“Siamo qui oggi per riportare i politici alla loro responsabilità. Il futuro dei nostri figli è messo costantemente a repentaglio e noi siamo stanche di vivere in terre considerate zone di sacrificio”.

Così Michela Piccoli, volto ormai noto delle Mamme No Pfas, dalla zona rossa del vicentino, ha aperto questa mattina la conferenza della rete delle Mamme da Nord a Sud alla sala stampa della Camera, in presenza delle deputate Ilaria Fontana e Carmela Auriemma.

La Rete di Mamme da Nord a Sud -che conta oltre 60 associazioni in tutta Italia di donne che lottano contro l’inquinamento- nasce nel 2019 con lo scopo di proteggere figli e figlie dai disastri ambientali. La Rete si ispira al movimento delle madri di Piazza di Maggio, ed è partita unendo le donne di Taranto e Vicenza per poi accrescersi, coinvolgendo molte altre realtà italiane, da Nord a Sud.

In Italia ci sono 42 siti di interesse nazionale (SIN), zone altamente contaminate che aspettano le bonifiche da decenni, con oltre 6 milioni di persone esposte a contaminanti sopra i limiti considerati sicuri.

“Nel sangue dei nostri figli si sono accumulati più veleni che negli scarichi industriali” dice con la voce rotta dalla commozione Giovanna dal Lago, anche lei Mamma no Pfas.

Roberta Caldera viene invece da Brescia, altra zona Sin, contaminata da diossina, metalli pesanti e pcb nei terreni, in alcune zone le donne avevano livelli di diossina nel latte materno tra i più alti al mondo. Qui hanno imperversato gli impianti chimici come la Caffaro, l’inceneritore, le discariche, gli allevamenti intensivi, i fanghi tossici sparsi nei terreni come concimi, i biodigestori… senza parlare dello smog da traffico.

Roberta ricorda anche il nuovo mega depuratore del lago di Garda in progetto che rischia di inquinare il fiume Chiese e la vallata vicina, quando con minore spesa e impatto si potrebbe riqualificare l’esistente.

Francesca Marino di Piombino ricorda l’acciaieria che ha contaminato la sua città, rendendola zona Sin e ora il rigassificatore arrivato da un anno dentro al porto, ignorando l’opposizione della popolazione.

Così come la Linea Adriatica (gasdotto) che passerà da Sulmona a Minerbio, di cui parla Lorella, del movimento no Hub del Gas. 

“A cosa ci servono tutte queste infrastrutture per il gas se già quelle esistenti sono sovradimensionate e il consumo di gas cala?”

Appassionato e da brividi anche l’intervento di Anna Lo Mele, della Terra dei Fuochi di Acerra. La sua associazione Mamme di Miriam porta orgogliosamente il nome di una bimba, figlia di una attivista, sopravvissuta alla leucemia.

Le campagne della Terra dei Fuochi sono avvelenate dagli scarichi nocivi interrati da decenni dalla camorra e dagli industriali di tutta Italia, l’aria è inquinata dai fuochi appiccati alle discariche abusive, e legalmente anche dall’inceneritore dove ogni giorno 750 tonnellate di rifiuti vengono bruciate. Qualche lotta è stata vinta però, e l’inceneritore non è stato ampliato. Anche i beni dei Pellini, imprenditori condannati per traffico illecito dei rifiuti, che erano tornati ai loro proprietari per una lentezza della giustizia nel confermare la confisca, ora sono di nuovo sotto confisca. 

“Vogliamo che i beni sequestrati alla mafia siano usati per le bonifiche. Di bare bianche ne abbiamo viste troppe. Acerra ha già dato, ha già pagato e ha già pianto, ora basta”.

Neppure nella Valle del Sacco, a Colleferro, nonostante l’alto indice tumorale, potenzialmente correlato ai rifiuti tossici interrati, sono state mai fatte le bonifiche. 

“E mentre le bonifiche languono, e pare che non ci siano mai i soldi, con la guerra alle porte si ampliano le fabbriche di armi e si deturpano interi territori, nei poligoni militari, con le sempre più insistenti e impattanti esercitazioni militari”, ricordano le mamme sarde, una delle regioni più colonizzate dalle servitù militari. 

Nadia Piazza di No inceneritore Fusina, racconta invece il progetto dei nuovi inceneritori in progetto a Mestre e Marghera. Anche qui, su una zona Sin, anziché le bonifiche, si aumenta il carico di fonti inquinanti. 

Si parla della Basilicata, terra dove si estrae il 90% del petrolio “made in Italy”  ed in cui opera Eni, azienda di Stato,  chiamata più volte a processo con i suoi dirigenti, già condannata in primo grado per traffico illecito di rifiuti.

“É inaccettabile lo sfruttamento brutale di risorse e beni comuni che ha come conseguenza malattie e morte” denunciano le madri.

Poi è la volta delle mamme di Venafro, nel Molise. Vivono nella valle del Volturno dove l’aria stagna. Gianna Scarabeo racconta che in questo territorio continuano ad operare un inceneritore e un cementificio, con pochi controlli e studi epidemiologici. Molte aree sono abbandonate dalla sanità pubblica, e curarsi qui è ancora più difficile.

La piana di Firenze, zona naturale e già alluvionata, rischia invece di essere ricoperta dal cemento a causa della nuova pista aeroportuale in progetto. Milena Prestia, del Comitato no inceneritore no aeroporto, ricorda anche la lotta degli operai ex Gkn, che da hanno da poco terminato uno sciopero della fame, e sono tra i pochi movimenti operai che hanno perseguito da sempre la convergenza tra lavoro, salute e ambiente.

Ina Camilli di Colleferro ricorda : “Dal 1 gennaio 2025 il governo emanerà decreti per la riperimetrazione dei Sin. Questo vuol dire che i Sin saranno per decreto più piccoli e Saranno restituiti i territori già feriti a nuovi impianti inquinanti, senza bonificare niente”.

La gestione dei rifiuti, soprattutto nelle regioni meridionali, viene affrontata secondo le associazioni “come una perenne emergenza senza una reale programmazione volta ad ottenere una raccolta differenziata spinta che raggiunga le percentuali imposte dalla normativa europea. Inoltre nei Piani regionali viene ancora contemplato l’incenerimento, prevedendo l’installazione di nuovi impianti, come l’inceneritore romano di Gualtieri e quelli di Marghera. Questo nonostante la Comunità Europea nel Green New Deal non ne preveda più l’utilizzo in quanto le emissioni prodotte da questi impianti sono ritenute nocive per l’ambiente e dannose per la salute umana”.

Si passa infine alle richieste.

Le madri chiedono bonifiche rapide dei territori, a spese di chi inquina; divieto di utilizzo di fanghi industriali come fertilizzanti sui terreni agricoli; prevenzione sanitaria, controlli e monitoraggi ambientali; studi epidemiologici ed esami sanitari sulle popolazioni esposte; abbandono delle energie fossili, quindi stop immediato ai finanziamenti pubblici ai mega impianti, puntando invece sulla vera transizione ecologica integrale e quindi  sull’energia solare democratica con le Comunità Solari Locali e Comunità Energetiche Rinnovabili; adozione di misure concrete per la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico in atto; e infine la richiesta più impellente per tante popolazioni inquinate, non solo in Veneto: il divieto di produzione e utilizzi dei Pfas.

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