Diverse migliaia di persone hanno preso parte, nella giornata del 15 giugno, alla manifestazione contro l’assalto speculativo alle fonti rinnovabili in Sardegna. Il Coordinamento dei comitati sardi contro la speculazione energetica ha organizzato un raduno nello spiazzo antistante la basilica romanica di Saccargia, cui la popolazione ha risposta con un’importante partecipazione: autobus e automobili, provenienti da tutte le parti dell’isola, hanno riempito fin da mezzogiorno il parcheggio di fortuna, allestito da giorni grazie al lavoro dei volontari.
L’organizzazione è stata impeccabile: c’erano i gazebo informativi dei comitati, gli spazi attrezzati per la ristorazione, i servizi, perfino un piccolo parco giochi per i bambini. La televisione locale Videolina ha proposto una lunga diretta dell’evento.
Sul palco, agli interventi dei portavoce dei comitati e di alcuni esperti, si sono alternati i contributi artistici di diversi gruppi musicali. In un’atmosfera festosa, ma anche carica di rabbia, i partecipanti hanno voluto gridare il proprio no ad ogni forma di speculazione energetica sul territorio dell’isola.
La parola chiave è quella: speculazione. Perché le industrie multinazionali dell’energia stanno lanciando un vero e proprio assalto alla Sardegna, vista come un’isola poco densamente popolata, ricca di sole e percorsa dai venti, ma soprattutto economicamente depressa e quindi “comprabile” a bassi costi. Il passato storico non lascia molti dubbi: chi è riuscito ad installare sull’isola industrie altamente inquinanti, come quelle estrattive e petrolchimiche, a depredare vasti territori con le servitù militari, a costruire fabbriche di armamenti bellici, continua a ritenere quest’isola come una terra di nessuno, in cui sperimentare ogni nefandezza.
L’assalto all’eolico in Sardegna promette grandi guadagni agli speculatori: non sarà neppure necessario mettere in funzione gli impianti, in quanto gli incentivi, statali ed europei, arrivano con la sola installazione. I progetti fin qui arrivati raggiungerebbero una somma di ben 58 GW di potenza. Tenuto conto che la Sardegna oggi ne produce già 13 e che consuma appena 8 GW, dove andrebbe tutto questo surplus energetico? C’è una palese sproporzione tra la produzione prevista per altre regioni italiane, ben più densamente popolate e dai consumi altamente energivori. Inoltre i progetti presentati (e in parte già approvati) prevedono installazioni di “parchi eolici” in zone di alto valore paesaggistico, archeologico e culturale, come nelle vicinanze del villaggio nuragico di Barumini, sul Monte Corrasi, perfino nella zona della basilica di Saccargia, presso la quale si è svolta la protesta di sabato.
Come può accadere impunemente questo saccheggio? Molti interventi hanno posto questa domanda, mettendo in evidenza il malgoverno delle destre, ma anche l’inerzia e la sudditanza delle istituzioni regionali, i cui partiti oggi in Consiglio avevano basato la campagna elettorale proprio sull’opposizione all’assalto energetico selvaggio.
L’alternativa alla speculazione ed allo scempio esiste. Occorre costruire dal basso, dove possibile con l’appoggio delle istituzioni locali, una transizione verso le fonti energetiche rinnovabili che coinvolga le comunità e che permetta un ciclo breve di produzione/consumo, con un minimo impatto ambientale e con il consenso dei territori.
Il 15 giugno a Saccargia le sarde e i sardi l’hanno detto e cantato chiaro: resisteremo con tutti i mezzi a questo ignobile assalto alla nostra terra.