Nel nostro Paese dopo 12 anni tornano a crescere le fonti energetiche rinnovabili con 5,79 GW di nuove installazioni nel 2023, facendo registrare un +4,2 GW rispetto al 2012 e un + 2,6 GW rispetto al 2022. Una crescita importante ma ancora non sufficiente per raggiungere gli obiettivi 2030. A fare da traino è il solare fotovoltaico con 5,23 GW di nuova potenza installata, seguito dall’eolico che registra, anche se con un ritmo più lento, un incremento di potenza di 487 MW. E’ quanto evidenzia  il nuovo rapporto Comuni Rinnovabili 2024, con il quale Legambiente ha provato a scattare la fotografia della situazione attuale. 

Si tratta di dati importanti ma non ancora sufficienti per centrare gli obiettivi 2030, poiché – stando alla media delle installazioni degli ultimi tre anni –  l’Italia con questo ritmo solo nel 2046 – con ben 16 anni di ritardo rispetto al 2030 – raggiungerà il 100% degli obiettivi e riuscirà a soddisfare la quota di 90 GW di potenza rinnovabile installata.
Dal nord al Sud della Penisola le rinnovabili sono ormai presenti in quasi tutti i comuni italiani, ossia in 7.891 amministrazioni comunali su un totale di 7.896. Il 2023 è l’anno del solare fotovoltaico: sono 7.860 i comuni (+560 rispetto al 2022) che hanno scelto questa fonte pulita portando la potenza complessiva a 30,2 GW di potenza totale. Una crescita significativa di oltre 5 GW in un solo anno, caratterizzata soprattutto dalla realizzazione di piccoli impianti.”
Tra le grandi città, Roma, con 4.890 impianti solari e 32,05 MW di potenza installata, Padova (1.918 impianti e 15,03 MW) e Ravenna (1.519 impianti e 11,07 MW) sono quelle che nel 2023 hanno sostenuto le maggiori realizzazioni di solare fotovoltaico. Crescita più lenta per l’eolico, distribuito in 1.043 Comuni, in grado di soddisfare il 7,6% del fabbisogno energetico elettrico del Paese. 101 i nuovi impianti realizzati nel 2023 coinvolgendo 61 Comuni tra Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna. Dati positivi anche per l’idroelettrico con 1.971 comuni (+398 rispetto al 2022) che hanno almeno un impianto per la produzione di energia elettrica con questa tecnologia. Nel 2023 realizzati 72 nuovi impianti, di cui uno solo di grandi dimensioni, che hanno coinvolto 68 Comuni, con un incremento di 30,89 MW. Lieve crescita per i comuni che utilizzano impianti a biomassa, sono 1680 (+29 rispetto al 2022). Ferma la geotermia che non fa registrare al momento nessun nuovo impianto, in attesa della realizzazione dei nuovi impianti a media entalpia già autorizzati.

“Nel Paese, in sostanza, c’è un grande fermento – sottolinea Legambiente – che parte dal basso e che vede protagoniste tantissime imprese, ma spesso è frenato dalla lentezza degli iter amministrativi, ostacoli normativi e culturali, norme obsolete. Troppi, infatti, ancora i progetti fermi, in attesa di valutazione da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica o a causa dell’ostracismo del Ministero della Cultura o per i ritardi della Presidenza del Consiglio dei Ministri per dipanare i conflitti tra i due Ministeri, o i numeri di richieste di connessione, che sono in grande aumento. A pesare è anche la scelta del Governo che continua a incoraggiare politiche pro-fossili e pro-nucleare distogliendo l’attenzione da rinnovabili, accumuli, efficienza e reti, su cui serve un piano strutturato con norme chiare e tempi certi di realizzazione.” Nel 2022, l’Italia ha speso oltre 52 miliardi per sostenere le fossili e le misure contenute nei vari decreti emergenza varati sui temi energetici, mentre le risorse pubbliche e private che servirebbero per raggiungere gli obiettivi climatici al 2030 continuano a rimanere al palo.”

E a complicare ulteriormente le cose  c’è ora anche il “decreto aree idonee”, sul quale lo scorso 7 giugno è stata raggiunta l’intesa in Conferenza Unificata. Un decreto interministeriale atteso da da oltre due anni e ora in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, che delude sia le attese dei difensori del paesaggio che quelle dei rinnovabilisti per le sue contraddizioni che non servono a pianificare la localizzazione sul territorio degli impianti ad energia rinnovabile, non consentono una difesa certa del paesaggio e della biodiversità e, con ogni probabilità, aumenteranno il contenzioso nei tribunali amministrativi. Seconto tutte le associazioni ambientaliste il decreto si configura come un ulteriore barriera per lo sviluppo delle rinnovabili in Italia e quindi non solo per le politiche climatiche, ma anche per l’indipendenza e la sicurezza energetica. Per Greenpeace, Legambiente e WWF, in particolare, l’ultima versione del decreto, che si appresta ad essere approvata, complica ulteriormente il quadro normativo per le rinnovabili, senza fornire principi e criteri omogenei per la localizzazione degli impianti e la selezione delle c.d. aree idonee.

“Il decreto doveva prevedere principi uniformi, si legge in un loro comunicato,  per la selezione di aree nelle quali le rinnovabili potessero essere autorizzare in modo più semplice e rapido. Al contrario, l’ultima versione del decreto, diffusa dopo l’esame in Conferenza Stato-Regioni, fondamentalmente lascia carta bianca alle Regioni nella selezione delle aree idonee, di quelle non idonee e di quelle ordinarie. Risultato: il quadro autorizzativo per le rinnovabili diventa ancor più complicato, senza una cornice di principi omogenei capaci di indirizzare la successiva attività di selezione delle aree, da effettuarsi con leggi regionali. L’esito di questo percorso saranno leggi regionali disomogenee, che complicheranno ulteriormente il quadro regolatorio per le rinnovabili, già messo a durissima prova.” 

Per Greenpeace, Legambiente e WWF la nuova versione del decreto aree idonee rappresenta una delega in bianco alle Regioni per provvedere a rivedere le regole sulle rinnovabili anche in modo retroattivo. Così il Governo rinuncia a fare sistema e sceglie di non tutelare gli investimenti rinnovabili in Italia (più di 40 miliardi, destinati ad aumentare significativamente in vista degli obiettivi al 2030).

“Che la transizione energetica e la partecipazione della società civile non fossero una priorità del Governo, sottolineano le associazioni ambientaliste, era piuttosto chiaro anche dallo svolgimento dei lavori sul PNIEC, nei quali le associazioni ambientaliste non hanno mai ricevuto riscontro alle osservazioni presentate, e del decreto-legge Agricoltura, in relazione al quale non tutti coloro che ne hanno fatto richiesta sono stati auditi. Tuttavia, complicare e di fatto rallentare ulteriormente il quadro autorizzativo per le rinnovabili, senza garantire forme di partecipazione minime nel processo di selezione delle aree, appare un ulteriore tentativo di fermare la transizione di cui Governo e Regioni dovranno rispondere.”

Qui il Report Comuni Rinnovabili 2024: https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2021/11/Comuni-Rinnovabili-2024.pdf 

Qui il comunicato sul “decreto aree idonee”: https://www.legambiente.it/comunicati-stampa/decreto-aree-idonee-ulteriori-barriere-per-le-rinnovabili/