Situazione umanitaria

I funzionari dell’ONU mettono in guardia dalle condizioni di vita nei campi di sfollati in tutta Gaza. “I cumuli di rifiuti solidi urbani e le acque reflue stanno minacciando la salute dei profughi. Il sopraggiungere delle alte temperature estive ha reso il clima irrespirabile e la diffusione delle malattie, soprattutto intestinali e della pelle, molto più estesa. L’esercito ha rifiutato il trasporto dei rifiuti alle discariche”. www.anbamed.it

Cisgiordania e Gerusalemme est

Incursioni notturne per rendere la vita infernale alla popolazione. Nella provincia di Nablus sono state compiute ieri notte 9 rastrellamenti in altrettanti villaggi e quartieri. Arresti e devastazioni deliberate come punizione collettiva.

Il piano del governo Netanyahu è sempre più chiaro: costringere la popolazione a fuggire per lasciare spazio alla colonizzazione ebraica. La decisione illegale del governo di autorizzare 5 colonie ebraiche è un altro passo sul furto di terre a scapito della popolazione della Cisgiordania.

La municipalità di Gerusalemme ha mandato avvisi alle chiese cristiane della città occupata per il pagamento delle tasse sulle loro proprietà. Chiede arretrati per 125 milioni di dollari. È un atto illegale perché Gerusalemme est è una città occupata e secondo le leggi internazionali, le autorità di occupazione non hanno nessun diritto di imporre tasse o cambiare e leggi. Il Consiglio delle chiese cristiane sta valutando il ricorso alla Corte di Giustizia internazionale dell’Aja per dirimere il contenzioso.

Corte di Giustizia Internazionale

Anche il Cile ha aderito ufficialmente alla causa intentata dal Sud Africa contro Israele, con l’accusa di genocidio. Si allarga così il campo dei paesi che si impegnano attivamente per contrastare la guerra genocida di Netanyahu accrescendo l’isolamento di Israel. Sono allo studio anche le adesioni di Belgio e Irlanda. In passato, i paesi aderenti alla causa sudafricana sono stati limitati all’area araba, islamica e latino-americana.

Israele

Grandi mobilitazioni contro il governo Netanyahu proseguono quotidianamente e senza interruzioni.
Vi hanno partecipato anche i capi dell’opposizione Gantz e Lapid e l’ex premier Barak. Chiedono la caduta del governo e nuove elezioni anticipate in autunno. Al centro delle mobilitazioni è la necessità di riportare a casa vivi gli ostaggi in mano di Hamas.

Di un altro tenore invece la manifestazione annunciata per domani lunedì. Il 1° luglio, infatti, si terrà a Tel Aviv la prima grande manifestazione per la Pace, per dire no alla guerra, per la fine del conflitto e per un nuovo accordo negoziale.

“Una risoluzione politica del conflitto che garantisca i diritti di entrambi i popoli all’autodeterminazione, alla sicurezza, alla dignità e alla libertà” si legge nell’appello sottoscritto da oltre 50 associazioni israeliane ed associazioni miste, composte da ebrei, arabi, israeliani, palestinesi, uniti da un obiettivo comune: pace, sicurezza e rispetto reciproco.

Oggi si terranno in molte città del mondo iniziative di supporto a questo movimento pacifista. Si potrà seguire online la manifestazione di Tel Aviv secondo le indicazioni di questo sito ufficiale, dove è anche pubblicato l’appello integrale e le firme degli aderenti.

Libano

Caccia israeliani hanno violato lo spazio aereo di Beirut, infrangendo la barriera del suono. Terrore tra la popolazione indifesa. È una guerra psicologica che si affianca a quella brutale di uccisioni e devastazioni nel sud e nella valle della Beqaa.

Nella giornata di ieri sono continuati gli scambi di artiglieria e lanci di missili e droni a ridosso della linea di demarcazione tra i due paesi.

La diplomazia USA e quella francese stanno lavorando per evitare un conflitto generalizzato, minacciato da tempo da politici e generali israeliani. Il ministro della guerra di Tel Aviv, Gallant ha dichiarato ieri che “presto i cittadini israeliani del nord torneranno nelle loro case”.
Una frase emblematica che non si capisce se fosse una minaccia di un’avanzata di terra dell’esercito israeliano oppure illudesse ad un possibile accordo con Hezbollah.

Il partito di Dio libanese guadagna una rottura dell’isolamento anche in seno al mondo arabo, per le sue posizioni vicine all’Iran. La Lega araba ha dichiarato ieri che non considera Hezbollah come un’organizzazione terroristica ma come un movimento di resistenza nazionale contro l’occupazione israeliana. Anche la diplomazia di Washington non rifiuta il confronto con i leader del movimento pur in via indiretta tramite il capo del parlamento di Beirut, Nabih Berri, capo dell’altro movimento sciita, Amal (Speranza).

Iran

I risultati definitivi hanno confermato i dati parziali di ieri: si va al ballottaggio il 5 luglio. Il riformista Masoud Pezeshkian è arrivato primo con 10 milioni 450 mila voti e il 42,6%. Seguito dal conservatore Jalili con 9,5 milioni di voti. L’affluenza alle urne è stata del 40%, la più bassa dai tempi della Rivoluzione Khomeinista alla fine degli anni settanta. L’affermazione del riformista Pezeshkian e la bassa affluenza alle urne è un segnale del fallimento della linea dura del regime e avrà i suoi effetti nella politica interna dell’Iran e soprattutto nella scelta del successore della guida spirituale sciita iraniana, l’anziano Khaminei.