E’ finita la seconda settimana di libertà riottenuta per Julian Assange, il noto giornalista australiano, fondatore di Wikileaks. Il rilascio è avvenuto dopo un lungo e sofferto patteggiamento con il Dipartimento di Stato USA. Decisive si sono rivelate le pressioni dell’opinione pubblica mondiale che hanno portato alla sua liberazione.
Julian Assange, come avrebbe fatto qualsiasi giornalista nell’esercizio della sua professione, ha pubblicato notizie di rilevanza globale e, così facendo, ha tentato di preservare l’incolumità di civili nei contesti di guerra. Infatti, grazie alle sue pubblicazioni abbiamo saputo quello accadeva in Iraq, in Afghanistan, in Libia; guerre e crimini perpetrati dal governo degli Stati Uniti spesso a danno di innocenti.
La storia di WikiLeaks comincia nel dicembre 2006 con la pubblicazione di un documento che prova un complotto per assassinare i membri del governo somalo, firmato dallo sceicco Hassan Dahir. Ma è nel 2010 che il lavoro informativo di WikiLeaks prende consistenza. Il 28 novembre, i quotidiani El País, Le Monde, The Guardian e The New York Times e il settimanale Der Spiegel, pubblicano una prima serie di documenti, 220, a cui ne seguiranno migliaia di altri nei mesi successivi.
Le rilevazioni documentate testimoniano come in Iraq e Afghanistan si siano compiuti uccisioni indiscriminate, torture e crimini di guerra. Esemplificativo di un modo di condurre guerre è il video Collateral Murder, video consegnato da Manning a WikiLeaks, il quale documenta l’uccisione di civili inermi, abbattuti a Baghdad da parte di un elicottero americano Apache, tra l’ilarità dell’equipaggio.
Nell’attacco muoiono anche un fotografo di Reuters, Namir Noor-Eldeen di 22 anni, il suo autista, Saeed Chmagh, e rimangono gravemente feriti due bambini. Un documento questo che il Pentagono teneva segreto perché smentiva la versione ufficiale della strage: i morti non erano guerriglieri e non c’era alcun combattimento in corso.
È l’inizio del Cablegate. Al governo USA in quel momento c’era Barak Obama che, invece di perseguire penalmente i criminali documentati dal video, Collateral Murder, permette la persecuzione nei confronti del giornalista australiano. Le rivelazioni di WikiLeaks costeranno a Julian Assange anni di persecuzioni da parte del governo statunitense, che lo accusa di spionaggio e intrusione informatica.
Con i Dossier “The Iraq War Logs” il 22 ottobre 2010 WikiLeaks pubblica la più grande fuga di notizie militari top secret della storia, con cui si viene a conoscenza che dei 109.032 morti in Iraq, 66.081 sono civili. Oltre all’Iraq emergono anche informazioni sulla guerra in Afghanistan: con gli “Afghan War Diary”, nel 2008 si apprende di come le truppe francesi mitragliarono un autobus carico di bambini, ferendone otto; e inoltre come una pattuglia statunitense colpì allo stesso modo un altro mezzo, facendo 15 vittime tra i suoi passeggeri.
Figurano anche sparatorie contro civili da parte delle truppe britanniche. Militari statunitensi descrivono quattro sparatorie britanniche a Kabul nell’arco di un mese, ottobre-novembre 2007, culminate con la morte del figlio di un generale afghano. In un altro Dossier si evidenzia l’impossibilità di conoscere in maniera esaustiva quanto accaduto: “Indagini controllate dagli inglesi. Non siamo in grado di ottenere [sic] la storia completa”.
Il numero di documenti pubblicati da WikiLeaks è enorme e sono tante le questioni emerse.
Tra le rilevazioni che hanno fatto più scandalo ci sono quelle che riguardano Guantanamo, campo di prigionia aperto alla Bay Naval Base nel 2002 da George W. Bush, nel pieno della guerra in Afghanistan. Le pubblicazioni di WikiLeaks rivelano la situazione da lager del campo di detenzione: la gran parte dei detenuti ha subito torture e abusi senza accuse precise e senza processo. Nel 2009 Obama firma un ordine esecutivo che stabilisce la chiusura della prigione entro 12 mesi, cosa che tuttavia non è mai effettivamente avvenuta.
Con il Dossier ”email-gate” di Hillary Clinton (siamo al 16 marzo 2016) si viene a conoscenza dei piani della Clinton di spodestare Gheddafi e avviare la guerra in Libia. Ce lo facciamo spiegare da Assange, questo passaggio. Lui stesso racconta proprio nel 2016 a John Pilger dell’emittente russa RT: «le mail rivelano un piano generale predisposto già mesi prima dell’intervento occidentale in Libia nel marzo del 2012. «Doveva essere il ‘suo’ (di Ilary Clinton) conflitto durante il mandato come segretaria di Stato: il trampolino da cui realizzare i suoi sogni da Presidente USA», dice Julian, smentendo il fatto che Mosca sia la fonte delle mail diffuse da Wikileaks. «La Libia è stata la guerra di Hillary Clinton, più che di qualunque altro. Barack Obama all’inizio si opponeva», continua Assange, denunciando che oltre 1.700 mail delle 33mila pubblicate dal suo sito sono dedicate alla Libia. Alla fine del 2011 è stato realizzato un approfondimento sul tema: il “Libya Tick Tock”, una descrizione cronologica di come Hillary Clinton sia stata la figura centrale della distruzione dello Stato libico. “Lo schema non solo è fallito a livello personale, ma continua a danneggiare il Paese, che rimane in uno stato di guerra civile», aggiunge Assange parlando di Hillary come di «una persona divorata dalle sue ambizioni, tormentata letteralmente, al punto da ammalarsene».
Tra i documenti diffusi compare anche l’Italia: nel 2009, i diplomatici americani a Roma riferirono di una relazione “straordinariamente stretta” tra l’allora primo ministro russo Vladimir Putin e il premier italiano dell’epoca, Silvio Berlusconi, tra i quali emergevano consistenti accordi per l’energia. Berlusconi venne addirittura definito “il principale portavoce di Putin in Europa”.
Queste le principali rivelazioni di WikiLeaks costate a Julian Assange anni di persecuzioni. Il giornalista si è prima rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra (era il 2012) che l’ha ospitato per sette anni. Ma il nuovo Presidente dell’Ecuador, Lenin Moreno, succeduto a Raphael Correa, ha “consegnato il giornalista” agli Stati Uniti nel 2019.
Julian Assange da una manciata di giorni è libero, grazie alla rete di sostenitori che negli anni si è allargata, che non lo ha mai abbandonato e che ha spinto anche il Premier australiano Albanese, negli ultimi mesi, a chiedere a Biden di lasciar cadere le accuse.
Questa pressione è sicuramente arrivata anche all’Alta Corte Britannica: in effetti la detenzione di Julian non ha mai avuto forti basi giuridiche. Eloquente la mail di aprile del procuratore del DoJ americano in Europa ai colleghi negli States: “L’urgenza qui ha raggiunto un punto critico. Il caso andrà in appello e perderemo”. Il crollo del caso di estradizione di Assange ha mandato i procuratori americani a correre verso un patteggiamento.
WikiLeaks nasce da un’idea e porta con sé una rivoluzione. L’idea, dopo l’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti di George W. Bush e con il sostegno del governo inglese di Tony Blair, di sciogliere l’intreccio di manipolazioni dei servizi segreti e di complicità dei media. La rivoluzione è quella di arrivare, attraverso lo scorrere di informazioni libere, ad avere governanti onesti, persone autentiche che agiscono con finalità appropriate al proprio ruolo. Con WikiLeaks chiunque sia a conoscenza di abusi, crimini di guerra o corruzione, ha la possibilità di fornire in modo protetto, sicuro e anonimo, documenti e informazioni.
Il “popolo di Assange” creatosi intorno alla sua detenzione gli è rimasto accanto e ha combattuto per la sua libertà senza rassegnarsi mai, senza diminuire di forza e di impatto nelle proprie azioni di protesta e, se così rimarrà, potrà vincere la la sfida più grande, ancora tutta da combattere: liberare il giornalismo dalle grinfie del potere. Come denunciato qualche settimana fa da una giornalista della Rai, Enrica Agostini, che asserisce pubblicamente durante una conferenza stampa: «dobbiamo riprenderci la dignità… io ogni giorno contratto la parola… » nel testo degli articoli del TG e ancora «i giovani giornalisti non ce la fanno a reagire, non abbandoniamoli…». Una democrazia che cela verità scomode o crimini di guerra non è tale, dicono da WikiLeaks. Il guerriero Assange la prima cosa che ha fatto sceso dall’aereo è stato alzare il braccio a pugno chiuso e, con quel gesto, urlare al mondo tutto il suo amore per i popoli oppressi, e che la battaglia per la libertà di conoscere dei cittadini andrà avanti.