“Finché siamo in tempo”. Si conclude con queste preoccupate parole l’appello finora sottoscritto da 180 costituzionalisti che “hanno deciso non di prendere una posizione autonoma ma di mettersi al fianco di Liliana Segre”, che lo scorso 14 maggio nell’aula del Senato ha criticato il progetto del Premierato presentato dal Governo.
“Tutti i timori esposti nell’accorato intervento della Senatrice Segre sono fondati”, chiariscono i costituzionalisti. Gli aspetti negativi della proposta di revisione costituzionale proposta dal governo di centrodestra sono sinteticamente indicati: “La creazione di un sistema ibrido, né parlamentare né presidenziale, mai sperimentato nelle altre democrazie, introdurrebbe contraddizioni insanabili nella nostra Costituzione. Una minoranza anche limitata, attraverso un premio, potrebbe assumere il controllo di tutte le nostre istituzioni, senza più contrappesi e controlli. Il Parlamento correrebbe il pericolo di non rappresentare più il Paese e di diventare una mera struttura di servizio del governo, distruggendo così la separazione dei poteri. Il Presidente della Repubblica sarebbe ridotto ad un ruolo notarile e rischierebbe di perdere la funzione di arbitro e garante”.
La proposta del Premierato non può essere solamente valutata in relazione all’elezione diretta del Presidente del consiglio dei ministri, ma occorre considerare tutte le conseguenze di questa modifica sull’equilibrio dei poteri. Da decenni viene evidenziata l’anomalia del preponderante ruolo legislativo del Governo a scapito del Parlamento. Pertanto appare paradossale che attraverso il Premierato si cerchi di aumentare ulteriormente il potere dell’esecutivo rispetto a quello legislativo.
Ancor più incomprensibile la volontà di limitare le prerogative del Presidente della Repubblica, arbitro tra i poteri, che attualmente gode del maggior consenso popolare tra tutte le cariche politiche. È sicuramente contraddittorio appellarsi al potere diretto degli elettori per la scelta di un Premier e contemporaneamente legare le mani al Capo dello Stato che oggi rappresenta più di tutti il popolo italiano.
I costituzionalisti ci ricordano che “la nostra Costituzione è un testo che va maneggiato con cura ed è naturale che quest’attenzione debba essere massima da parte di tutti i cittadini nel momento in cui il disegno di cambiamento investa i suoi punti chiave”. Pertanto “anche noi – come la Senatrice Segre – non possiamo e non vogliamo tacere”. Di conseguenza “facciamo appello a tutte le forze politiche affinché prevalga l’interesse generale, si ascoltino gli allarmi che autorevolmente sono stati lanciati e si prevengano i pericoli. Finché siamo in tempo”.
Tra i forti richiami alla vigilanza nei confronti di proposte radicali di cambiamento della Costituzione, torna alla mente un discorso nel 1995 di Giuseppe Dossetti, il quale profeticamente segnalava che la “volontà popolare ha come normale espressione costituzionale la sua rappresentanza nelle assemblee parlamentari, che non sono solo lo sgabello o la cassa di risonanza del Presidente del Consiglio e del governo, così che possano essere licenziate quando non servono più”.
Dossetti ha denunciato anche il rischio che la sovranità popolare venga trasformata in un mito da utilizzare in pubblico “nei discorsi dei seduttori”. Con questo risultato: “Invece di una democrazia rappresentativa (parlamentare), con le sue procedure dialogiche e le inevitabili mediazioni di ragioni contrapposte a confronto, si avrebbe una democrazia populista, inevitabilmente influenzata da grandi campagne mediatiche, senza razionalità e appellantisi soprattutto a mozioni istintive e a impulsi emotivi, che trasformeranno i referendum in plebisciti e praticamente ridurranno il consenso del popolo sovrano a un mero applauso al sovrano del popolo”.