Da tempo si pone l’attenzione sulla necessità di garantire il corretto trattamento delle acque reflue, sia per  superare le diverse procedure di infrazione europee, sia per aggiungere un tassello importante nella gestione della risorsa idrica. Il riutilizzo dell’acqua opportunamente trattata dagli impianti di depurazione rappresenta infatti un’alternativa affidabile per l’approvvigionamento idrico per vari scopi, come per esempio l’irrigazione agricola o la ricarica delle falde acquifere. Secondo l’indagine “Il riutilizzo delle acque reflue in Italia” realizzata da Utilitalia, la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche, il riuso delle acque reflue depurate in agricoltura ha un potenziale enorme, addirittura di 9 miliardi di metri cubi all’anno: https://www.utilitalia.it/notizia/228b038d-c275-4d7e-8504-0b28def0eeb8#:~:text=Il%20riuso%20delle%20acque%20reflue,475%20milioni%20di%20metri%20cubi.

Legambiente in un suo Report del 2023 “Accelerare il cambiamento: la sfida dell’acqua passa dalle città”, a tal proposito sottolineava: “È necessario superare i pregiudizi su questa soluzione, a cui dovremo necessariamente ricorrere nei prossimi anni e che, se progettata con criterio, ovvero seguendo i principi della gestione del rischio, garantisce che l’acqua recuperata sia utilizzata e gestita in modo sicuro per la salute e l’ambiente”: https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2023/03/Report-Acqua-2023.pdf. Un Report nel quale l’Associazione ambientalista fotografava il potenziale che avrebbero insieme la raccolta delle acque meteoriche in ambiente urbano e il riutilizzo di quelle reflue per l’agricoltura: pari a 22 miliardi di metri cubi di acqua all’anno, corrispondenti a circa 3 volte la capacità contenuta nei 374 grandi invasi in esercizio, che ammonta a circa 6,9 miliardi di metri cubi. 

Il Research Department di Intesa Sanpaolo con Acea ha pubblicato di recente il primo numero dell’Osservatorio sull’Acqua, dedicato alle opportunità di riuso delle acque reflue depurate, dal quale emerge che in Italia solo il 4% delle acque reflue (acque di scarico) viene riutilizzato, a fronte di un potenziale stimato da ARERA (authority di regolazione per energia, reti e ambiente) pari al 21% del volume complessivamente depurato. Nell’ipotesi di migliorare la copertura del servizio di depurazione e la sua qualità i quantitativi di risorsa che potrebbero essere riutilizzati sono perfino superiori. L’utilizzo agricolo indiretto, che si avvale di preesistenti canali irrigui, risulta essere la pratica più diffusa, mentre l’attenzione delle imprese a un uso efficace ed efficiente della risorsa idrica è ancora limitata.

A livello territoriale, invece, particolarmente virtuose risultano le imprese del Sud, che da più tempo si trovano in una situazione di scarsità idrica (in particolare in Puglia, Sicilia e Sardegna) e si sono quindi attrezzate con tecniche di riciclo. Anche a livello europeo il riutilizzo dell’acqua è marginale e potrebbe contribuire per Grecia, Malta e Romania a circa il 10% della domanda di irrigazione; per Spagna e Portogallo a circa il 20%; per Italia e Francia a circa il 45%, a fronte di investimenti per adeguare gli impianti di depurazione e realizzare nuove opere.

Le ragioni per cui buona parte dei reflui non viene valorizzata sono legate alla complessità del quadro normativo e regolamentare, alla convenienza economica/tariffaria e all’attuale dotazione impiantistica.

Per la valorizzazione completa delle potenzialità del riuso, si legge nel Report, sono necessari interventi infrastrutturali sui depuratori e poi, a valle, per la realizzazione di impianti di affinamento e di infrastrutture di collegamento con gli utilizzatori. Per dare attuazione a questo piano di interventi servono ingenti investimenti; l’assenza di un sistema strutturato di incentivi e riconoscimenti tariffari non facilita la realizzazione di investimenti finalizzati al riuso delle acque reflue depurate.” Un ulteriore ostacolo nella diffusione del riuso delle acque reflue è legato poi al fatto che il riutilizzo è più complicato rispetto all’uso di risorse convenzionali ed è più costoso. Non solo, ma a complicare il ricorso al riuso vi è anche la frammentazione gestionale e le ridotte dimensioni, in media, degli impianti di depurazione.  

Il Report, allo scopo di superare in via definitiva le barriere che ostacolano la diffusione del riuso, evidenzia la necessità di interventi normativi per armonizzare la disciplina tra i diversi usi e semplificare i procedimenti autorizzativi, oltre a favorire gli investimenti per l’adeguamento infrastrutturale, mediante introduzione di agevolazioni tariffarie, incentivi e meccanismi di obbligatorietà al riuso. L’introduzione e l’adozione di agevolazioni tariffarie dovranno agevolare il riuso e indirettamente ridurre il differenziale di costo rispetto alle fonti di approvvigionamento alternative. Oltre che sulle barriere e sulle relative proposte strutturali per la diffusione del riuso, è necessario lavorare anche su una nuova cultura dell’acqua, avviando processi di stakeholder engagement e promuovendo campagne di comunicazione e formazione su rischi (pochi o nulli) e benefici (molti) derivanti dal riutilizzo. 

Legambiente nel suo Report proponeva una strategia idrica nazionale, in modo da avviare una nuova governance dell’acqua, che abbia come obiettivo non solo l’accumulo per affrontare i periodi di carenza, ma soprattutto la riduzione della domanda d’acqua e quindi dei prelievi e degli usi in tutti i suoi settori. A partire da una roadmap per riqualificare e riprogettare gli spazi aperti e gli edifici delle nostre città che punti almeno al recupero del 20% delle acque meteoriche entro il 2025, del 35% entro il 2027 e del 50% entro il 2030; e dalla necessità che, il recepimento del regolamento UE 741/2020 per il riutilizzo delle acque reflue sia fatto in modo rigoroso, tenendo conto dell’analisi di rischio come previsto a livello europeo. 

Qui una sintesi del Report ACEA: https://group.intesasanpaolo.com/content/dam/portalgroup/repository-documenti/newsroom/area-media-dsr/2024/Sintesi%20Osservatorio%20acqua%20ISP%20ACEA.pdf