Innovazione, ma responsabile

Abbiamo faticosamente attraversato un periodo di recessione.

Economisti e politici ci dicono che per uscirne dobbiamo consumare di più perché, se crescono i consumi, cresceranno anche la produzione, l’occupazione e il PIL.

Le parole d’ordine sono sviluppo, crescita e innovazione.

L’innovazione, parola oggi così frequentemente usata (20.800.000 voci su Google), è considerata il motore dello sviluppo e della crescita.

All’innovazione si chiede, anzitutto, di fare aumentare i consumi, cioè di creare prodotti nuovi, sempre più attraenti e desiderabili per il consumatore.

Non importa se si tratta di prodotti inutili, perché con la pubblicità si possono sempre imporre sul mercato.
Meglio se vengono programmati per rompersi dopo breve tempo, così che si dovranno gettare e non avremo scrupoli nel comprare il modello più recente.

Non dobbiamo neppure preoccuparci troppo di produrre rifiuti, perché troveremo sempre un modo per farli scomparire dalla nostra vista: nascondendoli sottoterra, bruciandoli perché se ne vadano, invisibili, in quella immensa discarica comune che è l’atmosfera, oppure gettandoli nei mari che ricoprono tre quarti della superficie del pianeta.

Nel caso dei rifiuti elettronici, poi, potremo continuare a “regalarli” ai paesi sottosviluppati dell’Asia o dell’Africa, dove ci saranno sempre persone povere che tenteranno di ricavarne qualcosa, con gravi rischi per la loro salute.

Una simile ricetta, però, non solo è profondamente sbagliata eticamente, ma è ecologicamente insostenibile.
Un’innovazione volta soltanto ad aumentare i consumi ci porterebbe al disastro collettivo nel giro di qualche decina d’anni o forse prima.

Pertanto, parlare genericamente di innovazione senza qualificarla non ha senso.

Ovviamente, bisognerebbe smettere di innovare nel campo degli armamenti; ne abbiamo già troppi, sofisticati e micidiali.

Più in generale, bisogna guardarsi bene da ogni innovazione basata su maggior consumo di risorse, maggior produzione di rifiuti e aumento delle disuguaglianze.

L’unica innovazione che dobbiamo perseguire è quella che ha per obiettivo la sostenibilità nel suo duplice aspetto: sostenibilità ecologica e sostenibilità sociale.
Infatti, come scrive papa Francesco nell’enciclica Laudato si’, “ Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale.

Un’innovazione responsabile ha proprio il compito di contribuire a risolvere queste crisi.

Le prime cose da innovare sono istruzione e cultura: bisogna far sapere a tutti i cittadini, in particolare ai giovani, qual è la situazione reale delle risorse, dei rifiuti e delle disuguaglianze nel mondo in cui viviamo.

Le imprese devono considerare che l’innovazione responsabile, cioè l’innovazione nella direzione della sostenibilità ecologica e sociale, sarà sempre più premiata, perché si va diffondendo fra la gente la consapevolezza che bisogna porre rimedio alla crisi energetica e climatica e, più in generale, ai danni causati dall’economia dell’usa e getta.

Già oggi molti acquirenti, e il loro numero aumenterà costantemente, sono disposti a pagare di più se hanno la certezza che quello che comprano è stato prodotto seguendo i criteri dell’innovazione responsabile.

(Vincenzo Balzani, docente emerito di Chimica, Università di Bologna)