Si è tenuta a Roma ieri mattina, giovedì 11 Luglio, una conferenza stampa convocata da comunità di Sant’Egidio, Emergency, Medici Senza Frontiere, missionari comboniani del MCCJ e suore missionarie dell’Istituto Figlie di Maria Ausiliatrice. Sono tutte organizzazioni presenti e operanti attualmente in Sudan, dove è in corso una drammatica crisi umanitaria a seguito dell’ennesima guerra civile che sta insanguinando il Paese.

Marco Impagliazzo di Sant’Egidio ha ricordato che la guerra fa seguito all’ennesimo colpo di stato ed è combattuta senza esclusione di colpi tra le milizie del presidente di fatto e quelle dell’ex vicepresidente.

Nella guerra, iniziata il 15 aprile del 2023, si fronteggiano due veri e propri eserciti, armati di tutto punto, che si contendono il pieno controllo del martoriato Stato africano.

Il conflitto ha provocato dieci milioni di sfollati interni e oltre due milioni di rifugiati nei Paesi confinanti, a partire da quelli che sono ospitati nel Sud Sudan. Tra gli episodi più drammatici i 50 bambini morti di fame nell’orfanotrofio di Karthum rimasto assediato durante gli scontri che hanno coinvolto la capitale.

Impagliazzo ha chiesto l’immediato cessate il fuoco, l’avvio di negoziati di pace e il rispetto degli accordi che regolano anche in guerra le attività delle organizzazioni umanitarie.

Pietro Parrino di Emergency ha parlato di un vero e proprio disastro umanitario. A Karthum manca l’elettricità in grado di azionare i pozzi e quindi acqua potabile sufficiente per i bisogni primari della popolazione che non ha potuto abbandonare la capitale. Pur essendo il Sudan un Paese con una florida agricoltura, nella città si consuma solo cibo secco, insufficiente e inadeguato. Karthum è isolata e alla fame.

I container e il personale delle organizzazioni umanitarie restano bloccati per settimane e riescono a entrare con il contagocce, senza contare che per giungere con i soccorsi i convogli devono attraversare una vasta zona desertica controllata e taglieggiata da predoni.

Emergency è presente dal 2006 a Karthum con l’unico reparto di cardiochirurgia del Paese, ribadisce la propria assoluta neutralità e afferma che la sua struttura è praticamente l’unica assistenza sanitaria rimasta nella capitale dopo 18 mesi di guerra civile. La struttura ha tuttavia gravi problemi idrici e alimentari e enormi difficoltà a far funzionare i generatori, insufficienti e spesso fermi per la mancanza di carburante.

Per Vittorio Oppizzi di Medici Senza Frontiere da quando la guerra è arrivata nella capitale le strutture sanitarie sono collassate e non viene più garantita la sicurezza del personale e dei pazienti; in diversi casi hanno dovuto chiuderle, come nel caso di un ospedale nel Darfur ed evacuare i ricoverati in altre strutture meno esposte a un pericolo immediato, ma ugualmente insicure a causa dei rapidi mutamenti delle linee del fronte. Tra i migranti soccorsi nel Mediterraneo sta aumentando esponenzialmente il numero di sudanesi che sfidano la sorte nel tentativo di raggiungere l’Europa.

I tassi di malnutrizione sono spaventosi e il rischio di epidemie è concreto. Si calcola che 18 milioni di persone siano a rischio fame e 5 siano denutrite. Milioni di profughi si sono rifugiati in Chad e nel Sud Sudan. La comunità internazionale deve imporre il rispetto della popolazione civile e dell’intervento umanitario. I casi di violenze sessuali e le esecuzioni sommarie sono innumerevoli.

Suor Ruth del Pilar, delle Figlie di Maria Ausiliatrice, ha parlato della loro comunità, che le missionarie hanno coraggiosamente deciso di non abbandonare e che si trova in una zona periferica della capitale, dove funzionava una scuola. La struttura è stata danneggiata due volte dai combattimenti e attualmente vi trovano rifugio in condizioni estreme 110 persone, tra cui molti bambini

Il fortuito arrivo di pannelli solari ha permesso il funzionamento delle pompe per l’acqua e una comunicazione molto saltuaria per lanciare pressanti appelli per una pace immediata. Altre quattro comunità di suore operano in Sud Sudan nei campi profughi, dove si continua a vivere e sperare.

Padre Angelo Giorgetti è intervenuto a nome dei missionari comboniani, presenti in Sudan fin dal 1800, per favorire il dialogo e la pace tra le diverse comunità etniche e religiose – i musulmani, che sono la maggioranza, i cristiani e gli animisti.

Scuole e università sono chiuse ormai da un anno e mezzo, con un danno incalcolabile che pregiudica il futuro del Paese. Si tenta di continuare l’indispensabile formazione di personale infermieristico e addetto alle cure palliative, ma molti sono fuggiti per salvarsi.

Alla domanda se dall’esterno ci sia qualcuno che sta alimentando questa guerra Pietro Parrino di Emergency ha risposto: “E’ una guerra gestita e comandata da potenze locali e internazionali: Emirati Arabi, Russia, Francia… Vi sono grandi interessi dovuti al commercio delle armi, alle ricchezze del Paese e alle sue grandi risorse agricole…”