È venuto a mancare lo scorso 9 luglio Silvano Tartarini, storico esponente del movimento per la pace italiano. Già militante di Lotta Continua, tra i promotori, insieme con Carlo Cassola, della campagna per il disarmo unilaterale, protagonista dell’esperienza dei Berretti Bianchi e, insieme con questi, della Rete dei Corpi Civili di Pace, poi IPRI-CCP (Istituto Italiano di Ricerca per la Pace – Corpi Civili di Pace), è stato, con Alberto l’Abate, protagonista dell’esperienza dell’Ambasciata di Pace a Baghdad, ai tempi della prima Guerra del Golfo, e, ancora con Alberto L’Abate e altri protagonisti e protagoniste del movimento italiano per i Corpi Civili di Pace, delle campagne per la difesa civile e la difesa popolare nonviolenta. 

Lo ricordiamo riproponendo uno dei suoi scritti più importanti, proprio sul tema della “Ambasciata di Pace: definizione, compiti e linee operative”. Il testo, peraltro di grande attualità, fu pubblicato la prima volta nel n.15 di Guerre & Pace, settembre 1994, ed è ora, con una ricca documentazione, disponibile in questo link:

 

L’Ambasciata di pace è, a un tempo, la presa d’atto dei nuovi compiti del movimento pacifista (oggi che l’intervento armato è di fatto uno strumento della politica dei governi – in particolare di quello americano – e che la NATO tenta di sostituirsi al ruolo dell’ONU) e il tentativo di dotare il movimento pacifista internazionale e, quindi, le popolazioni del nostro pianeta di uno strumento nuovo di opposizione reale alla guerra. Questo progetto si muove idealmente sulla stessa linea di altri interventi precedenti (Volontari di pace in Medio Oriente, Beati i Costruttori di Pace, Associazione Papa Giovanni XXIII, Gulf Peace Team e altri) che avevano cercato e cercano di opporsi alla guerra costruendo embrioni di forze di interposizione e percorsi di diplomazia popolare.

Natura

L’Ambasciata di pace è uno strumento della diplomazia dei popoli. Il suo nome completo è:

AMBASCIATA DI PACE – CENTRO INTERNAZIONALE DI DIPLOMAZIA DEI POPOLI sede di  … … 

In quanto diplomazia dei popoli, l’ambasciata di pace deve essere autonoma da tutti i governi sia finanziariamente che politicamente. L’ambasciata di pace è uno strumento della società civile e delle popolazioni e da queste sole deve trarre le sue linee di lavoro e di finanziamento. E’ tuttavia possibile e augurabile che alcune istituzioni locali, nazionali o internazionali aiutino, di volta in volta e in varie forme, l’attività dell’ambasciata di pace, senza, tuttavia, risultare mai determinanti.

Per società civile s’intende, nell’immediato, fare riferimento a tutte quelle organizzazioni internazionali e non che operano sul nostro pianeta nei più diversi settori del volontariato e che intendano oggi farsi carico di questo compito.

Compiti dell’Ambasciata di Pace

1) Aprire e consolidare le comunicazioni tra i popoli. È il primo dei compiti dell’ambasciata di pace. Si tratta di far conoscere tra di loro popolazioni diverse, superando le difficoltà che, spesso, i governi frappongono. Si tratta di lavorare alla costruzione di solide relazioni sociali e umane che siano in grado di opporsi, un domani, alla costruzione dell’immagine del nemico (scambi culturali, religiosi, artistici ed economici su basi equo-solidali). Su questa linea si tratta, in particolare, di opporsi all’embargo usato a fini di potenza (embargo come strumento di guerra).

2) Aiutare le popolazioni che, in seguito a guerre, esodo forzato, embargo, epidemie o disastri ambientali, si trovano in stato di bisogno (aiuti umanitari). In particolare, in presenza di un numero elevato di profughi, è necessario lavorare per evitare la divisione dei nuclei familiari e l’invio delle persone in posti non desiderati. Se possibile, bisogna al contempo lavorare per evitare il soggiorno, per un lungo tempo, di troppe persone in un unico posto.

3) Essere strumento di supporto logistico e organizzativo per tutte le ONG che intendano contribuire alla pace con aiuti umanitari diretti, in specifico, ai profughi o, più in generale, alle popolazioni colpite dalla guerra.

4) Informare correttamente la Comunità internazionale sulle condizioni di vita delle popolazioni, sull’eventuale non rispetto dei diritti umani, che può avvenire all’interno, da parte di gruppi o del governo, e dall’esterno, a causa di aggressioni militari o economiche. Il ruolo dell’informazione, importantissimo in genere, lo diventa di sicuro in periodo pre-bellico. È allora che una corretta informazione, sufficientemente diffusa, può svolgere un reale compito di interposizione tra le parti in conflitto (Osservatorio Permanente di Pace).

5) Con la realizzazione dei quattro precedenti punti, l’Ambasciata di Pace – Centro Internazionale di Diplomazia dei Popoli raggiunge il proprio obiettivo centrale che è quello di lavorare per PREVENIRE I CONFLITTI TRA I POPOLI presentando, di volta in volta, alla Comunità Internazionale proposte di mediazione di conflitto.

Linee di lavoro operative

L’Ambasciata di pace, oltre che disporre, se non di un riconoscimento, almeno di un’accettazione del Paese ospite, deve prendere contatti con eventuali organismi dell’ONU presenti sul territorio e soprattutto con associazioni, gruppi, partiti politici e autorità civili e religiose. In assenza di tutto questo (in realtà dittatoriali duramente repressive) deve riuscire a rapportarsi direttamente alla popolazione attraverso i meccanismi dell’aiuto umanitario mirato e della difesa dei diritti umani calpestati.

Il fine è quello di essere in grado, all’occorrenza, di conoscere a fondo i problemi e di disporre della sufficiente credibilità per favorire il metodo negoziale nella soluzione del conflitto. PER SOSTENERE IL METODO NEGOZIALE SEMPRE E’ NECESSARIO CHE L’AMBASCIATA LAVORI SULLA VOLONTA’ DI PACE DELLA GENTE CHE SUBISCE LA GUERRA.

Gli strumenti di queste linee di lavoro sono sostanzialmente due:

  1. a) la capacità di ascolto
  2. b) la capacità di dare aiuto.

Capacità di ascolto:

è la capacità che possiamo riassumere con la volontà di non rappresentare mai noi stessi, di non parlare di noi, bensì di avere sempre presente la nostra necessità di conoscere gli altri. Bisogna sempre ricordarsi che, fuori di questa necessità, non esiste un interesse dell’ambasciata di pace; perché non è possibile opporsi alla guerra non avendo a cuore il bisogno di conoscere l’altro. Senza questa conoscenza, inoltre, ci sarà impossibile costruire solidarietà per tentare di opporci alla guerra.

Capacità di dare aiuto:

è indubbio che qualsiasi ambasciata di pace, anche la peggio organizzata, avrà una certa capacità di dare aiuto. Ma per essere veramente produttivo, questo aiuto dovrà distribuirsi e interporsi; sarà necessario cercare di vedere e capire i problemi dalle diverse angolazioni delle parti in conflitto, perché l’intervento dell’ambasciata di pace deve tendere a costruire, fuori e dentro il paese in cui opera, solidarietà per tutti e non solo per una parte. Da questo atteggiamento dipenderà molto della fiducia che le popolazioni potranno riporre nell’ambasciata di pace.

Per non incrinare la solidarietà tra i singoli e le popolazioni dovremo sempre attenerci a questa regola: NON PROMETTERE MAI QUELLO CHE NON SIAMO SICURI DI POTER MANTENERE.

Riferimento alle ONG locali:

l’Ambasciata, quale Centro Internazionale di Diplomazia dei popoli, deve, nello svolgimento del suo lavoro, fare riferimento alle ONG locali o a gruppi a queste assimilabili, sollecitando e adoperandosi per la costruzione di commissioni di lavoro miste e paritetiche sui temi della pace e dell’intervento solidale (LA PACE SECONDO I POPOLI). A queste commissioni dovrebbe essere affidato il compito di individuare in concreto tutte le azioni da svolgere sul territorio (aprire le comunicazioni, solidarietà e diplomazia popolare). La capacità di individuazione e di scelta degli interlocutori per le Commissioni di lavoro e l’attività dell’Osservatorio di Pace rimangono compito precipuo dell’Ambasciata.