Lettera di Mario Cavargna (Consigliere Pro Natura Piemonte)

MATTIE / SUSA – Dopo decenni di lotte per evitare alla Valsusa che venissero scavate rocce amiantifere, è avvenuto l’inimmaginabile: la Regione, l’Acsel e la Città Metropolitana di Torino hanno proposto, e i comuni di Mattie e di Susa hanno accettato, che la valle diventi il sito regionale di discarica per i rifiuti contenenti amianto. Ma prima di affrontare direttamente il problema della prossima approvazione della discarica regionale di amianto, il cui termine per le osservazioni scade il 25 giugno, è opportuno inquadrarla con una recente nota dell’AGI, una delle più importanti agenzie di stampa italiane. “Nel 2023 l’Osservatorio Nazionale Amianto ha censito 2.000 casi di mesotelioma con un indice di mortalità a cinque anni del 93%. Nello stesso anno ci sono state circa 4.000 nuove diagnosi di tumore al polmone per esposizione all’amianto, al netto del fumo e degli altri agenti cancerogeni, con un indice di sopravvivenza del 12%, e 3.500 decessi. Si deve poi tenere conto che l’amianto provoca asbestosi con ripercussioni cardiocircolatorie con un impatto di 500 decessi, a cui vanno aggiunte altre neoplasie tra cui il cancro alla faringe, dell’esofago, dello stomaco, del colon, delle ovaie, ed il colangiocarcinoma del fegato con un impatto complessivo che porta al totale di più di 7.000 decessi e 10.000 nuovi malati nel 2023”. Va aggiunto che si tratta di persone che sono state esposte inconsapevolmente perché il numero di nuovi malati contaminati professionalmente, a 35 anni dalla messa al bando dell’amianto, ormai è residuo.

Solo leggendo questo report possiamo giudicare la incredibile disinformazione posta in atto con il titolo del progetto che è: “Comune di Mattie e Comune di Susa: Discarica per rifiuti non pericolosi in località Camposordo” senza fare accenni alla parola amianto, ma destinato a rifiuti contenenti amianto, come è  precisato nella relazione tecnica, anche se nel testo essi sono quasi sempre indicati con la sigla RCA che significa appunto Rifiuti Contenenti Amianto od il Codice C.E.R. 17.06.05, che significa la stessa cosa.

L’amianto è un rifiuto pericoloso e, in quantitativi superiori ad una fibra per litro, è tossico nocivo, per cui affermare diversamente è fare un passo indietro rispetto a tutti i processi ed a tutte le vittime che son passati davanti all’opinione pubblica in questi anni.

Il punto di partenza è stato il DGR del 20 febbraio 2017, che affronta il problema di trovare un sito per lo smaltimento di questi rifiuti e presenta l’analisi di 1.700 siti estrattivi dismessi su cui è stata condotta una valutazione. Dopo il diniego di tutti i comuni interessati, a quella che probabilmente sarebbe la peggior sventura che possa accadere ad un territorio, tre anni fa la Regione aveva puntato su Balangero, nel sito della ex maggior cava di amianto d’Europa e poi sulla creazione di una quarta vasca a Torrazza, che era stata l’unica discarica di rifiuti tossico nocivi in Piemonte, ma neanche in questi due siti già pesantemente contaminati era riuscita a far accettare l’impianto.

A questo punto il progetto è stato accettato da Mattie e Susa: una scelta che è la peggiore possibile perché, per di più, lo colloca in una valle che, per sua natura, ostacola la dispersione degli inquinanti. Inoltre, la espone maggiormente ai venti ed alle brezze che erano già stati un problema nella precedente discarica, tanto che ora si dice che non si dovrebbe lavorare quando il vento supera i venti chilometri all’ora, cioè la velocità di una normale brezza diurna. Dal punto di vista tecnico, essendo in montagna, i contenitori in cemento da un metro cubo verranno accatastati su di un profilo in discesa, con il rischio di crolli. Quanto alle rotture riscontrate all’arrivo si prevede di fare una semplice riparazione con del nastro adesivo. Sempre dal punto di vista strutturale il cumulo di 100.000 cassoni sarà sostenuto a valle da un semplice argine in terre rinforzate: se per motivi idrogeologici, come fu a Stava, oppure sismici, dovesse cedere, buona parte del materiale depositato crollerebbe in basso.

Uno degli aspetti più problematici del sito scelto è questo: costruendola sopra la discarica precedente, quest’ultima resterebbe irraggiungibile ad ogni intervento di bonifica, che è assolutamente necessario fare, perché è voce comune che la discarica più vecchia abbia già  il telo corroso e quindi ha bisogno di interventi per impedire che il suo percolato, ora, e soprattutto nei decenni a venire, inquini le falde della media e bassa valle.

La collocazione a Mattie è sommamente sbagliata anche perché è a soli 2,5 chilometri dall’ingresso del tunnel di base del futuro Tav a Susa, da cui Telt prevede di estrarre altri 100.000 metri cubi di rocce amiantifere. Si creerebbe in questo modo una concentrazione di fonti inquinanti, che è assolutamente da evitare, considerando che in un raggio di tre chilometri vivono 16.000 persone, che dovranno già subire le polveri sottili PM 10 e PM 2,5 del cantiere del tunnel di base.
Inoltre lo stesso progetto preliminare del Tav prevede che aumentino del 10% i casi di malattie cardio vascolari e bronco polmonari, che sono la prima e seconda causa di morte in Italia. Un mix terribile e spaventevole, a cui la discarica di amianto si aggiunge con tutto il suo peso e la sua potenziale cancerogenicità, a cui bisogna aggiungere l’assenza di garanzie di un adeguato controllo.

Per avere una idea del disinteresse con cui sono seguite le questioni sanitarie che riguardano questa valle, valga il caso della risposta all’interrogazione che l’ex consigliera regionale Frediani aveva fatto ufficialmente alla Regione lo scorso anno per sapere dove erano finiti i quasi 4.000 camion di rocce amiantifere “bonificati” a Salbertrand. La Regione, che è il massimo organo di controllo sanitario, ha risposto in un modo emblematico, anche per le vicende future, che “agli atti della Regione non possono risultare le informazioni richieste e la Regione stessa non ha titolo di chiederle”. Che è come dire: non intendiamo occuparcene.

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