Ancora a colloquio con uno dei portavoce dell’intifada studentesca palermitana

Ci ritroviamo dopo che il movimento dell’acampada ne ha fatta di strada! Dopo 26 giorni di protesta e manifestazioni, l’Università di Palermo, in seguito a una seduta straordinaria del Senato Accademico, ha sospeso tutti gli accordi con Israele finché perdurerà il massacro palestinese e si è impegnata a sottoporre ad un tavolo di lavoro con gli studenti ogni decisione futura in merito.
Voi ritenete che questo debba essere solo un inizio, non è così?

Sicuramente questo è per noi un grande risultato e speriamo possa aiutare a rilanciare la mobilitazione nel resto d’Italia, ma nei fatti è soltanto il primo passo di una campagna di boicottaggio contro Israele e contro la guerra dentro l’università. Noi infatti pretendiamo dall’università che non venga dato alcuno spazio a tutte le aziende e in particolare a quelle impegnate nel settore bellico come Leonardo s.p.a che al momento la nostra università continua a difendere a spada tratta.

La vostra riflessione politica circa l’attuale situazione globale si è allargata? E in che direzione?

Discutendo di Palestina, colonialismo, militarizzazione e implicazioni abbiamo chiaro che l’Occidente tutto, per mezzo delle sue élites, è attraversato da suprematismo, spinte reazionarie e tendenza ad utilizzo di strumenti militari, ad acuire tensioni internazionali e a far avvicinare scenari di guerra. Un altro elemento assodato è che questo pianeta caratterizzato da società capitalistiche è pieno di squilibri e contraddizioni, e in tutto il mondo ci si sta schierando contro il genocidio in corso.

Sabato 1 giugno c’è stato a Roma un enorme corteo studentesco e l’indomani a La Sapienza un’affollatissima assemblea nazionale. Come costruite le relazioni con le altre Università italiane?
Oltre ai contatti on line in occasione degli incontri collettivi, avete avviato un coordinamento?

Anche noi abbiamo partecipato alla manifestazione e all’assemblea nazionale a Roma che si è svolta il weekend scorso. Al momento più che un vero e proprio coordinamento vi è una rete tra i vari collettivi universitari italiani, i giovani palestinesi e organizzazioni giovanili nazionali, nella quale ogni soggettività capisce come agire nel proprio contesto specifico, cercando sempre di utilizzare parole d’ordine nazionali e internazionali ma evitando eccessive rigidità che possono risultare controproducenti.

E infine, quali progetti per il futuro? Come intendete proseguire la lotta?

Come abbiamo detto tante volte in questi giorni, questo è soltanto un piccolo risultato. La nostra lotta non si fermerà perché dobbiamo fare in modo che ciò che si è ottenuto non resti una mera dichiarazione di intenti, ma anche per allargare il campo del boicottaggio contro tutte le aziende presenti dentro l’università neoliberale, e in particolare le fabbriche di morte come Leonardo s.p.a. La lotta contro l’entità coloniale e sionista di Israele per noi finirà solo quando questo cesserà finalmente di esistere e tutti i profughi potranno ritornare nella loro Palestina.