Il disegno di legge n. 1660 “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario”, presentato dal governo in carica ed attualmente in commissione alla Camera, presenta una lunga serie di articoli in forte odore di incostituzionalità e, alcuni, palesemente in violazione della Carta dei diritti umani. Il suo impianto è chiaramente ispirato ad una logica repressiva e punitiva, con connotati perfino disumani, nel momento in cui va a colpire gli strati più fragili della popolazione (senza casa, migranti, carcerati).
Quale norma più disumana di quella che cancella la possibilità di rinvio della pena per le donne in stato di gravidanza? Quale preparazione al parto potrà fare una donna in una cella sovraffollata? Si vuole istituire la carcerazione prenatale? Trovo sorprendente che gli stessi che si agitano per i diritti dell’embrione prima della nascita, non tengano in conto i diritti dell’innocente nascituro di vivere libero.
Ma che dire allora del nuovo reato di rivolta carceraria, in cui le proteste nonviolente sono equiparate a quelle violente: anche la disobbedienza civile di chi si rifiuta pacificamente di rientrare in cella, sarà punibile fino ad un massimo di 8 anni di reclusione. Va ricordato che queste norme, oltre a carceri e penitenziari andranno applicate anche ai CPR. Non so se in questo ci sia un’ispirazione razzista, ma vedete voi.
Poi, per rispondere alle esigenze dei senza casa, c’è anche l’inasprimento delle pene per chi occupa un edificio pubblico o privato: nessuna voglia di risolvere il problema, solo quello di punire. Così come sono punitivi e repressivi gli articoli che riguardano il blocco di strade e ferrovie e quello sul deturpamento e imbrattamento di proprietà pubbliche e private, che sembra chiaramente rivolto alla repressione delle azioni di gruppi come Ultima Generazione, giovani che cercano disperatamente di ricordarci che siamo vicini alla catastrofe, verso i quali ci sarebbe bisogno di ascolto da parte di tutta la società.
Naturalmente queste misure andrebbero ad intimidire ed eventualmente perseguire tutti i movimenti di protesta, anche solo per azioni simboliche, come un graffito sul muro, o l’occupazione di una scuola da parte degli studenti. Ma anche, come in Sardegna, a discapito delle lotte antimilitariste contro le basi militari e di quelle più recenti contro la speculazione energetica. Si legge l’intenzionalità di reprimere anche le azioni nonviolente.
Al contempo il disegno di legge si prodiga ad aiutare chi nelle forze dell’ordine venga denunciato per abuso della forza, o maltrattamenti, anticipandogli le spese legali. C’è inoltre la doppia pistola per le forze dell’ordine, estesa anche alle polizie private: potranno portarla fuori servizio. Un modo per incrementare la diffusione delle armi da fuoco e, di conseguenza, anche il loro uso. Infine, alla polizia e più in generale all’autorità di pubblica sicurezza viene riconosciuto un privilegio, nei confronti dei manifestanti in piazza, una sorta di immunità funzionale. Uno spazio aperto per le provocazioni, gli incidenti e le cariche, ma anche per i fermi arbitrari e le identificazioni ingiustificate.
Riguardo alla libertà di opinione, una nuova stretta: basterà una parola di troppo per poter essere perseguiti come presunti “terroristi”, visto che viene coniato il termine di “terrorismo della parola”. Termine alquanto improprio, perché se c’è un aggettivo adatto a compendiare questo disegno di legge è proprio quello di legge terrorista, in quanto vorrebbe portare terrore nelle fasce deboli della società e zittire i movimenti di resistenza.
Per tutti questi motivi il disegno di legge appare persecutorio e, ove fosse applicato, sarebbe una mannaia sulle libertà democratiche, devastante per il tessuto sociale, disumano direi da ogni punto di vista, tranne che da quello che lo ha presentato. E che in Parlamento, purtroppo, ha i numeri per farlo approvare.
Per manifestare la propria pubblica contrarietà a questa legge i movimenti, le associazioni, i sindacati di base di Cagliari, con rappresentanze dei vari comitati contro la speculazione energetica sparsi per la Sardegna, si sono mobilitati il 25 luglio, dandosi appuntamento nella centrale Piazza Garibaldi, per poi percorrere in corteo la via Garibaldi, fino a sfociare in Piazza Costituzione, dove si è svolta una pubblica assemblea.
Fra le quattrocento e le cinquecento persone, fra cui molte donne e diversi gruppi di giovani, hanno partecipato all’iniziativa, nonostante l’afa di fine luglio. Durante l’assemblea si sono susseguiti tanti, brevi interventi: di universitari, pastori, insegnanti, infermieri, agricoltori, rappresentanti dei comitati, sindacalisti di base. Sono stati sollevati tutti i punti critici della legge ed è emersa una forte volontà di opposizione. Molti anche gli interventi di testimonianza sull’assalto eolico al suolo della Sardegna e sui numerosi comitati territoriali che lo contrastano, con lotte nonviolente e determinate.
Ci si è salutati con un arrivederci presto.
Ci sarà da vedere se in una pubblica piazza, o nelle patrie galere.