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Per la Costituzione la proprietà è un diritto, ma solo se assicura la funzione sociale del bene

Dal 2017 un Comune italiano applica un Regolamento «per l’acquisizione al patrimonio comunale, la riqualificazione e il riuso, anche attraverso la concessione a terzi, di beni in stato di abbandono nel proprio territorio». Da anni il Forum Italiano dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio sostiene « la necessità “politica” di approfondire i contenuti di un articolo importante della nostra Costituzione, ovvero il 42, e della sua corretta applicazione». Un passaggio fondamentale questo che vede il Forum pienamente allineato alle tesi proposte da Paolo Maddalena (Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale) tanto da averle richiamate anche nell’articolato della Proposta di Legge “Norme per l’arresto del consumo di suolo e per il riuso dei suoli urbanizzati”. Si tratta di un disegno di legge riproposto alla Camera dei deputati, dopo averlo presentato al Senato della Repubblica la scorsa legislatura

Maddalena ha minuziosamente ricostruito la genesi della proprietà che vede le sue radici nella proprietà collettiva, la quale precede storicamente la proprietà individuale e ancora oggi mantiene la sua prevalenza logica e giuridica su quest’ultima. La proprietà fondiaria individuale deve, quindi, essere concepita come «una cessione del territorio all’utilizzazione dei singoli: la sovranità non si risolve in puro potere normativo e lo Stato assume in proprio dominio il territorio, sia per utilizzarlo personalmente e sia per poterlo concedere all’utilizzazione dei propri cittadini». L’iniziativa economica privata, secondo la Costituzione, è libera ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana; l’articolo 42 della Costituzione infatti recita che “la legge riconosce e garantisce la proprietà privata… allo scopo di assicurarne la funzione sociale e l’accessibilità a tutti”. E’ evidente come non ci si riferisca all’accessibilità alla “grande proprietà“, inconcepibile se si pensa alla concreta impossibilità di poterla garantire a tutti. In Italia, secondo i dati Istat, quasi un terzo delle abitazioni esistenti sono vuote, sfitte, inutilizzate: un patrimonio di oltre 10 milioni di abitazioni a cui si sommano capannoni produttivi/commerciali a formare uno stock enorme di edifici “passivi”: qual è la loro funzione sociale? E poiché questa rilevante parte edificata non assolve a un “ruolo” sociale, ci ritroviamo sistematicamente con Piani Regolatori o Piani di Gestione del Territorio che prevedono abbondanti possibilità di nuove costruzioni e, ovviamente, di ulteriori danni alle collettività causati dal conseguente consumo di suolo. Nonostante un andamento demografico in costante calo. Non si tratta, quindi, di un tema secondario e se si osserva la situazione di un qualunque Comune italiano si nota con grande immediatezza che il patrimonio edilizio esistente e non utilizzato corrisponde alle previsioni edificatorie dei Piani urbanistici. Banalmente significa che ciò che si ritiene occorra ancora costruire, nella realtà già è (sarebbe…) disponibile. E in molti casi, questo patrimonio inutilizzato risulta anche degradato, una “macchia” particolarmente stonata all’interno di un territorio.

 leggi intervento per esteso di Alessandro Martorino su Salviamoilpaesaggio

 

Stati Uniti: il reddito di base sperimentato nel New Mexico. Alcuni risultati del progetto pilota

Il programma ha riguardato famiglie con status misto in 13 contee in tutto lo stato. Le persone hanno usano i soldi per nutrirsi e per mantenersi un tetto sulla testa. Il reddito di base è stato usato molto saggiamente per mettersi in una posizione migliore economicamente in futuro. Il successo è stato tale che – come hanno osservato i ricercatori – ha “dato slancio per la realizzazione di futuri programmi di welfare nella regione”

Il progetto pilota sul reddito di base del New Mexico si propone di colmare una enorme lacuna nella rete di protezione sociale americana: molti immigrati infatti non possono accedere ad alcuni sostegno ed aiuto. Gli aiuti dell’era pandemica sono stati in gran parte limitati ai cittadini statunitensi, lasciando moltissime famiglie di immigrati, spesso prive di documenti, o le famiglie con status di cittadinanza mista, in grave difficoltà economica e spesso senza alcun accesso all’assistenza per l’affitto o agli assegni di disoccupazione. Con la crescente difficoltà economica che numerose famiglie stanno incontrando negli Stati Uniti, i leader del New Mexico hanno deciso di provare una strategia diversa: sperimentare una nuova idea, il  reddito di base incondizionato. “Le famiglie di immigrati con status misto non sempre godono degli stessi benefici pubblici di cui godono altre famiglie a causa del loro status giuridico”, ha detto a Business Insider Marcela Díaz, direttrice esecutiva dell’organizzazione per la giustizia economica “Somos Un Pueblo Unido”.  Che cosa significa per loro avere 500 dollari in più al mese? In che modo ciò influisce sulla sicurezza alimentare, sulla loro salute, sul loro benessere e sui risultati scolastici? È  cosi che 330 famiglie con status di immigrazione mista hanno partecipato al progetto pilota di un reddito di base, ed  hanno ricevuto 500 dollari al mese, senza alcuna condizione, per un anno intero. Altre cinquanta famiglie sono state selezionate a caso ed hanno avuto la proroga dei pagamenti per altri sei mesi. Il New Mexico Economic Relief Working Group – una coalizione di organizzazioni comunitarie e no-profit, tra cui “Somos Un Pueblo Unido”, New Mexico Voices for Children e UpTogether – ha promosso e gestito il progetto pilota e i finanziamenti che provenivano da donatori privati ​​e filantropi. Il progetto pilota si unisce agli oltre 100 progetti sul reddito di base promossi in numerose città degli Stati Uniti dal 2019. A differenza dei servizi sociali tradizionali, i progetti pilota consentono alle famiglie di scegliere come spendere i soldi. I partecipanti hanno detto di aver utilizzato il denaro per lo più per poter pagare l’affitto, fare la spesa, saldare i debiti e sostenere le loro famiglie. Il programma del New Mexico è tra i primi programmi di reddito di base ad operare a livello statale e a servire specificamente le famiglie di immigrati. Il successo del progetto pilota ha anche dato slancio per la realizzazione di futuri programmi di welfare nella regione. A febbraio, alla Camera del New Mexico, è stato approvato un nuovo programma pilota finanziato direttamente dallo Stato per le persone iscritte a programmi di formazione e inserimento al lavoro. Il progetto da 1 milione di dollari, richiede l’approvazione del Senato dello stato, ed aiuterebbe i partecipanti in particolare a coprire spese per l’alloggio, il cibo e i trasporti per tre anni.

approfondimenti su .bin-italia.org

 

Un apparato normativo contro i conflitti sociali. Nota dell’USB-Unione Sindacale di Base sulla nuova stretta repressiva 

Il governo Meloni si appresta ad approvare un disegno di legge che prevede una serie di aumenti di pena e di nuove fattispecie di reato finalizzati a combattere i conflitti sociali e destinati a svolgere una funzione di deterrenza contro chi volesse dar vita a manifestazioni di protesta

Arriva in approvazione ai due rami del Parlamento un disegno di legge molto pericoloso, da stato di polizia. Il DDl reca il titolo “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario” ed è stato presentato da ben tre ministri del governo Meloni,  Piantedosi (interno), Nordio (giustizia) e Crosetto (difesa) a gennaio di quest’anno. Nei prossimi giorni approda in aula per la sua approvazione. Si tratta di una serie di aumenti di pena e di nuove fattispecie di reato finalizzati a combattere i conflitti sociali e destinati a svolgere una funzione di deterrenza contro chi volesse dar vita a manifestazioni di protesta. Sotto attacco in particolare le occupazioni di stabili e l’ostruzione delle strade o delle ferrovie o finanche delle sterrate, o l’imbrattamento di muri, reati per cui vengono previsti anni di galera al posto delle vigenti sanzioni amministrative. Ovviamente, come da sempre, questi stessi reati se commessi in gruppo subiscono sostanziosi aggravamenti di pena. L’articolato prevede poi diverse altre misure che mirano a colpire le proteste in carcere o nei centri di accoglienza per migranti, tutelare le forze dell’ordine, sanzionando pesantemente anche il reato di lesioni lievi o lievissime nei loro confronti o le semplici minacce verbali, ed esentarle dal porto d’armi nella detenzione e nell’impiego di armi diverse da quelle di ordinanza. Un insieme di restrizioni che devono servire a rendere sempre più effimera e innocua la protesta, a depotenziare i conflitti e a mettere le forze dell’ordine nelle condizioni di procedere all’arresto anche di fronte a conflitti di bassissima intensità. C’è in queste misure la logica di trasformare i problemi sociali in questioni di ordine pubblico. Che il sovraffollamento carcerario o le condizioni di vita, spesso sotto il livello minimo di dignità nei centri di detenzione per migranti o negli stessi centri di accoglienza, preluda ad inevitabili proteste, spinge il governo a prevenire i conflitti. Che la fortissima carenza di alloggi popolari porti la gente a cercare soluzioni di emergenza anche ricorrendo all’occupazione di immobili inutilizzati viene visto con preoccupazione e si crea un fuoco di sbarramento repressivo che scoraggi il conflitto. Fino ad arrivare a prevedere il carcere anche semplicemente per chi fa resistenza passiva o per chi occupa una strada, per colpire le proteste dei nuovi movimenti ecologisti e di chi si batte contro grandi opere nocive per la salute e per l’ambiente.Il governo interpreta le ultime elezioni come un successo della sua politica. Non vede che un elettore su due non è andato a votare. Trascura di aver perso più di un milione di voti dalle ultime elezioni del settembre 2022, se si sommano i 660 mila voti in meno di Fratelli d’Italia con i 400 mila in meno della Lega. Ma si sa che i prossimi tempi saranno segnati da nuove restrizioni economiche e che i problemi sociali sono destinati ad acutizzarsi. Per questo mette le mani avanti e riduce i nostri spazi di libertà.

nota USB su OsservatorioRepressione

 

Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile. II Report-UNICEF

Presentato il II ° Report statistico “Lavoro minorile in Italia: rischi, infortuni e sicurezza sui luoghi di lavoro”.  L’ autorevole organizzazione internazionale certifica che sono 78.530 i lavoratori minorenni tra i 15-17 anni, ovvero il 4,5% della popolazione totale della fascia d’età considerata, in netta crescita nel 2023 rispetto agli anni pregressi (69.601 del 2022 e 51.845 del 2021): «la posizione di “dipendente” raccoglie gran parte dei lavoratori, seguita da “operai agricoli” e “voucher”. Se invece osserviamo la fascia di età entro i 19 anni nel 2022 i lavoratori erano 376.814, rispetto ai 310.400 nel 2021. Il dato che emerge dall’anno 2023 conduce ad una riflessione: l’aumento dei lavoratori minorenni è evidente non solo rispetto alla fase pandemica, ma anche in confronto all’anno 2019».

Il Report aggiunge un nuovo dato relativo al reddito minorile. Il reddito medio settimanale stimato per i lavoratori di sesso maschile oscilla da 297€ nel 2018 a 320€ nel 2022 mentre nelle donne passa da 235€ nel 2018 al 259€ nel 2022. Viene confermata una retribuzione costantemente più alta per il genere maschile. Nel periodo compreso tra il 2018 e il 2022 le denunce di infortunio presentate all’Inail a livello nazionale, relative ai lavoratori entro i 19 anni di età, ammontano a 338.323 di cui: 211.241 per i minori di età fino a 14 anni e 127.082 nella fascia 15-19 anni. Le denunce di infortunio mortale sono state in totale 83 nel periodo tra il 2018 e il 2022 (9 denunce nella fascia di età <14; 74 denunce nella fascia 15-19 anni). Il rapporto esamina i dati sul lavoro minorile e gli infortuni da lavoro in Italia nel quinquennio 2018-2022, distribuiti per età, regione e genere ed è stato realizzato sulla base di dati elaborati a partire da report e database presenti su portali nazionali dell’INAIL, dell’INPS e dell’ISTAT.

dalla nota di commento Unicef.it

 

Ancora sull’autonomia differenziata… e gli effetti devastanti sul sistema di istruzione pubblica nel mezzogiorno

“Se le richieste delle Regioni più ricche di vedersi riconosciuta la maggiore autonomia ai sensi dell’art. 116 Cost. andassero in porto,le diseguaglianze territoriali e sociali messe in evidenza nei decenni precedenti verrebbero ulteriormente ampliate, tracciando anche in un ambito fondamentale come questo un solco definitivo tra la situazione reale del Paese e il modello solidale dettato dalla nostra Costituzione”

Posto che il sistema di istruzione pubblica è composto da 8.447 istituzioni scolastiche autonome, 7.154.000 studenti e oltre un milione di lavoratori e lavoratrici, bisogna pure considerare che nell’anno scolastico 2020-2021 gli alunni della scuola primaria senza servizio mensa in Italia ammontavano al 57.94%, con una distribuzione del 46.53% nel Centro-Nord e 78.82% nel Sud. Inoltre, solo il 18% degli alunni del Mezzogiorno accede al tempo pieno, rispetto al 48% del Centro-Nord, e dunque gli allievi della scuola primaria nel Mezzogiorno frequentano mediamente 4 ore di scuola in meno a settimana rispetto a quelli del Centro-Nord, per cui alla fine del ciclo della primaria, un bambino del Nord avrà passato a scuola 1.226 ore in più di uno del Sud, cioè circa un anno di formazione aggiuntiva offerta all’uno e negata all’altro. E ancora, rispolverando il rapporto Svimez, si scopre che circa 550 mila allievi delle scuole primarie del Mezzogiorno (66% del totale) non frequentano scuole dotate di una palestra, nel Settentrione sono il 54%. Siffatto divario rimane pure per la secondaria, dove il 57% degli alunni meridionali non ha accesso a una palestra. Da qui pure il tasso abnorme di abbandoni tra Meridione, 16.6%, rispetto al settentrione, 10.4%.

leggi integralmente  l’articolo di Pasquale Almirante “Ancora sul’autonomia differenziata, dopo la rissa di ieri a Montecitorio” su Tecnica della Scuola

 

Rapporto Eurispes 2024: in Italia oltre la metà dei cittadini ha ancora difficoltà ad arrivare a fine mese

«La maggior parte degli italiani (55,5%) ritiene che la situazione economica del Paese abbia subìto un peggioramento nel corso dell’ultimo anno»

A pesare maggiormente sulle tasche degli italiani – secondo Federconsumatori – “sono i costi fissi come bollette, affitto e rate del mutuo, che costringono alcune famiglie a chiede un sostegno economico ad amici, colleghi e altri parenti (17,2%), o a richiedere un prestito in banca (16%). C´è anche chi, per non dover fornire garanzie, ha chiesto soldi in prestito a privati (non amici o parenti) con tutti i rischi che tale procedura può comportare. Il 33,6% delle famiglie italiane ha deciso di risparmiare pagando alcuni servizi, risultati necessari per il bisogno familiare, in nero, come per esempio le ripetizioni delle materie scolastiche e la baby sitter”. Inoltre vengono precisate da Federconsumatori che “Alcune situazioni economiche hanno portato gli italiani anche ad eliminare radicalmente alcune voci di spesa come le cure o gli interventi dentistici o i controlli medici. Infatti – continua l’associazione -, le spese mediche sono una delle prime cose alle quali gli italiani rinunciano in caso di difficoltà economiche, facendo così a meno di visite specialistiche per disturbi o patologie specifiche, a terapie/interventi medici e all´acquisto di medicinali”. In estrema sintesi – dai dati Eurispes – emerge, da una comparazione dei risultati con le precedenti rilevazioni dello scorso anno, un quadro in lieve miglioramento di alcuni indicatori della situazione economica delle famiglie italiane. Tuttavia non si può non sottolineare che parte della popolazione ancora “si trova a dover affrontare situazioni difficili come quella di non riuscire ad arrivare a fine mese senza grandi difficoltà (57,4%). Anche le bollette (33,1%), l’affitto (45,5%) e le rate del mutuo (32,1%) sono un problema per molte famiglie. D’altronde, i prezzi dei beni di consumo sono in aumento secondo il giudizio dell’83% degli italiani e questo andamento costringe a trovare degli escamotage per far quadrare i conti. Si chiede aiuto soprattutto alla famiglia d’origine (32,1%) e si usa molto l’acquisto a rate (42,7%), si pagano in nero alcuni servizi come ripetizioni, baby sitter, ecc. (33,6%) e quasi 3 italiani su 10 rinunciano a cure/interventi dentistici o controlli medici”.

consulta Rapporto Eurispes

 

I 20 passi di NINA (Né Intelligente Né Artificiale). Si chiude il primo ciclo di incontri con “La guerra e l’AI: il paradigma della Palestina” 

Con l’ultimo appuntamento del 18 giugno si chiude il primo ciclo di N.I.N.A. L’incontro “La guerra e l’AI: il paradigma della Palestina” avrà luogo all’ex chiesetta del Parco Trotter, via Mosso 7, alle 18,00. I relatori saranno Raja Ibnou (Gaza Freestyle), Maurizio Bongioanni (giornalista), Lavinia Parsi (dottoranda di ricerca in diritto penale internazionale presso l’Università degli Studi Milano e la Humboldt -Univesität di Berlino). Modera e introduce Simone Renza, membro del collettivo N.i.n.a. AL termine dell’incontro ci sarà una “sbicchierata” alla Libreria Anarres (che ha collaborato per realizzare l’iniziativa), in via Pietro Crespi 11, a favore di SOS GAZA.

N.i.n.a. acronimo di “Né intelligente né artificiale”, dal titolo del libro di Kate Crawford, è un gruppo nato a Milano a gennaio 2024 con lo scopo di indagare quale sarà l’impatto dell’intelligenza artificiale su alcune aree tematiche come i mondi del lavoro, la sostenibilità ambientale, discriminazioni e disuguaglianze vecchie e nuove, la circolazione delle informazioni. E, naturalmente, quali nuove istanze politiche si possono agire in questo contesto. Il gruppo ha una composizione variegata: ci sono studiose e studiosi delle culture digitali e dei media, ci sono persone che provengono dall’ambito accademico, ci sono lavoratrici e lavoratori di settori del lavoro immateriale, figure che in prima persona sono toccate da questa accelerazione dell’automazione. I 20 passi di N.I.N.A. sono da intendersi come una sintesi di un percorso di avvicinamento e comprensione all’AI, percorso che vuole essere critico e non catastrofista, informato, attento e non ingenuamente ottimista, aperto al sapere che si produce nella relazione tra persone e posizionamenti diversi. Comprendere le trasformazioni in atto per alimentare il dibattito pubblico su questi temi. 

 per info vai su Effimera

 

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