Prova disgusto per l’intero sistema editoriale. Un sistema che prevede talmente tanti passaggi e spese, che alla fine all’autore arriva una percentuale minima del prezzo di copertina (quando gli arriva, cioè quando vende abbastanza e l’editore è onesto), mentre è lui il perno della filiera, quello senza il quale il libro non ci sarebbe. Un giorno, dopo aver pubblicato con vari editori ed essere in trattative con Mondadori, non perché frustrato ma perché indignato, decide di mettersi in proprio e fondare una casa editrice. Nome: Stocazzo. Un atto di protesta. Uno sberleffo. Di più: un sano “calcio nel culo” alla Lenny Bruce, perché il diventare editore di se stesso (dodici libri ad oggi, che diventeranno sedici il mese prossimo, più un libro di favole) ha dei risvolti – e ritorni – pratici, economici, e rischia di trasformarsi in un esempio da imitare. 

In questi giorni Maurizio Sbordoni è nel delirio, perché «come sempre quando la rete si accorge della mia esistenza» arrivano ordini su ordini, e lui ogni volta che non riesce a inviare subito scrive o telefona ai lettori, si scusa, spiega: il contatto è sempre personale, diretto.

 

Perché c’è stata questa fiammata virtuale?

Per l’agenda, che si continua a vendere anche se l’inizio dell’anno è passato da un pezzo. È stata definita “pronipote di giornali satirici come Il Male e Cuore”. In tre colori, verde, verde chiaro e fucsia, il logo della casa editrice in copertina e tante pagine bianche. È subito diventato un oggetto da regalare o collezionare, come anche i miei libri. 

Spero che vengano anche letti, i tuoi libri…

Molti sì, alla fine li leggono. Ma non li comprano per leggerli. Li tengono magari sul comodino, e ridono. Li comprano come fossero dei gadget. La mia scommessa era proprio trovare una chiave di marketing che attirasse, per questo il nome della casa editrice e titoli come «Stavo soffrendo ma mi hai interrotto», «Le montagne russe sono per i principianti. Fatevi un giro nella mia testa, se avete coraggio», «Ma come fanno i pesci rossi a girare in una boccia di vetro senza impazzire?». Naturalmente sono tutti belli. «Stavo soffrendo…» ha venduto, con il  precedente editore San Paolo, una marea di copie tra giugno e inizio agosto 2013, poi dal momento che il distributore interno è andato in ferie fino a novembre, il mio libro non si è trovato più da nessuna parte. Capisci che meccanismo perverso?

Raccontami di te. Quando sei nato e dove, che facevi prima.

Nato il 5 febbraio del ’69, sono un ex ricco di Roma Nord. Ex da diversi anni. La mia famiglia si occupa di edilizia ma io volevo soltanto scrivere. Per tanti anni ho potuto permettermi di giocare, poi sono cresciuto, ho capito tante cose e tra queste quanto sia ingiusta la filiera editoriale. Se ho creato la Stocazzo, nel 2020, è proprio per una battaglia culturale. Il nome è una chiara provocazione, non più una parolaccia da anni, ma un intercalare romano dilagato in tutta Italia, eppure ci sono persone che hanno OSATO escludermi dalle loro fiere perché è un termine che ritengono offensivo. Però non ritengono offensivo non pagare gli autori, pubblicare libri con caratteri illeggibili, far rivedere le bozze a stagisti che lavorano gratis su decine di testi alla volta e si fanno comprensibilmente scappare centinaia di refusi. 

Però alle fiere partecipi. Anche a quelle non propriamente editoriali.

Nel 2023 abbiamo partecipato, tra le fiere non di settore, a Cosmo Donna, dedicata alla cosmesi e al mondo femminile (sono le donne le più forti lettrici), e a Gardacon, dedicata al fumetto, ai video giochi e ai social media, paradiso dei Nerd, uno degli appuntamenti più importanti dopo Lucca Comics. Le persone si avvicinano agli stand molto divertite, in quattro anni di attività saranno stati in tre e non di più, a manifestare un qualche fastidio per il nome della casa editrice. 

Alcuni pensano che Stocazzo nasca dal rancore verso gli editori che avrebbero rifiutato i tuoi scritti. Invece non è così.

Per niente. Mi sono ritenuto insultato, e con me lo sono tutti gli autori, ma non da rifiuti, che non ci sono mai stati, quanto proprio dal trattamento che ci viene riservato, dal sistema. Il punto di rottura e la vera presa di coscienza ci sono state quando, con un libro che stava andando benissimo, mi sono trovato a dovermi pagare da solo le trasferte per andare a presentarlo in giro, a vedere che l’e-book aveva un prezzo spropositato quando non costa che 15/20 centesimi all’editore, a capire che il distributore aveva una percentuale molto più alta della mia, che fanno lavorare stagisti non pagandoli con la scusa che imparano. La mia casa editrice l’e-book lo regala a chi compra il cartaceo e tutti vengono pagati, stagisti compresi.

Ma le librerie…? Il contatto diretto che hai con i tuoi lettori/acquirenti le esclude completamente, non è un peccato?

Diciamo la verità: le librerie sono state e sarebbero luoghi bellissimi, ma ormai non hanno più un’anima. Ci sono commessi che fanno quel lavoro per caso, vendono libri come venderebbero magliette o tramezzini, e non sanno nulla, non leggono neanche i bugiardini delle medicine. I libri esposti e consigliati sono quelli dei soliti noti che vanno in tv tutto l’anno. 

Una cosa curiosa nel tuo sito è il modellino della Porsche Carrera che stai colorando a poco a poco, seguendo il ritmo delle vendite. Spiegami questa storia.

Quando, non per mio merito, ero ricco, ho avuto sette Porsche. Non mi interessavano particolarmente, ma era la macchina che avevano i giovani benestanti di Roma Nord. Il ramo della mia famiglia che continua a lavorare nell’edilizia può ancora permettersi queste auto, e allora io voglio ricomprarne una con i guadagni dei miei libri, sorteggiarla tra i lettori e con il vincitore andarci sotto l’ufficio di mio cugino Alessandro, ai Parioli, per mostrargli il dito medio, dopo aver suonato il clacson per farlo affacciare, senza scendere dalla suddetta. Questo accadrà quando il modellino del sito sarà tutto colorato.

Perché questo odio per Alessandro?

Tutti odiano qualcuno, ma non hanno il coraggio di ammetterlo. Il verbo stesso “odiare” è bandito. Io non mi vergogno per niente. Con Alessandro eravamo molto legati, poi ci sono stati un paio di episodi che ci hanno allontanati. Lui mi chiama ogni tanto e mi dice sei un genio, ti sei inventato questa cosa che mi odii ma so che scherzi. Io dico no, ti odio davvero. 

E dopo il vaffa, che ne sarà della Porsche?

La rivenderò. Non posso mica permettermela.

Torniamo alla casa editrice. Che dicono gli autori, che riscontri hai dagli scrittori?

Assurdi, sia dagli scrittori sia da parecchi giornalisti. Tanto che sto per lanciare una nuova collana, I Mitomani. Gente che non ha mai letto neanche un mio libro, che non legge il sito in cui spiego chiaramente che pubblico solo i testi miei, e che mi scrive e telefona perché vuole mandarmi le sue opere. Guardo quello che arriva: non azzeccano una virgola, il punto e virgola non sanno cosa sia, contenuti zero. Voler essere pubblicati è una malattia mentale, altro non può essere. Però ho provato a mettermi nei loro panni. C’è un bisogno di condivisione che avverto profondamente, che mi tocca e mi fa tenerezza. Il problema è che pochi capiscono che per poter scrivere, o anche solo per poter dire la tua, devi prima stare una vita ad ascoltare. Io sono un lettore maniacale da sempre, loro non hanno voglia né tempo di ascoltare le storie altrui.

I tuoi libri sono tutti autobiografici e alcuni affrontano la sofferenza, la follia, la morte. Ma fanno anche ridere.

È il mio modo di vivere. Ho scritto sotto forma di diario della malattia di mia mamma fino al giorno del funerale, ma se lo leggerai mi dirai che non hai mai riso tanto in vita tua. Ho scritto del disturbo mentale di mia suocera…

La collana I Mitomani è già pronta e sta per uscire. Hai anche una collana di favole, che però non risulta pubblicata dalla casa editrice Stocazzo, bensì da Stobip…

Che senso ha provocare i bambini? È una questione di pudore. Non mi ritengo una persona particolarmente volgare, e se posso evitare, evito.

Hai fiducia nei giovani lettori?

Non lo so. C’è un dato molto preoccupante, direi terribile: se negli anni 70 gli adolescenti e post-adolescenti usavano un vocabolario con 3.500 termini, ora questo vocabolario si è ridotto a 300. 

Il sistema editoriale ti indigna e lo combatti, e i singoli editori…?

Non sanno fare il loro lavoro, non sono veri imprenditori come erano Mondadori, Rizzoli, parlo dei padri fondatori. Corrono dietro al fenomeno del momento e a quelli che considerano intellettuali, sperando di vendere.

Non ne salvi nessuno?

Adelphi. Ambivo ad essere il più grande collezionista dei volumi Adelphi, intendo la Biblioteca. Tra il 1994 e il 2014 ne ho letti moltissimi, purtroppo non tutti. Sia lodata l’Adelphi perché è un faro nell’oscurità. Nemmeno un refuso.