È stata presentata di recente la quindicesima edizione del Libro Bianco sulle droghe, che quest’anno è intitolato “Il gioco si fa duro”. Si tratta di un rapporto indipendente sugli effetti del Testo Unico sugli stupefacenti (DPR 309/90) sul sistema penale, sui servizi, sulla salute delle persone che usano sostanze e sulla società, promosso da La Società della Ragione, Forum Droghe, Antigone, CGIL, CNCA, Associazione Luca Coscioni, ARCI, LILA e Legacoopsociali, con l’adesione di A Buon Diritto, Comunità di San Benedetto al Porto, Funzione Pubblica CGIL, Gruppo Abele, ITARDD, ITANPUD, Meglio Legale e EUMANS.
Il rapporto certifica che dopo 34 anni di applicazione del Testo Unico sulle droghe e 15 anni di pubblicazione del Libro Bianco sulle droghe i dati purtroppo sono sempre gli stessi e gli effetti penali (dell’art. 73 in particolare) sono sempre devastanti e confermano come la Jervolino-Vassalli continui a essere il principale veicolo di ingresso nel sistema della giustizia italiana e nelle carceri.
“La legislazione sulle droghe e l’uso che ne viene fatto – si legge nel Report – sono decisivi nella determinazione dei saldi della repressione penale: la decarcerizzazione passa attraverso la decriminalizzazione delle condotte legate alla circolazione delle sostanze stupefacenti, così come le politiche di tolleranza zero e di controllo sociale coattivo si fondano sulla loro criminalizzazione. Basti pensare che in assenza di detenuti per art. 73. o di quelli dichiarati tossicodipendenti, non vi sarebbe il problema del sovraffollamento carcerario, come indicato dalle simulazioni prodotte. Dopo 34 anni di applicazione non possiamo più considerare questi come effetti collaterali della legislazione antidroga, ma come effetti evidentemente voluti.”
A dimostrazione di questo, dopo l’episodica diminuzione di persone segnalate all’autorità giudiziaria nel 2022, tornano a salire gli ingressi in carcere per droghe: 10.697 dei 40.661 ingressi in carcere nel 2023 sono stati causati dall’art. 73 del Testo unico, detenzione a fini di spaccio. Si tratta del 26,3% degli ingressi (era il 26,1% nel 2022). I detenuti in carcere sfondano quota 60mila (60.166 al 31 dicembre 2023) e di questi ben 12.946 lo erano a causa del solo art. 73 del Testo unico. Altri 6.575 in associazione con l’art. 74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope), solo 994 esclusivamente per l’art. 74. Si tratta del 34,1% del totale. Sostanzialmente il doppio delle media europea (18%) e molto di più di quella mondiale (22%).
Restano catastrofici, pur se in leggera diminuzione, i dati sugli ingressi e le presenze di detenuti definiti “tossicodipendenti”: lo sono il 38,1% di coloro che entrano in carcere, mentre al 31/12/2023 erano presenti nelle carceri italiane 17.405 detenuti “certificati”, il 28,9% del totale. Questa presenza record in termini assoluti (dal 2006 ad oggi) è alimentata dal continuo ingresso in carcere di persone “tossicodipendenti”, che dopo i due anni di pandemia ha ripreso ad aumentare (+ 18,4% rispetto al 2021).
Continua intanto l’impetuosa crescita delle misure alternative (+1.037,7% sul 2006), che sono diventate in realtà un’alternativa alla libertà invece che alla detenzione. In un contesto di forte domanda di controllo sociale istituzionale, gli strumenti di diversion e quelli di probation consentono di ampliare l’area del controllo, piuttosto che di limitare quello coattivo-penitenziario. Ne è segno il fatto che oltre ai più di 60.000 detenuti al 31/12/2023 erano in carico per misure alternative e sanzioni di comunità (Messa alla Prova) ulteriori 83.703 soggetti.
E la repressione del consumo si abbatte sui minori: in costante aumento quelli segnalati, che entrano così in un percorso sanzionatorio e stigmatizzante: la quasi totalità dei minori è segnalato per cannabinoidi (97%), il 38% delle segnalazioni finisce con una sanzione e oltre il 97% è per cannabis. Dal 1990 ad oggi un milione di persone è stato segnalato per uso dei derivati della canapa.
Scrivono Stefano Anastasia e Franco Corleone nell’introduzione al Libro Bianco: “La simulazione di un carcere senza i prigionieri frutto della legge proibizionista sulle droghe rende evidente che non ci sarebbe sovraffollamento e il carcere potrebbe essere l’extrema ratio. Scomparirebbe anche l’intasamento dei tribunali. D’altro canto, continuano ad aumentare le misure alternative, ma senza svuotare le galere, che subiscono un costante aumento di detenuti e continuiamo a registrare una distonia tra il generico affidamento in prova ai servizi sociali, cui si accede prevalentemente dalla libertà, e quello specifico per tossicodipendenti, che nella gran parte dei casi passa per un “assaggio” di carcere.”
Il 15° Libro Bianco sui perduranti effetti insalubri e criminogeni della legislazione italiana sugli stupefacenti è stato dedicato a Luigi Saraceni, magistrato, parlamentare, avvocato e appassionato militante della battaglia antiproibizionista, che ci ha lasciato il 2 giugno scorso, nell’anniversario del referendum che vide nascere la Repubblica.
In appendice il Libro Bianco riporta le leggi più importanti di riforma del Testo Unico sulle droghe promosse dal lavoro della Società Civile, compreso la legge di iniziativa popolare sulla cannabis della campagna Io Coltivo, da poco depositata al Senato della Repubblica.
Qui per scaricare i documenti Il gioco si fa duro.