La Georgia, un piccolo stato nel Caucaso che quest’anno non fa che far parlare di sé. Apparentemente al bivio fra Europa e Russia, sarà presto chiamato a una scelta.
Il 23 dicembre 2023 le strade di Tbilisi, capitale della Georgia, si riempiono, animate dall’euforia europeista per il riconoscimento dello status di paese candidato per l’ingresso nell’Unione Europea. Fra aprile e maggio 2024, dopo un tira e molla che aveva scosso il Paese già dall’ottobre dell’anno scorso, vengono approvate definitivamente le controverse ‘leggi sugli agenti stranieri’ anche chiamate ‘leggi russe’ e alla faccia europeista si contrappone quella più vicina a Mosca. Infine, durante gli Europei di calcio di giugno-luglio, la popolazione è sembrata riunirsi intorno alla nazionale ed è tornata a riempiere le vie della capitale acclamando i suoi giocatori. Tuttavia, con le elezioni parlamentari e presidenziali in arrivo in ottobre 2024, vecchi e nuovi contrasti è probabile riemergano in questo Paese che ci sembra tanto distante, ma che è più simile e vicino di quanto non crediamo.
Non bisogna confondersi, però, perché non è solo sulla Russia e sull’Unione Europea che la Georgia ha messo gli occhi in cerca di nuove garanzie di sicurezza. E allo stesso tempo, non sono solo questi due attori che sperano di poter allargare la propria sfera di influenza sullo stato caucasico. La posizione strategica della Georgia la rende estremamente interessante e al centro di dinamiche non solo regionali ma anche globali, e gli interessi di vari Paesi si incontrano e scontrano in questo angolo di mondo, scosso e diviso dal trauma del 2008 e dalle paure ad esso connesse, riemerse con l’aggressione russa dell’Ucraina.
Washington
Con gli Stati Uniti il rapporto è da sempre molto stretto. Fu già il presidente Shevardnadze (1995-2003) a segnare una direzione sempre più netta verso Washington, dichiarando nel 2002 di voler entrarne a far parte della NATO. Da allora gli USA hanno offerto sostegno economico e militare al Paese ma anche educativo, tanto che ancora oggi la competenza in lingua inglese in Georgia è la più alta nella regione. Un’influenza, quella statunitense, che si è fatta evidente in più occasioni, l’ultima delle quali proprio in risposta all’approvazione delle ‘leggi russe’ con un contro-disegno di legge, il “Mobilizing and Enhancing Georgia’s Options for Building Accountability, Resilience, and Independence” che in cambio di un rinnovato impegno in tema di diritti civili, proponeva un regime commerciale ‘solido e preferenziale’ a Tbilisi. Una proposta, che andava sotto al nome di MEGOBARI, che oltre ad essere sigla del disegno di legge, in georgiano significa ‘amico’, ma che alle orecchie dei politici di Sogno Georgiano, il partito al governo della Georgia, e promotore delle leggi sugli agenti stranieri, non è suonato per nulla amichevole, ma solo come una forma di ‘ricatto’ contribuendo alla svolta anti-occidentale intrapresa nell’ultimo periodo dal partito al governo.
Pechino
Allora, lì, dove l’Occidente, con la sua retorica, non sempre riesce nel suo intento, la Cina, rimanendo più saldamente legata alla sfera economica a volte riesce ad allungare di più la mano. Ne è l’esempio il ‘momento storico’ rappresentato dalla realizzazione del tunnel Kvesheti-Kobi, al nord del Paese, finanziato nell’ambito della Belt and Road initiative (BRI), di cui la Georgia fa parte dal 2016, e che rappresenta un’iniziativa cinese per ‘collegare l’Asia all’Europa’, attraverso una serie di ‘corridoi’ terrestri, e a volte marittimi, di infrastrutture che uniscono la Cina al mercato europeo. Fra questi, il tunnel Kvesheti-Kobi, si colloca nel corridoio centrale. Inaugurato ad aprile di quest’anno, il tunnel è stato realizzato a pochi mesi di distanza dalla rinnovata collaborazione fra i due Paesi, che con gli accordi di libero scambio, ed eliminazione del visto, avrebbe raggiunto ‘una nuova fase’ di cui il recente incarico a un altro consorzio cinese della costruzione del porto di Anaklia, è ulteriore conferma della svolta a oriente del governo georgiano, ma anche del rafforzamento del ruolo georgiano come parte della BRI, e quindi dei legami sempre più stretti fra Tbilisi e Pechino.
Una nuova centralità per la Georgia
Questa ‘nuova fase’, tuttavia, non si riferisce solo alle relazioni economiche fra i due Paesi, ma è anche la conferma di una nuova centralità per la Georgia, politica ed economica. Infatti, ora, con l’Iran e la Russia sempre più lasciati ai margini come ‘paria internazionali‘, il primo per il coinvolgimento nel conflitto israelo-palestinese e la seconda come conseguenze alle sanzioni dopo l’invasione dell’Ucraina, la Georgia non si trova solo fisicamente come crocevia fra Asia, Europa, Russia e Occidente ma anche una delle poche opzioni percorribili per tutti coloro interessati ad accorciare le distanze fra Asia ed Europa.
Non solo UE e Russia, dunque, ma neppure Cina e USA sono sufficienti a rendere giustizia a questo crocevia al centro del quale si ritrova Tbilisi. Anche Israele, la Turchia, l’Arabia Saudita sono da aggiungere alla lista. Allora, con gli occhi del mondo ormai puntati addosso ininterrottamente da più di un anno, le elezioni di ottobre, rappresentano non solo un momento di scelta politica interna, ma anche di nuovi potenziali equilibri a livello internazionale di cui non ci resta che attendere gli esiti.