L’insostenibile costo dei figli
“E figlie so’ piezz’ ‘e core”, ma sono anche una parte sempre più preponderante del bilancio familiare.
Le spese per i figli spesso risultano però insostenibili per molte famiglie, soprattutto quando – come nel caso del nostro Paese – i redditi orari dei lavoratori dipendenti sono inferiori di un quarto a quelli di Francia e Germania e quando il reddito reale disponibile delle famiglie, in termini pro capite, è fermo al 2000, mentre in Francia e in Germania da allora è aumentato di oltre un quinto.
Le ragioni del declino demografico sono diverse, ma quelle legate alla sfera economica non sono affatto secondarie.
Qualche mese fa l’Osservatorio Nazionale Federconsumatori nell’aggiornare il monitoraggio sui costi per mantenere un bambino nel primo anno di vita, aveva evidenziato che il costo complessivo per mantenere un bambino nei suoi primi 12 mesi di vita varia da un minimo di 7.431,58 € fino ad un massimo di 17.585,78 €, in aumento rispetto al 2023 del +5% per i costi minimi e del +3% per i costi massimi (https://www.federconsumatori.it/caro-bimbo-mantenere-un-bambino-nel-1-anno-di-vita-diventa-sempre-piu-difficile-e-costoso/).
Cinque italiani su 10 hanno figli conviventi e tra quelli maggiorenni quasi la metà (il 47%) risultano totalmente a carico dei genitori, assorbendo un terzo della spesa media mensile familiare, soprattutto per abbigliamento e calzature, libri scolastici, attività sportiva e pasti fuori casa.
Per un terzo delle famiglie la spesa per i figli viaggia addirittura tra il 40% e il 70% del bilancio familiare.
Una spesa sempre più spesso insostenibile, al punto che per farvi fronte 6 genitori su 10 si vedono costretti a rinunciare ad acquisti per sé stessi, ad andare al ristorante e a ridurre le vacanze.
Tre su 10 hanno dovuto invece imporre rinunce ai figli per gli acquisti di abbigliamento, di un nuovo smartphone e per le uscite con gli amici.
E’ quanto evidenzia il Report FragilItalia “Il costo dei figli”, elaborato da Area Studi Legacoop e Ipsos, in base ai risultati di un’analisi condotta su un campione rappresentativo della popolazione italiana per testarne le opinioni relative al tema.
Il 29% dei maggiorenti conviventi lavora e contribuisce alle spese della famiglia, ma il 24% dei figli maggiorenni, pur lavorando e non gravando sul bilancio familiare, continua a vivere con la famiglia. Si tratta di un segnale evidente della persistente difficoltà che i nostri giovani incontrano per cercare di affrancarsi dalle famiglie d’origine, a partire dal costo di una locazione o di un acquisto di un’abitazione autonoma.
La spesa destinata ai figli rappresenta, in media, il 34% della spesa media mensile familiare; più in dettaglio, il 51% delle famiglie destina ai figli tra il 21% e il 40% della spesa; il 32% tra il 40% e il 70%; il 17% tra il 10% e il 20%. In testa alla classifica delle voci che più incidono ci sono l’abbigliamento (63%), i testi e libri scolastici (51%), scarpe, borse e accessori e attività sportiva (48%), i pasti fuori casa (46%), seguite dal materiale scolastico, le spese mediche, lo svago e la mobilità (tutti al 45%).
Quattro su dieci (il 41%) indicano le spese per rette scolastiche, universitarie e asilo. Le spese per i figli pesano, soprattutto, sul bilancio familiare dei genitori under 30, per i quali le prime tre voci indicate raggiungono, rispettivamente, valori del 73%, 62% e 54%; dei residenti nelle isole (70% e 59% per le posizioni 2 e 3); delle famiglie del ceto popolare (69% e 60%).
Spesso le famiglie italiane per affrontare le spese necessarie per i figli sono costrette a fare rinunce: il 66% dei genitori ha rinunciato ad acquistare qualcosa per loro stessi (il 31% spesso, il 34% qualche volta); il 60% ha rinunciato ad andare al ristorante (26% spesso, 34% qualche volta) ed ha ridotto il periodo di vacanza (25% e 35%); il 58% all’acquisto di un’auto nuova.
Il 51% (spesso il 19%, occasionalmente il 32%) ha dovuto tagliare sulla spesa alimentare scegliendo prodotti in offerta; il 39% ha dovuto rinunciare ad una visita medica privata o l’ha dovuta rinviare.
Le rinunce hanno pesato maggiormente sui genitori under 50 (per i quali le prime tre voci raggiungono valori del 76%, 70% e 65%), su quelli residenti nelle isole (78% le prime due voci, 65% la terza) e su quelli del ceto popolare (84% la prima voce, 82% la seconda e la terza).
Spesso però sono anche i figli a dover sottostare a delle rinunce quando, per motivi economici, le famiglie si vedono costrette a tagliare le spese: il 37% ha dovuto per esempio, rinunciare a spese per abbigliamento e scarpe e allo smartphone nuovo, il 30% alle uscite con gli amici, il 25% ad un viaggio studio all’estero, il 23% ad iscriversi al corso di studio che desiderava.
I figli che si vedono imposte maggiori rinunce per motivi economici sono quelli dei genitori under 30, di quelli residenti nelle isole (dove la rinuncia allo smartphone raggiunge il 50%, ai viaggi di studi all’estero il 37% e all’iscrizione al corso di studi desiderato il 33%) e di quelli al ceto popolare.
Le misure messe in campo per le famiglie negli ultimi anni non sembrano ancora in grado di colmare il gap che l’Italia in tema di politiche per la famiglia ha nei confronti degli altri Paesi europei. In un recente articolo di Emma Giacomobono e Eleonora Trentini pubblicato su www.lavoce.info dal titolo “Otto grafici su fecondità e inverno demografico” si legge: “… Nel 2019 in media i paesi Ocse hanno destinato il 2,1 per cento del Pil nazionale alla spesa pubblica per la famiglia e per i figli. Questa spesa comprende trasferimenti in denaro alle famiglie con figli, come gli assegni familiari, e trasferimenti in beni e servizi, tra cui il finanziamento dei servizi di istruzione per la prima infanzia.
I paesi europei che investono maggiormente in trasferimenti a favore delle famiglie sono la Svezia e il Lussemburgo, che nel 2019 hanno riservato entrambi il 3,4 per cento del Pil a questo capitolo di spesa. Seguono la Danimarca e l’Estonia, che destinano rispettivamente il 3,3 e il 3,2 per cento del Pil in sostegni alla famiglia e ai figli. L’Italia si trova tra le ultime posizioni nella classifica europea, con una spesa in famiglia e figli pari all’1,4 per cento del Pil, seguita solo da Spagna (1,3 per cento del Pil) e Portogallo (1,2 per cento)”.
Qui per approfondire l’indagine IPSOS-Legacoop: https://www.legacoop.coop/il-costo-dei-figli-area-studi-legacoop-ipsos-in-media-i-figli-assorbono-il-34-della-spesa-media-mensile-familiare/.