Da almeno trent’anni i partiti lo alimentano perché così governano con pochi voti da comprare e coltivare. Infatti tutti cantano vittoria. Ma guardiamo i risultati reali, cioè, rispetto agli aventi diritto al voto_
Per questa tornata elettorale delle europee il totale degli elettori aventi diritto al voto erano 51.214.348 ma i votanti sono stati meno del 50% cioè 25.549.318.
Il partito della duce Meloni (FdI) ha ottenuto il 13% degli aventi diritto al voto (e 9,7 % in più del 3,3 che aveva avuto nel 2019); Forza Italia ha avuto il 4,4% -sempre degli aventi diritto al voto, (quindi meno 0,2 rispetto al 4,6 del 2019); la Lega ha avuto 4,1% e quindi 14,2% meno del 18,3 del 2019). Tutte insieme queste destre hanno avuto 21,5 -sempre degli aventi diritto al voto, quindi meno del 27% che hanno avuto nelle ultime politiche del 2023.
Il PD ha avuto l’11% (meno 0,9 rispetto all’11,9 del 2019); il M5S ha ottenuto il 4,5% cioè 4,4 meno dell’8,9 avuto nel 2019 e l’AVS ha ottenuto il 3,1 dato non comparabile perché nel 2019 non esisteva). Quindi il totale dei partiti dell’opposizione è 18,6 %.
Nel Nord-Ovest s’è avuto il 55,52% dei votanti, nel Nord-Est il 53,68, nel Centro italia il 54,88 mentre nel Meridione il 43% e nelle isole solo il 36%. I soliti nordisti razzisti diranno che il popolo del sud non vota perché è ignorante e corrotto … (la famosa teoria del familismo amorale di Banfield o quella dell’ambiguità italiana di La Palombara). Con queste teorie si nasconde la marginalizzazione storica del Sud (Pizzorno) che è stato relegato a essere bacino di consenso di chi sta al potere, cioè del migliore offerente nel mercato del cosiddetto “voto di scambio”. Invece quando il popolo meridionale ha lottato ha ricevuto solo il piombo della mafia o delle polizie (si pensi alle decine di morti ammazzati nel dopoguerra sino poi ad Avola e Battipaglia. E come ebbe a dire De Gasperi: “Imparate una lingua e andate all’estero”.
Se oggi si vota meno è appunto perché i partiti hanno alimentato l’astensionismo per aver meno clientele da coltivare o comprare e quindi la possibilità di governare con una quantità di voti relativamente ridotta.
Purtroppo, non c’è -almeno per ora- una proposta politica capace di trasformare quantomeno una gran parte dell’astensionismo in rivolta contro un potere che con la controrivoluzione liberista globalizzata iniziata negli anni ’70 non fa che aggravare le condizioni di lavoro e di vita della maggioranza dei lavoratori e della popolazione quasi sempre priva di protezioni.
L’astensionismo tocca soprattutto l’elettorato che ha tutte le ragioni per essere contro il governo in carica ma da decenni non trova più partiti affidabili. L’ex-sinistra (PD) ha per anni disgustato la maggioranza dell’elettorato che la votava e ha spianato la strada all’accozzaglia delle destre oggi capeggiata dalla sig.ra Meloni e dai suoi parenti, camerati e serventi.
Ora il PD pretende riconquistare credibilità, ma non si oppone all’aumento delle spese militari e dello schieramento servile ai piedi degli Stati Uniti e anche di Israele, né ai meccanismi economici e salariali che hanno ridotto l’Italia a paese con i più bassi salari e soprattutto senza protezioni dei lavoratori alla mercé di incidenti mortali e malattie da contaminazioni tossiche a causa dello smaltimento degli operatori dell’Ispettorato del lavoro, delle Asl, dell’INAIL etc.
L’unica prospettiva utile è quella di trasformare l’astensionismo in rivolta per la giustizia sociale, contro la lobby militare e per la pace, per la tutela effettiva dei diritti fondamentali di tutti: immigrati e italiani.