Nell’ambito delle azioni per chiedere il cessate in fuoco nella Striscia di Gaza, venerdì 5 luglio la Casa delle donne di Milano ha organizzato un presidio artistico-poetico in solidarietà con la lotta palestinese. Il comitato promotore dei flash mob che negli ultimi mesi in diverse città d’Italia sta chiedendo lo stop al genocidio, che pure ha partecipato all’iniziativa, ha coinvolto tutti nella riproposizione dello stesso flash mob al termine del presidio, li vicino, in via Dante.
In effetti questa volta i partecipanti sono più del solito, dal momento che altri attivisti e alcuni palestinesi si sono uniti. Ovviamente la questura è stata informata di tutto, infatti si palesa prima dell’inizio del flash mob: l’azione, su richiesta, viene rispiegata, anche se è la dodicesima volta che si svolge in città, e una di quelle volte proprio in via Dante.
Si comincia: sirena, due file di miccette, la gente va a terra, parte la musica e alcuni, lentamente, si aggirano tra i corpi e li coprono con le lenzuola.
I primi a inveire sono dei genitori: dicono che il loro bimbo si è spaventato tantissimo, urlano che queste cose non si fanno. Gli attivisti sono dispiaciuti, cercano di spiegare e di fargli anche capire che in un altro luogo di questa Terra i bimbi li stanno massacrando per davvero… La risposta è: “Non mi interessa nulla, io mi preoccupo per MIO figlio!”. In realtà il bambino, forse di 4 anni, è seduto nel passeggino e guarda un telefonino che ha in mano…
Poco dopo dal fondo dell’azione si sente un forte vociare: almeno 5 o 6 uomini inveiscono contro i manifestanti, dicendo che hanno fatto spaventare dei loro avventori; alcuni sono scappati via. I più arrabbiati sono dei camerieri in divisa: si spiega quello che si sta facendo, che è stato fatto tante volte, la Digos si frappone. Uno dei camerieri urla a un attivista: “Se non avessi la divisa, se non stessi lavorando, ti riempirei di botte!”, lui non reagisce, è dispiaciuto. Un gestore dice di andare allo stadio “a fare queste cose”, non lì…
Da ultimo, pochi attimi dopo, una giovane coppia sfila a fianco all’azione gridando fortissimo contro i manifestanti e contro l’azione: questa volta non si tratta nè di spavento nè della perdita di qualche cliente (che forse ha colto la palla al balzo per non pagare e si è guardato bene dal tornare indietro dopo aver evidentemente capito che non c’era alcun pericolo), sono pro-Israele e inveiscono urlando. La “componente palestinese” del flash mob risponde gridando altrettanto forte. La cosa curiosa è che quando la Digos è intervenuta cercando di allontanare i due giovani che alzavano la tensione, questi hanno chiesto agli agenti di identificarsi e loro (si vede nel video) hanno mostrato il tesserino. Così, a poco a poco, si sono allontanati.
A posteriori mi chiedo: ma se in una manifestazione pro-Israele si fossero avvicinate due persone e si fossero messe a gridare contro i partecipanti, gli agenti avrebbero avuto la stessa premura? Va benissimo, certo… ma se due giovani pro-palestinesi avessero chiesto agli agenti di identificarsi, lo avrebbero fatto? O piuttosto non sarebbero stati gli agenti a chiedere loro, magari anche con una certa veemenza, i documenti?
Ma nonostante l’apprensione dei partecipanti al flash mob, che non sapevano se alzarsi o restare a terra, l’azione si conclude. La musica di Mozart partita in sottofondo certamente aiuta a spostare l’attenzione, i manifestanti compongono la scritta “CEASE FIRE NOW” e Silvia Zaru canta ancora una volta “Il disertore”.
Prima che lei canti, alcuni commenti al microfono degli attivisti esprimono dispiacere per ciò che è successo, indicatore del fatto che siamo tutti delle “corde di violino”. Sarebbe bene porsi delle domande – si dice – al di là delle apparenze e si mette a confronto lo “spavento” dovuto all’accensione delle miccette (la sirena in Palestina se la sognano) con la sofferenza causata da un bombardamento quotidiano che non cessa da 8 mesi.
Si finisce con qualche riflessione: qualcuna contenta per come è andata, qualcuna dispiaciuta. Diverse altre persone lasciano il loro contatto per essere informate sulla prossima azione. La Digos, un po’ spazientita, fa fretta affichè i partecipanti si disperdano. Gli viene spiegato che MAI, nelle dodici volte che il flash mob è stato messo in atto, era successa una cosa del genere.
La sorpresa arriva il giorno dopo: prima la Stampa, poi il Fatto Quotidiano e infine la Repubblica pubblicano lo stesso video titolando “Caos in via Dante a Milano”, “Sfiorata la rissa…” e via così. Repubblica, in particolare, esordisce scrivendo “Passeggeri impazziti, fuga generale e caos nei ristoranti in via Dante a Milano…”: credo sia evidente che si volesse dire “passanti”, ma un correttore automatico avrà fatto diventare la parola “passeggeri”, i quali sarebbero addirittura “impazziti” con una fuga generale e il caos nei ristoranti. I ristoranti coinvolti credo proprio siano stati solo due, nel video il tavolo abbandonato è uno solo…. e diventa “fuga generale”?
Ma quanto poco viene pagata una persona che scrive così in fretta da non vedere un errore così madornale come “passeggeri”? Nessuno rilegge e due giorni dopo è ancora così. Infine anche il Corriere pubblica un pastrocchio mescolando il flash mob del venerdì con il corteo del sabato: una ratatuille di brevi di agenzia?
Comunque all’interno del comitato qualcuna è contenta (abbiamo fatto notizia), qualcuna dispiaciuta (cosa hanno scritto??). A me sale una gran rabbia: per 12 volte lo stesso flash mob è stato ripetuto a Milano, ed è stato ripreso e riproposto in diverse altre città… non è mai, MAI uscita una notizia sui giornali, peraltro avvisati. Niente, non esisteva. Ma l’unica volta che si verifica un piccolo (sì perché è stato piccolo) incidente, ecco che si accendono i riflettori e il fatto viene distorto e ingigantito. Questa diventa la notizia, altro che i bambini che muoiono sotto le bombe, altro che gente morta per assenza di cure, per le condizioni igieniche oltre il limite, per il fetore terribile che sta rendendo ancora più invivibile la striscia di Gaza!
Questo è lo stato della nostra informazione.