatoie o manipolando le procedure per assicurare un flusso continuo di armi letali a Israele. Come praticamente tutte le organizzazioni internazionali per i diritti umani credibili e indipendenti hanno appurato, ci sono state chiare e gravi violazioni dei diritti umani da parte di alcune unità delle forze di sicurezza israeliane, risalenti a ben prima del 2023, che dovrebbero costringere a determinare l’inammissibilità ai sensi delle Leggi Leahy. Come hanno identificato diverse organizzazioni umanitarie credibili, Israele ha anche ostacolato e continua a ostacolare arbitrariamente l’assistenza umanitaria finanziata dagli Stati Uniti, il che dovrebbe far scattare la sospensione dell’assistenza alla sicurezza ai sensi della sezione 620I del Foreign Assistance Act. Un governo che agisce al di sopra o al di fuori delle leggi stabilite dai governi eletti non è un governo fedele alla Costituzione, né agli impegni assunti nei confronti del popolo degli Stati Uniti.
- In secondo luogo, crediamo che il governo degli Stati Uniti debba usare tutte le leve necessarie e disponibili per concludere immediatamente il conflitto e ottenere il rilascio di tutti gli ostaggi, siano essi gli israeliani rapiti il 7 ottobre o le migliaia di palestinesi, molti dei quali bambini, che si trovano in detenzione amministrativa israeliana senza alcuna accusa.
- In terzo luogo, riteniamo che gli Stati Uniti debbano impegnare i fondi e il sostegno necessari per garantire un’immediata espansione dell’assistenza umanitaria alla popolazione di Gaza e la ricostruzione di quel territorio: si tratta di un obbligo morale, dato che i danni e la distruzione finora, sono stati in gran parte causati dalle armi americane.
- In quarto luogo, riteniamo che gli Stati Uniti debbano annunciare immediatamente che la loro politica sarà quella di sostenere l’autodeterminazione del popolo palestinese e la fine dell’occupazione militare e degli insediamenti, anche in Cisgiordania e a Gerusalemme Est.
- In quinto luogo, riteniamo che sia urgente cambiare la mentalità e le strutture organizzative che hanno determinato l’attuale approccio statunitense. Ciò comprende il rafforzamento dei meccanismi di supervisione e responsabilità del potere esecutivo, una maggiore trasparenza per quanto riguarda il trasferimento di armi e le delibere legali, il porre fine alle pratiche di soppressione ed emarginazione delle voci critiche e il cambiamento delle leggi attraverso il processo legislativo; ci impegniamo a lavorare con i rami esecutivo e legislativo per dettagliare e perseguire tali riforme.
- Infine, riteniamo che la libertà di espressione sia a rischio in questo Paese e abiuriamo le pressioni politiche all’interno dei college e delle università in particolare, che hanno portato a una risposta militarizzata della polizia alle proteste pacifiche, e chiediamo al Governo degli Stati Uniti, compresi i Dipartimenti dell’Istruzione e della Giustizia, di adottare tutte le misure necessarie per proteggere la libertà di espressione e di manifestazione non violenta.
Il messaggio ai nostri ex colleghi:
La vostra voce è importante. Vi scriviamo con la speranza che usiate le vostre posizioni per amplificare gli appelli alla pace e ritenere le vostre istituzioni responsabili della violenza in corso in Palestina. Ringraziamo coloro che lavorano giorno dopo giorno per sollecitare politiche giuste ed eque che proteggano le vite di tutti. Riconosciamo gli ostacoli sistemici che affrontate sia mentre svolgete il vostro lavoro, sia quando pensate di lasciarlo. Ci stringiamo in particolare attorno a coloro che rappresentano la diversità dell’America e che sentono che la loro voce è stata esautorata, ignorata e minimizzata. Siamo con voi e sappiamo che un modo migliore è possibile, ma solo quando saremo tutti abbastanza coraggiosi da sfidare le istituzioni e le forze obsolete che tentano di metterci a tacere.
Vi incoraggiamo a continuare a insistere. Secondo la nostra esperienza, nessun dettaglio decisionale è troppo secondario per essere messo in discussione, e quindi, mentre siete al servizio del governo, usate la vostra voce, scrivete lettere ai responsabili dei vostri dipartimenti ed esprimete il vostro disaccordo ai colleghi. Il solo fatto di parlare ha una reazione a catena che può ispirare altri a farsi sentire. L’unione fa la forza e vi esortiamo a non essere complici. Vi incoraggiamo a consultare i vostri ispettori generali, i vostri consulenti legali, i membri del Congresso competenti e altri canali protetti, per mettere in dubbio la veridicità e/o la legalità di azioni o scelte politiche specifiche. Ci sono risorse e sostenitori, compresi tutti noi, che possono aiutarvi ad affermare la vostra verità.
Concludiamo con la saggezza del dottor Martin Luther King nel suo messaggio sulla guerra del Vietnam, così significativo ancora oggi:
«la spinta a parlare è spesso una vocazione di agonia, ma dobbiamo parlare […] perché abbiamo profondamente bisogno di una nuova strada, oltre l’oscurità che sembra così vicina intorno a noi».
Che tutti noi possiamo avere il coraggio morale di parlare e spingere per un mondo migliore, per un’America migliore.
Firmato, la settimana del 4 luglio 2024:
Traduzione dall’inglese di Daniela Bezzi. Revisione di Mariasole Cailotto.