Migliaia di civili innocenti stanno morendo: uomini, donne, bambini. Bombardati a morte mentre sono chiusi in casa. Migliaia di uomini ucraini e russi sono stati arruolati contro la loro volontà nell’esercito, strappati alle loro famiglie, costretti a uccidersi a vicenda e a morire. Immagini e video di genocidi a sangue freddo invadono i telegiornali in modo costante, e il nostro governo [statunitense, N.d.R] ha la faccia tosta di sedersi comodo in poltrona e non solo negare ciò che sta accadendo, ma anche ordinare l’invio di altri soldi per continuare questi orrori.
Gli Stati Uniti hanno una lunga storia di coinvolgimento nei conflitti d’oltreoceano; questa non è la prima volta che siamo costretti a combattere contro chi è al potere, e non sarà l’ultima. Gli Stati Uniti, adesso, hanno chiaramente messo la Cina nel mirino. Miliardi di dollari sono già stati spesi per militarizzare l’Asia-Pacifico, circondando la Cina con basi militari e conducendo minacciosi giochi di guerra: il classico pavoneggiarsi dell’esercito statunitense.
Il primo passo della guerra, come sanno bene le élite militari statunitensi, è la guerra dell’informazione. I media stanno attualmente diffondendo una retorica denigratoria nei confronti della Cina, contribuendo a un’impennata di crimini d’odio contro gli asiatici americani. I nostri leader politici accusano la Cina di tutto ciò di cui gli Stati Uniti sono colpevoli: prepararsi alla guerra, spiare, soffocare il commercio. Il governo è così paranoico che ha persino vietato il social media cinese Tiktok, una violazione senza precedenti dei diritti del primo emendamento.
Siamo a un punto critico della storia: o lasciamo che gli Stati Uniti continuino a diffondere narrazioni di paura e divisione spingendoci verso la guerra, o passiamo al setaccio le bugie, solleviamo la verità e combattiamo contro l’élite imperialista.
È tempo di rivedere la situazione. Facciamo un passo indietro e sfatiamo alcune affermazioni.
Affermazione: la Cina vuole la guerra.
Evidenza:
La Cina, nel corso della sua storia millenaria, si è sempre battuta per la pace e l’armonia. L’ideologia politica moderna si intreccia con l’antica filosofia cinese e con la convinzione che la guerra sia un fallimento dello Stato.
Ma guardiamo a qualcosa che nessuno può contestare: cosa dicono i politici statunitensi e come si confrontano con le dichiarazioni dei politici cinesi?
Il Ministero degli Affari Esteri cinese ha recentemente pubblicato un report che illustra i cinque obiettivi della Cina per la visita in settimana del Segretario Blinken, che riflettono i “Cinque principi della coesistenza pacifica”, un pilastro fondamentale della politica estera cinese. Uno di questi obiettivi è che “le relazioni tra Cina e Stati Uniti dovrebbero essere stabilizzate, migliorate e procedere lungo un percorso di stabilità, salute e sostenibilità”. Viene inoltre auspicata la cooperazione reciproca, il rafforzamento del dialogo e la gestione efficace delle controversie.
Nel frattempo, numerosi esponenti politici e militari statunitensi hanno affermato il contrario, invitando gli Stati Uniti ad aumentare le armi e a circondare la Cina con basi militari, missili e truppe. Parlano di una guerra futura quasi inevitabile, dichiarando che la Cina “invaderà” Taiwan entro il 2027. Proprio questo mese, Xi Jinping ha incontrato l’ex presidente di Taiwan, Ma Ying-jeou, per esprimere il loro reciproco consenso a sostenere la pace, concordando che la guerra “sarebbe un peso insopportabile per la nazione cinese”.
Per riassumere, la Cina non vuole la guerra. Personaggi politici e portavoce di spicco hanno ripetutamente dichiarato la loro adesione alla pace e hanno implorato più volte gli Stati Uniti di lavorare per una cooperazione reciprocamente vantaggiosa piuttosto che per le attuali pratiche antagonistiche.
Conclusione: FALSO!
Affermazione: gli Stati Uniti sono a favore della pace.
Evidenza:
Si potrebbe pensare: chi ha mai fatto questa affermazione? Che ci si creda o no, un bel po’ di persone.
Analizzeremo la dichiarazione nel contesto cinese e, per un momento, lasceremo da parte tutte le altre guerre in cui gli Stati Uniti sono stati coinvolti e che hanno attivamente promosso.
Gli Stati Uniti spendono più soldi per la difesa dei dieci Paesi seguenti messi insieme. Si tratta di circa 850 miliardi di dollari all’anno, e ogni anno la cifra aumenta. Nel 2024, la richiesta di bilancio era di 911 miliardi di dollari.
Una buona parte di questo denaro è stata spesa per costruire basi militari nell’Asia-Pacifico, circondando la Cina con minacciosi missili a lungo raggio e altri sistemi di difesa. Attualmente, gli Stati Uniti hanno oltre 750 basi militari in tutto il mondo, di cui 313 solo in Asia orientale. La Cina, al contrario, non ha alcuna base militare nell’intero emisfero occidentale.
La strategia militare statunitense nell’Asia-Pacifico si basa su una strategia dominante: militarizzare, militarizzare, militarizzare. Gli esperti politici continuano a raccomandare la difesa a “istrice” delle nazioni vicine, tra cui Giappone, Filippine e Guam. Così facendo, hanno ripetutamente danneggiato l’ambiente naturale, distruggendo le barriere coralline protette e scaricando sostanze chimiche nocive nell’oceano. Molti abitanti locali denunciano la presenza militare statunitense e il crescente militarismo, con il terrore di essere trascinati in un conflitto di cui non vogliono essere partecipi.
La verità è che gli Stati Uniti hanno una lunga storia di guerra e imperialismo. Includendo le operazioni militari e segrete, gli Stati Uniti, dalla loro nascita, hanno invaso oltre 50 Paesi. Dalla Seconda guerra mondiale a oggi, hanno scatenato guerre in Vietnam, Afghanistan e Iraq, che sono state tutte un disastro senza precedenti. Al contrario, la Cina non partecipa a una guerra da 45 anni.
Le pressioni degli Stati Uniti per una guerra con la Cina non sono nuove o inaspettate, ma dobbiamo fare tutto il possibile per fermare questa pressione prima che si intensifichi. Dire alle amministrazioni Biden che la Cina non è il nostro nemico e firmare la petizione per dire al Congresso di votare NO alla militarizzazione delle Filippine.
Conclusione: FALSO!
Affermazione: Gli Stati Uniti devono proteggersi circondando la Cina con armi
Evidenza:
Esperti politici e professionisti militari aderiscono al concetto di deterrenza con un livello di zelo sconcertante. A rigor di logica, e secondo il loro corso preferito Game Theory 101, ha senso. Si è meno propensi ad attaccare se si è consapevoli della forza dell’avversario, sapendo che si andrebbe incontro a gravi ripercussioni che superano ogni potenziale guadagno.
La logica, tuttavia, va a farsi benedire quando si riconoscono alcuni fatti fondamentali:
- 1) la Cina non è un avversario e tantomeno vuole diventarlo.
- 2) l’iper-militarizzazione dell’Asia-Pacifico rende la guerra più e non meno probabile. Non è deterrenza, è provocazione.
- 3) gli Stati Uniti stanno calpestando i desideri delle popolazioni locali e stanno danneggiando l’ambiente.
La Cina non vuole la guerra, come abbiamo detto, e ha espresso il timore che la militarizzazione della regione da parte degli Stati Uniti possa aumentare il rischio di incomprensioni e valutazioni errate, che potrebbero in seguito degenerare in un conflitto. Gli Stati Uniti devono concentrarsi sulla prevenzione piuttosto che sulla deterrenza, rafforzando il dialogo, riaffermando gli impegni per la pace e promuovendo una partnership con la Cina su altre questioni potenzialmente catastrofiche, come la protezione dell’ambiente e il disarmo nucleare.
In definitiva, non c’è alcun guadagno nel buttare miliardi di dollari di tasse per militarizzare l’Asia-Pacifico. Quello che gli Stati Uniti non riescono a capire è che ci sono persone che vivono su questo pianeta di cui stanno abusando. L’ambiente è protetto, e sacro, e il complesso militare-industriale non deve far capolino dove non dovrebbe.
Conclusione: FALSO!
Affermazione: Gli Stati Uniti devono “battere” la Cina per mantenere potere e status.
Evidenza:
In primo luogo, è importante riconoscere le origini di tale affermazione. Perché, esattamente, gli Stati Uniti hanno bisogno di mantenere il loro status egemonico sulla Cina e perché i nostri politici ed esperti politici sono così ossessionati da questa idea?
Ci sono tre fattori terribili e potenti in gioco: colonialismo, imperialismo e razzismo.
Colonialismo: gli Stati Uniti hanno una lunga storia di adesione alle dottrine colonialiste. La loro stessa nascita è una storia di colonialismo, con la fuga dei nativi americani dalle loro terre indigene per prenderne il controllo. Nel corso della loro vita relativamente breve, gli Stati Uniti si sono impadroniti di Porto Rico, Guam, Samoa, Filippine, Hawaii e di altri Paesi. Il governo statunitense ritiene di avere il diritto di continuare ad abusare di questi legami, costruendo basi militari contro il desiderio delle popolazioni indigene locali.
Imperialismo: l’imperialismo statunitense è essenzialmente la convinzione dell’espansione delle influenze politiche, economiche, militari e culturali americane. Si collega al colonialismo in molti modi, riflettendo la convinzione della superiorità razziale e culturale.
Razzismo: il razzismo è uno dei fattori trainanti dell’imperialismo e del colonialismo statunitense; la glorificazione del “salvatore bianco” per condurre gli “altri” fuori dalla barbarie e verso la salvezza. La xenofobia ha dilagato negli Stati Uniti per molti anni, penetrando nella politica e nei media americani. Dalla pandemia globale del 2020, i crimini d’odio contro gli asiatici americani sono in costante aumento.
Questi tre fattori si uniscono in una contorta corrente di pensiero che scorre sotto la superficie della politica estera statunitense. Mentre i politici statunitensi ci spingono verso il confronto per preservare l’egemonia degli Stati Uniti, la Cina dichiara: “Crediamo fermamente che la competizione tra grandi potenze non debba essere il tema dominante di quest’epoca, né possa risolvere i problemi che la Cina, gli Stati Uniti e il mondo devono affrontare”.
Accidenti. Si tratta di un forte allontanamento dal discorso di Biden sullo Stato dell’Unione: “Vogliamo competere con la Cina”. E un allontanamento ancora peggiore da quello dell’ex vice consigliere per la sicurezza nazionale Matt Pottinger e del deputato Mike Gallagher, secondo i quali “gli Stati Uniti non dovrebbero gestire la competizione con la Cina, ma vincerla”. Sostengono inoltre che “gli Stati Uniti devono accettare che il raggiungimento di questo obiettivo richiederà un maggiore attrito nelle relazioni tra USA e Cina”. Questa è una vera e propria ammissione: i leader politici statunitensi sono talmente desiderosi di vincere una competizione di potere tanto da rischiare di entrare in guerra, persino di forzarla.
Gli esperti di politica della RAND (think tank statunitense, N.d.R.) hanno tirato le somme. Anche un conflitto minore potrebbe portare a una contrazione economica del 20-35% dell’economia cinese. Ciò devasterebbe la vita di milioni di cittadini cinesi e la ripresa richiederebbe anni. Non c’è da stupirsi che l’agenda imperiale statunitense stia spingendo per la guerra.
Conclusione: FALSO!
Immaginare un mondo migliore…
Gli Stati Uniti hanno speso miliardi e miliardi di dollari per prepararsi alla guerra con la Cina. Immaginate come sarebbe il mondo se quei miliardi fossero stati spesi per altre cose: per le infrastrutture, per ridurre la povertà, per coltivare un’economia di pace, per la sostenibilità ambientale, per spingere all’amore e al rispetto reciproco piuttosto che alla divisione, alla paura e all’odio…
Esiste un mondo in cui gli Stati Uniti e la Cina sono in gradi di stabilire una relazione di rispetto reciproco e di cooperazione, in cui le differenze vengono messe da parte in funzione di un quadro più ampio: come possiamo rendere il mondo migliore per ogni persona? Come possiamo coltivare la pace? Come possiamo preservare l’ambiente naturale e scongiurare i cambiamenti climatici?
Noi esseri umani siamo su questa terra da molto tempo, eppure non sappiamo ancora come sarebbe vivere una vita di pace. La guerra colpisce ogni comunità, influenzando il modo in cui viviamo e interagiamo con il mondo. Spetta agli statunitensi, come cittadini del Paese più militarista del mondo, porre fine alla furia imperialista del governo.
Megan Russell è la coordinatrice della campagna China is Not Our Enemy di CODEPINK. Ha conseguito una laurea magistrale in Studi Sui Conflitti presso la London School of Economics. In precedenza, ha frequentato la New York University dove ha studiato Conflitti, Culture e Diritto Internazionale. Megan ha trascorso un anno di studio a Shanghai e ha studiato per oltre otto anni il cinese mandarino. La sua ricerca si concentra sull’intersezione tra le questioni USA-Cina, la costruzione della pace e lo sviluppo internazionale.
Traduzione dall’inglese di Michele D’Adamo. Revisione di Thomas Schmid.