Un’interrogazione parlamentare per chiedere spiegazioni sulle promesse non mantenute della presidente del Consiglio dei Ministri in merito ai ricongiungimenti per i familiari della tragedia di Cutro. Ad annunciarla è stata l’onorevole Laura Boldrini, presidente del Comitato permanente sui diritti umani nel mondo, istituito presso la Commissione Esteri della Camera, al termine dell’audizione di rappresentanti della Rete 26 febbraio, in merito all’indagine conoscitiva sull’impegno dell’Italia nella comunità internazionale per la promozione e tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni. In particolare, è stato approfondita la situazione dei diritti umani in Afghanistan, con riferimento alla condizione dei rifugiati e dei richiedenti asilo.

“Tutte le associazioni e le Ong ascoltate dal Comitato nella giornata di oggi – ha detto Boldrini – hanno lanciato lo stesso appello: non abbandonare gli afghani al loro destino in attesa di un cambio di governo. Dobbiamo trovare la via diplomatica perché altrimenti si rischia di penalizzare tutto il popolo afghano a una punizione collettiva, con previsioni drammatiche per i prossimi tempi. Non possiamo recepire questo grido di allarme. Per questo, ci mobiliteremo, faremo una interrogazione in cui chiederemo spiegazioni in merito a tutte queste promesse non mantenute”.

Le parole della presidente del Comitato sono arrivate dopo aver ascoltato l’intervento di Scigliano e le testimonianze di Gulaqa Jamshidi e Zahra Barati, due rifugiati afghani, che nella tragedia di Cutro hanno perso i loro cari. Entrambi hanno più volte precisato di parlare a nome di tutti i familiari delle vittime di quel terribile naufragio.

Professore universitario e capo dell’ufficio del governatore di Herat durante l’era repubblicana, ex candidato al Parlamento afghano, oggi Jamshidi è rifugiato politico. Insieme alla moglie e ai tre figli vive in provincia di Taranto: “Per sostenere la mia famiglia – ha spiegato -, lavoro quotidianamente nel settore agricolo, e sono stato escluso dal progetto Sai per un po’, anche se non ho nessun lavoro che posso svolgere tutti i giorni. Anche mia moglie è disoccupata. Vorrei sfruttare questa opportunità per ricordarvi che la situazione sociale, culturale, politica ed economica dell’Afghanistan è caotica e instabile e che il popolo afghano è sottoposto a varie pressioni.  I diritti umani vengono violati apertamente e di fronte al mondo.  Le donne del mio Paese non hanno i loro diritti più bassi e sono addirittura private del diritto all’istruzione e al lavoro. Sono più di mille giorni che viene loro negato il diritto di andare a scuola e all’università”.

Jamshidi ha anche raccontato la storia di suo cugino, Kakaim Wazir Ahmed Zainel, “uno dei più importanti ufficiali di sicurezza del governo repubblicano nella città di Herat, che aveva una collaborazione diretta con le forze della Nato, in particolare con i soldati italiani”. Dopo il cambiamento politico in Afghanistan, l’uomo era fuggito prima in Iran e poi in Turchia, in attesa che il governo italiano lo aiutasse a trasferirsi con la famiglia in Italia. In mancanza di risposte concrete, nonostante le promesse, ha deciso di affrontare la traversata in mare, ma né lui né la sua famiglia ce l’hanno fatta: sono morti a pochi metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro, il 26 febbraio 2023. “In un incontro con la presidente del Consiglio dei Ministri ci era stato garantito il ricongiungimento dei familiari delle vittime in Italia. Ma ad oggi, questo non è ancora avvenuto” ha denunciato Jamshidi, che si è poi rivolto ai parlamentari italiani: “Non lasciate solo il popolo afghano fino a quando non si insedierà un governo democratico, legittimamente eletto, impegnato nell’attuazione della giustizia, del diritto, della libertà e della democrazia. Desidero che possiate anche seguire più da vicino la questione dei trasferimenti dei familiari delle vittime e delle condizioni dei rifugiati in Italia”.

A confermare la gravità dell’attuale situazione politica e sociale in Afghanistan anche Zara Barati, la quale ha ricordato che, in assenza di corridoi umanitari per raggiungere l’Europa, le persone tentano strade non sicure, come le traversate via mare: “Vorrei che l’Unione Europea creasse vie legali per i rifugiati afghani in modo che possano venire in Europa legalmente e senza rischiare la vita, come invece ha dovuto fare mio fratello, che era sulla barca naufragata a Cutro ed è morto”. L’uomo avrebbe voluto far arrivare in Europa anche il resto della sua famiglia “ma purtroppo questo desiderio non si è realizzato”. La giovane ha infine ricordato che “la situazione attuale in Afghanistan è estremamente grave, soprattutto per le ragazze e le donne: non hanno il diritto di studiare, lavorare e prendere decisioni, e sono imprigionate nelle loro case”.

Al termine degli interventi, Boldrini ha evidenziato: “Quello che abbiamo ascoltato oggi solleva più questioni: le condizioni di vita difficilissime per i rifugiati in Italia, le promesse non mantenute nei confronti dei collaboratori afghani della Nato che non sono stati trasferiti in sicurezza fuori dal Paese e quelle non mantenute dal presidente del Consiglio nei confronti dei familiari delle vittime della tragedia di Cutro per venire in Italia”. Accogliendo, dunque, l’appello Gulaqa Jamshidi e Zahra Barati e a non abbandonare il popolo afghano, ha così annunciato l’interrogazione parlamentare per “chiedere spiegazioni su queste promesse mai mantenute”.

Nel successivo dibattito sono poi intervenuti, supportando le richieste dei familiari, i deputati Fabio Porta e Lia Quartapelle, membri effettivi della Commissione, e i deputati Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli.

Rete 26 febbraio