Le scorie nucleari francesi avvelenano l’Algeria e ricadono anche in Europa.
La corsa agli armamenti, il riarmo globale, non sono soltanto l’alba di oscuri presagi, ma colpiscono in modo diretto la popolazione civile di interi territori.
Siamo in estate, le frequenti ondate di vento africano (scirocco e libeccio), che ingialliscono i cieli di tanti Paesi europei, riempiono l’aria di particelle in sospensione aumentando significativamente le concentrazioni di PM10 a livello del suolo. Il PM10 è la sigla del materiale particolato con un diametro della particella che può variare fino a 10 micron (1 micron = 1 milionesimo di metro). Il PM10 passando per il naso raggiunge la gola e la trachea. Il PM2,5 (particelle ancora più piccole) può arrivare sino ai polmoni e i PUF (particelle ancora più piccole; particolato ultrafine) fino agli alveoli polmonari.
Il forte aumento delle sindromi allergiche, delle malattie polmonari, delle leucemie e del cancro sono anche legate alla diffusione nell’atmosfera di polveri sottili e di particelle radioattive estremamente dannose alla salute.
Le polveri sottili possono trasportare numerose sostanze chimiche, come gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e metalli come piombo, nichel, cadmio, arsenico, vanadio e cromo, determinando effetti dannosi sulla salute delle popolazioni esposte. Molti disturbi collegati all’apparato respiratorio sono effetto dell’inalazione di PM10. L’IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) ha classificato l’inquinamento dell’aria nel Gruppo 1, vale a dire tra le sostanze cancerogene per l’uomo.
Ma ciò non è tutto: le tempeste di sabbia del Sahara portano con sé particelle radioattive. L’aumento della radioattività è stato registrato dall’organizzazione non governativa Acro (Associazione per il Controllo della Radioattività in Occidente).
Secondo gli esperti, i venti di scirocco hanno trasportato sul continente europeo cesio-137 (generato dal decadimento radioattivo prodotta da una esplosione atomica). Il cesio-137 è molto probabilmente il risultato delle numerose bombe nucleari che la Francia ha fatto esplodere, nei primi anni ‘60, nel deserto algerino per testare le armi di distruzione di massa durante la guerra fredda. Da anni i venti africani portano la morte radioattiva nei cieli d’Europa.
L’università di Tenerife ha rilevato nelle Canarie i prodotti di decadimento radioattivo nella sabbia del Sahara, trasportata dai venti. In particolare i venti africani hanno trasportato sabbia contaminata con potassio-40 e cesio-137.
L’alta concentrazione nell’aria di particelle fini, così come di cesio radioattivo è stata indicata dai medici spagnoli come forte rischio per la salute.
Ogni anno dal Sahara giungono da 60 a 200 milioni di tonnellate di polvere fina.
Questa è un fattore che oggettivamente può provocare il peggioramento di malattie croniche polmonari o asma.
La Francia nel lontano 13 febbraio 1960 fece esplodere la sua prima bomba nucleare (Gerboise bleue) nel deserto sahariano algerino (nella provincia di Adrar). La Francia dal 1960 al 1966 ha condotto 17 esperimenti nucleari nel deserto del Sahara.
Il test nucleare voluto da Charles De Gaulle generò una nube contaminata di Cesio 137 e Iodio 131 in Algeria, nube che, sospinta dal vento, raggiunse anche la Sicilia Occidentale. Una nuvola di fuoco e sabbia salì verso il cielo. Impetuosa come una cascata, micidiale e terrificante come solo un’apocalisse creata dall’uomo sa essere. All’epoca la Francia non rivelò quanto accaduto.
Una catastrofe radioattiva, ben peggiore del disastro nucleare di Chernobyl, contaminò la Sicilia Occidentale con conseguenze ancor oggi pressoché sconosciute. Catastrofe che si ripeté per ben 17 volte tra il 1960 e il 1966. Le esplosioni nel Sahara algerino, poligono atomico francese, generarono nubi di sabbia radioattiva e il conseguente fallout radioattivo contaminò tutta la Sicilia Occidentale.
Gli esperimenti nucleari francesi nel Sahara algerino hanno lasciato un segno indelebile. Fra le polazioni nomadi si registra un’incidenza anomala di tumori. Il danno ambientale provocato dalle radiazioni sull’ambiente sahariano è irreparabile.
Nella sola zona di Reggane, 600 km a sud di Bechar, vennero fatte esplodere in atmosfera 4 bombe atomiche in poco più di un anno. La “Gerboise bleue” (la prima bomba) era una bomba potente quasi 4 volte quella di Hiroshima.
La Francia non effettuò mai alcuna bonifica, al punto da far ritenere ancora altamente rischiosa la permanenza in quei luoghi di qualsiasi forma di vita.
La Francia non si preoccupò minimamente degli effetti devastanti che le bombe atomiche avrebbero provocato sugli esseri viventi. Gli abitanti di quelle zone non avevano infatti a disposizione nessun indumento protettivo, né alcun posto per ripararsi dalle radiazioni. La gente del posto venne considerata come vittima sacrificale. Dal 1960 in tanti persero la vita o si ammalarono di malattie da radiazioni.
Nel sud dell’Algeria, medici e ONG continuano a denunciare il ripetersi di malattie sospette. Affezioni pressoché sconosciute in questi luoghi prima che la radioattività contaminasse le sabbie del deserto. Il cancro alla tiroide, alla pelle, ai polmoni, al seno, le leucemie e le malformazioni di neonati sono ormai all’ordine del giorno tra le famiglie sahariane.
Quasi 150 casi di tumore sono stati diagnosticati nel solo piccolo villaggio di Reggane dal 2000 al 2009; a Timimoun sono state segnalate nascite di bambini con malformazioni gravissime. L’incubo è che la “peste” atomica”, possa essere trasmessa da una generazione all’altra. Il dottor Moustapha Oussidhem ha dichiarato «Una delle cose che ci ha colpito a Reggane è il numero dei malati di mente. Intere famiglie ne sono colpite perché, ci viene detto, il padre lavorava vicino al luogo dell’esplosione e impazzì a causa dello shock».
Nulla è stato fatto per redigere un registro tumori per monitorare l’incidenza della malattia nelle regioni sahariane. Le regioni contaminate sono lontane più di mille chilometri da Algeri ed in molti casi i malati sono lasciati senza cure, in troppi soffrono e muoiono ancora in silenzio.
Ancora oggi il governo di Algeri chiede alla Francia di fornirle le mappe dei siti dei test nucleari. Le trattative vertono sull’assunzione finale delle responsabilità in ordine alle operazioni di riabilitazione dei siti di Reggane e di Ekker, dove vennero effettuati i test nucleari francesi, nonché sull’assistenza per la localizzazione delle zone di interramento dei rifiuti contaminati, radioattivi o chimici, finora non rilevati dagli algerini.
Il riarmo, la potenza militare, la ragion di stato non considerano minimamente le conseguenze delle azioni militari, e i loro effetti sulle popolazioni, anche a distanza di diversi decenni.
La criminale macchina bellica francese oltre ad avere devastato una intera regione in Algeria ha provocato un danno ambientale che produce morti e malattie tumorali a distanza di più di sessant’anni.
Bloccare il riarmo, fermare la folle corsa verso una guerra globale è oggi un imperativo categorico, anche alla luce degli effetti devastanti sulla salute di intere popolazioni che i test nucleari stanno avendo a distanza di decenni.